Dei fatti di Colonia

Non si deve girar la testa, non si può ragionare senza complessità

di Angelo Miotto e Christian Elia

I fatti di Colonia e dintorni impazzano sui media, con una rapidità connessa all’enormità del fatto, che finisce per prendere il sopravvento sul fatto stesso. Come se la violenza fosse, in qualche modo, latente. Nei vili esecutori, nei commentatori.

Il quadro che emerge dai primi risultati dell’inchiesta della magistratura e della polizia tedesche è che rispetto ai fatti della notte tra il 31 dicembre 2015 e il 1 gennaio 2016 sono stati eseguiti finora trentuno arresti. Tutti uomini, indiziati di 32 atti criminali documentati dalla polizia federale, che vanno dal furto alle lesioni personali. Tre capi d’accusa riguardano aggressioni sessuali. I 31 sospetti sono stati interrogati: nove sono di origine algerina, otto provenivano dal Marocco, cinque dall’Iran e quattro dalla Siria. Tra loro anche due cittadini tedeschi, un iracheno, un serbo e un cittadino degli Stati Uniti. Diciotto dei fermati sono richiedenti asilo.

Questo è un primo, importante, elemento di complessità. Un gruppo di uomini ha aggredito decine di donne. Un fatto grave, spregevole. Ci sono dei sospettati, che hanno nome e cognome, una loro storia e le loro responsabilità. Le indagini andranno avanti e ciascuno risponderà di quel che ha fatto. Sia meccanico o giornalista, richiedente asilo o idraulico. Ne risponderà personalmente, non per categorie.

Il tema più duro e doloroso è quello della violenza subita da quelle donne. Inaccettabile, che ci chiama tutti in causa rispetto a società dove tante, troppe sono le vittime, e non solo la notte di Capodanno, e non solo in Germania. Paese dove, al di là dei fatti di Colonia, si sono registrati quindici stupri la notte del 31 dicembre.

Come scrive Assunta Sarlo, caporedattrice di CultWeek e vecchia amica e collega: “Il corpo delle donne è sempre al centro della contesa, ne è territorio tristemente privilegiato a tutte le latitudini. C’è un gigantesco tema di autorizzazione maschile: posso in quanto uomo, subisci in quanto donna. E’ la radice della violenza maschile contro le donne nello spazio privato quanto nello spazio pubblico. Non bisogna farsi oscurare lo sguardo dalla paura. Di essere strumentalizzate o di portare l’acqua al mulino dei tanti razzismi, ma bisogna informarsi e analizzare apertamente. E dire che la civiltà delle relazioni tra i sessi è un tema pubblico che richiede politiche, azioni, educazione anche (ma non solo) nei confronti di coloro che arrivano e tra i quali ci sono uomini che hanno codici culturali arcaici e sono, nei contesti da cui provengono, detentori di un privilegio patriarcale con il quale bisogna fare i conti. Detto tutto questo, per favore, basta con l’indignazione a comando, con l’obbligo del commento: pare sia questo il problema, mentre Colonia ci racconta ancora una volta e drammaticamente quanto la libertà delle donne vada costantemente difesa e ricontrattata. E il silenzio non vuol dire necessariamente sempre coda di paglia, omertà, complicità: un po’ più di complessità nelle reazioni non guasterebbe”.

Complessità, questa sconosciuta. Ed è proprio questo il passaggio che sempre di più riguarda il salto di qualità di un dibattito pubblico ormai ferito – quasi a morte – da semplificazioni e generalizzazioni inaccettabili. In fondo, proprio nel giorno della discussione al Parlamento italiano rispetto a quell’abominio chiamato reato di clandestinità, quanti saranno quelli pronti a saltare sui fatti di cronaca? Vengono i brividi solo a pensarci.

E quanti sono quelli che, anche per un solo momento, si sono illusi che esista una categoria umana dove sono tutti bravi cittadini rispettosi degli altri e delle leggi. Non esiste. Punto e basta. Arrivano in cerca di protezione dalla guerra disperati e stupidi, intelligenti e brillanti, timidi e aggressivi. Brave persone e persone che commettono reati.

Ciascuna di queste persone deve rispondere dei suoi comportamenti, le società che abitiamo devono rispondere dei fenomeni che le attraversano, e l’alcool non fa differenza. Ma in nessun modo qualsiasi episodio di cronaca, anche ributtante come quello di Colonia, deve portare a massificazioni disumanizzanti, a censimenti per gruppi, a punizioni collettive.

La protezione internazionale risale ai tempi di Dante Alighieri, codificata da norme globali, che devono essere rispettate. Punto e basta. Non è più tempo di stare sulla difensiva, quasi a giustificare l’idea di essere umani e civili. Chi sbaglia paga. Chi non sbaglia non paga. Oltre questo, c’è la notte più nera.