Milano come Pechino?

Riproduzione del disastro sanitario-ambientale per mancanza di risanamento e prevenzione

di Salvatore Palidda e Vittorio Sergi*

Chi si ricorda degli anni sessanta e settanta a Milano e dintorni sa che lo smog di allora non era meno di oggi. In inverno una fitta nebbia velenosa copriva la città, che aveva meno auto ma molte più industrie vicino alle zone residenziali che bruciavano di tutto per riscaldarsi.

Le grandi e medie industrie di allora sono state smantellate, le norme di regolazione delle emissioni inquinanti sono diventate assai dettagliate (almeno sulla carta), le auto hanno introdotto marmitte catalitiche e standard Euro (a parte la truffa Volkswagen e tutta la lobby auto).

Tuttavia, l’inquinamento si riproduce provocando una diffusione del cancro che è diventata la prima causa di morte (col contributo di tante altre fonti di contaminazione di sostanze tossiche). Secondo un recente studio pilota condotto dal progetto europeo SEFIRA coordinato dall’Università di Urbino in quattro città europee fra le quali Milano) le amministrazioni locali e regionali tendono in maniera preponderante a favorire come soluzioni gli incentivi economici all’acquisto di tecnologie meno inquinanti e concentrano la maggior parte delle loro energie sulla regolazione del traffico.

Nel frattempo, le attività industriali, l’agricoltura, la produzione energetica e la climatizzazione (riscaldamento o aria condizionata) continuano a pesare ancora di più sul superamento del livello lecito delle emissioni. I primi risultati di un questionario somministrato nel 2015 a 16.000 persone in sette paesi europei, di cui 2.300 in Italia mostrano una forte disponibilità (soprattutto delle donne) a modificare i propri comportamenti quotidiani, come l’uso dell’auto e il consumo di carne rossa degli allevamenti industriali, a forte incidenza sulla qualità dell’aria.

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Intanto, ogni giorno secondo i dati dell’Associazione Italiana Registi Tumori (http://www.registri-tumori.it/cms/) in Italia circa mille persone scoprono di essere affette di cancro. A livello mondiale ogni anno circa 8,2 milioni di persone muoiono di cancro. Secondo la Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro (IARC 2015), sulla base delle conoscenze attuali, quasi la metà dei casi di cancro registrati in tutto il mondo potrebbero essere evitati agendo sui fattori di rischio noti. Nel 2012 sono stati registrati 14 milioni di nuovi casi e si prevede un aumento di circa il 70 per cento nei prossimi due decenni (WHO, 2015; AIRC, 2014). Entro il 2030, 27 milioni nuovi casi e 17 milioni di morti. Il World Economic Forum stima che le cinque principali malattie non trasmissibili costeranno 47 miliardi di dollari nei prossimi 20 anni (Sutcliffe, 2012). Sebbene questi dati generano preoccupazione in parte dell’opinione pubblica, sono invece “grasso che cola” per le industrie farmaceutiche e l’industria sanitaria privata e ora anche per il crescente business della sicurezza ambientale privata (monitoraggio, pseudo-prevenzione etc.). Oggi, proprio in virtù della finanziarizzazione liberista, questi gruppi d’interesse sono sempre più legati con le lobby dell’auto, del petrolio e dell’industria agricola che contribuiscono in modo preponderante all’inquinamento (oltre che alla corruzione delle agenzie di controllo per coprire anche le frodi fiscali e in genere i reati dei colletti bianchi). Esiste dunque un universo di interessi che di fatto favorisce anche le attività e i comportamenti illeciti e notoriamente inquinanti. E’ il caso delle economie sommerse che si nutrono anche di neo-schiavitù di autoctoni e immigrati, generano reati ambientali e sono talvolta connesse anche con lo smaltimento criminale di rifiuti tossici. In altre parole, anziché banalizzare il problema inquinamento come un fenomeno fastidioso derivante dal clima impazzito sarebbe ora di parlare di crimine sanitario-ambientale.

Il summit COP 21 recentemente svoltosi a Parigi s’è concluso con un accordo apparentemente ricco di buone intenzioni tanto quanto –a parole- quelle di quasi tutte le autorità locali. Ma, la riproduzione del crimine chiamato ambientale (vedi http://350.org/climate-crimes-it/), ma palesemente contro l’umanità, molto probabilmente sarà ineluttabile poiché alcun concreto e affidabile programma di risanamento e prevenzione è previsto (vedi: http://www.ashgate.com/isbn/9781472472625). In realtà, il liberismo dominante è allergico a ogni laccio e lacciuolo, vuole solo l’aumento continuo dei profitti, la libertà di agire e come i fascisti e leghisti, se ne frega del futuro. Anche perché i ricchi possono permettersi di stare il meno possibile nei luoghi inquinati, possono andare anche una volta alla settimana nei paradisi ecologici (oltre che fiscali) ed eventualmente possono permettersi cure inaccessibili ai comuni mortali.

Eppure il risanamento e la prevenzione potrebbero essere possibili non solo limitando al massimo l’uso di automobili, non solo migliorando sempre più i filtri delle emissioni dei sistemi di climatizzazione o riscaldamento e non solo favorendo fonti energetiche effettivamente non-tossiche, e ancora non solo promuovendo una seria partecipazione consapevole della popolazione alla lotta per un governo del territorio equo, solidale e sostenibile. Sarebbe necessaria una vera e propria rivoluzione dell’assetto economico, dell’organizzazione della vita quotidiana e della produzione, una rivoluzione che liberi dalle ipoteche delle lobby e dall’imperativo della crescita economica oggi intesa sempre come crescita del profitto (comunque sempre più per l’infima minoranza che aumenta la propria ricchezza anche grazia alla crisi pagata dalla maggioranza grazie ai governi asserviti all’imperativo liberista).

Cosa proporranno i candidati a sindaco alle prossime elezioni delle città? I provvedimenti di limitazione del traffico o sistemi di monetizzazione della salute come Area C sono non solo insufficienti ma anche complici del crimine sanitario-ambientale. Decenni di ricerche mostrano che ogni catastrofe cosiddetta naturale produce conseguenze devastanti e sempre più morti a causa della mancanza di risanamento senza cui non si potrà mai implementare un’efficace prevenzione. L’avvento dell’era dell’antropocene porterà alle più inimmaginabili e certe devastazioni e stermini senza provvedimenti radicali di risanamento (http://www.nature.com/news/anthropocene-the-human-age-1.17085; http://www.alfabeta2.it/?s=palidda).

Ma per risanare occorre una forte mobilitazione della maggioranza della popolazione e una netta rottura con tutti gli attori responsabili del crimine sanitario-ambientale che dovrebbero pagare non solo per tutti i morti di cancro e per le cure di tutti i malati ma appunto per il risanamento che peraltro potrebbe creare milioni di posti di lavoro e un futuro equo, sostenibile e solidale.

* rispettivamente docente dell’Università di Genova ed editor del volume Governance of Security and Ignored Insecurities in Contemporary Europe, Ashgate, http://www.ashgate.com/isbn/9781472472625, ricercatore dell’Università di Urbino e responsabile del progetto europeo SEFIRA / Socio Economic Implications for Individual Responses to Air Pollution in EU+27 http://www.sefira-project.eu