Takoua, il velo e la Tunisia a fumetti

I fatti di Colonia e gli stereotipi: l’intercultura a fumetti

di Redazione

In Italia Takoua ben Mohamed è arrivata bambina, dalla Tunisia. Disegnava, all’epoca, per farsi capire dagli insegnanti, da tutto un mondo nuovo la cui lingua le era ignota. Più tardi, quando il suo italiano è diventato perfetto, ha deciso di disegnare per fare capire.

Il suo primo lavoro – un fumetto dal titolo Me and My Hijab – lo ha esposto a 13 anni. Da lì non si è più fermata: l’anno dopo ha fondato Fumetto Intercultura per intrecciare arte, giornalismo e attivismo sociale.

I suoi lavori parlano di convivenza tra diverse culture, terrorismo, questione femminile, rapporto tra musulmani e non musulmani, diritti umani, linguaggio e distorsioni mediatiche. Nelle sue tavole ci sono elaborazioni della sua vita quotidiana ed eventi storici contemporanei, dalla questione palestinese alla Primavera Araba.

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Dopo decine di mostre in Italia, il TEDxMatera e interventi al Quirinale e alla Camera, a breve Takoua ben Mohamed, 24 anni, sarà anche in libreria con la sua opera prima: una serie di reportage che partono dagli attentati degli anni Novanta per arrivare alla strage del Bardo, frutto di ricerche condotte insieme ad avvocati, professori universitari e giornalisti. Il suo è uno sguardo lucido e allenato, denso di spunti per leggere il cosiddetto caso Colonia.

Quali sono le riflessioni che ti ha suscitato? Pensi che i colpevoli pagheranno come persone singole o pagheranno le categorie cui appartengono?
Sono comportamenti inaccettabili, i criminali che hanno commesso questi reati devono pagare. È importante però andare anche oltre i fatti e riflettere, non leggere quello che è successo a Colonia come un conflitto di civiltà e generalizzare dicendo che tutti i migranti sono stupratori o che tutti i musulmani sono retrogradi e maschilisti. In questo caso non bisogna parlare di clash culturale ma di violenza sulle donne, una cosa che esiste in tutti i Paesi, senza distinzione e in diverse forme: dal femminicidio al delitto d’onore, dalla mancanza di libertà di scelta agli stupri e alle molestie sessuali.

Nella narrazione del caso Colonia si stanno usando spesso due categorie contrapposte che si possono riassumere in “le nostre donne” e la visione degradante della donna nel mondo arabo”. Cosa ne pensi?
Non mi garba per nulla l’idea che ci siano donne europee libere e donne musulmane che vivono in Paesi retrogradi e tradizionalisti: la donna subisce violenza ovunque, a prescindere da appartenenze culturali e religiose. Prima di tutto vorrei dire che mondo musulmano e mondo arabo non coincidono, sono diversi e solo in parte sovrapposti. E poi il mondo arabo è variegato, i Paesi arabi sono molto diversi tra loro, diversi dalla Tunisia, il mio Paese di origine. Io, ad esempio, sono cresciuta con l’idea che la donna non vada toccata e vada rispettata. In Tunisia la donna ha combattuto per conquistare diritti come quello allo studio o quello di voto.

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Come dicevo prima, però, a Colonia non c’è stato conflitto di civiltà, si tratta di violenza di singoli che devono pagare come individui.

Rimanendo in tema di donne e libertà: da piccola, all’indomani dell’11 settembre, sei stata “accusata” da un compagno di scuola di essere terrorista e talebana, oggi che reazioni suscita il velo che indossi?
In questo momento le persone mi vedono come una donna obbligata a portare il velo e sottomessa ad un uomo quando invece è una mia libera scelta, non sono sottomessa a nessuno e anzi, sono molto rispettata. (È proprio il velo con il suo fraintendimento il protagonista di molti suoi fumetti, tanto che le chiedono: lo usi perchè non ti lavi i capelli? Se non lo metti tuo padre ti lapida? Lo tieni anche mentre sei sotto la doccia?)

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Eppure rispetto al 2001 oggi c’e’ maggiore consapevolezza di cio’ che accade, sono in molti a conoscere l’Islam e il significato del velo oppure a rispettarlo anche senza questa conoscenza: l’apertura verso il mio Fumetto Intercultura ne e’ una prova che mi rende ottimista per il futuro.

Fumetto Intercultura fa riflettere e sorridere sugli stereotipi. Che ruolo ha l’ironia nell’avvicinare due culture?
L’ironia è importante per abbattere i muri, sempre utilizzata nei limiti del rispetto. Io la uso per raccontare i pregiudizi, il razzismo, l’islamofobia, i diritti umani, la libertà, la condizione femminile, tematiche a cui sono molto legata perchè le ho vissute o le vivo nella realtà di tutti i giorni.

La sua matita vuole disegnare una porta da cui farci vedere quel mondo, la sua realta’ di tutti i giorni. L’autobus romano diventa il luogo dove un ragazzino teme che stia per farsi esplodere quando tutte le sue energie sono concentrate su Candy Crush. L’attesa del treno si trasforma in un piccolo tribunale popolare sull’uso del velo in estate. E il taxi in Tunisia è la culla della diffidenza verso l’occidentalizzazione. Takoua ben Mohamed racconta tutto facendoci sorridere, e il fatto che sia quasi sempre su un mezzo di trasporto, in movimento, è lo specchio della sua vita: guarda, assorbe e prosegue dritta verso la sua meta.

Fumetto Taxi

TAXI