Napoli, palcoscenico e platea

Il cuore che batte per le strade, l’anima che si rilfette nei vicoli

di Tano Siracusa

A volte per entrare in una città è necessario che qualcuno fornisca la chiave. Napoli è come Delhi, è come in India, ha detto una volta qualcuno: la folla per strada, che vive per strada, l’orrore e la magnificenza, l’infame e il sublime che vi si mescolano.

Per un fotografo questa è una buona chiave per entrare a Napoli, anche se sono diversissime le culture legate allo sguardo, vissuto con noncuranza, a volte con indifferenza nella patria di Gandhi e con diffidenza, paura, sfida in quella dei clan.

Insomma è di sicuro più facile fare riprese a Delhi. E tuttavia, come nella metropoli indiana, la strada a Napoli è davvero palcoscenico e platea, dove da sempre alto e basso – sociale, morale, estetico – ruotano sulla stessa giostra, si scambiano le posizioni.

Il fotografo vorrebbe essere ubiquo mentre rimane impigliato fra l’eccitazione per ciò che vede e la sensazione che a due metri, alle sue spalle, ci sia ancora di meglio da vedere.
Un sabato sera Forcella, dunque, con una piccola videocamera in una mano e una piccola fotocamera al collo.

La videocamera è più discreta, la foto, diceva Cartier Bresson, è come una puntura di spillo.
C’è un uomo a Forcella che cura un grande spazio a pianoterra, dove è facile entrare. Dentro si vedono fotografie della vecchia Napoli, alcune magnifiche, e tanti libri.

Giovanni Durante è il padre di Annalisa, una bambina uccisa alcuni anni fa durante una sparatoria fra camorristi poche decine di metri più avanti. Racconta a tutti la sua storia e tutti a Napoli la conoscono.

Con l’aiuto delle varie amministrazioni comunali Giovanni Durante, fin dai tempi di Bassolino, ha fatto crescere questo spazio, un’oasi culturale aperta ai bambini e agli adulti. Dice che vuole organizzare dei corsi di danza, di teatro, che vorrebbe venissero anche i figli dei boss.

Fuori per strada, con il buio, il clamore della folla è cresciuto come un rombo, attraversato, innervato dal ritmo delle percussioni che una decina di musicisti, molti di colore, suonano in via Toledo.

Dai Quartieri Spagnoli, come da rivoli affluenti, scivola il magma della folla che sembra coagularsi pulsando nella grande via centrale. Sembra la pulsazione di un organismo vivente, frenetica, festosa, minacciosa, necessaria e antica.

Poi, tornando verso Forcella, il tumulto si dirada, si spegne, e su una terrazza, a poche decine di metri dal locale dove Giovanni Durante ricordava la figlia e dove sfida la camorra con i libri, la danza e il teatro, alcuni amici parlano della città a bassa voce, tanto ormai attorno c’è silenzio. Parlano dei giovani che se ne vanno, della speranza che si perde. Come quella di Giovanni Durante anche queste sono voci, singole voci.

Alla fine della giornata la videocamera ha registrato le immagini e il clamore della folla, che non è magma e neppure organismo vivente, ma aggregato sociale di individui, di singole storie, singole voci.
Scriveva Borges delle strade di Buenos Aires: ‘Sono per il solitario una promessa / perché migliaia di anime singole le popolano / uniche davanti a Dio e nel tempo / e senza dubbio preziose.’