Rouhani, tra Papa e petrolio

La prima visita ufficiale del presidente iraniano all’estero dopo le sanzioni in un paese strategico per Teheran

di Marcello Brecciaroli, progetto ItalianOffshore*

La visita italiana di Hassan Rouhani, il presidente iraniano, è iniziata con gli onori di stato di Mattarella e con un incontro col presidente del consiglio Renzi. Domani vedrà il Papa a suggellare un viaggio che, a leggere i comunicati stampa ufficiali, è servito a dialogare sul ruolo che l’Iran può assumere nel risolvere le ardue questioni mediorientali.

L’Iran ha bisogno di presentarsi alla comunità internazionale, dopo decenni di assenza, come un partner affidabile e l’Italia, anche grazie al ruolo del Papa, vuole presentarsi come il primo paese ad aprire la porta al nuovo attore sulla scena internazionale.

Effettivamente non si può non fare caso che la massima carica iraniana abbia scelto il nostro paese come prima uscita ufficiale dopo la fine del pluridecennale isolamento. La visita di Rohani è un evento storico. Per intenderci è come se Fidel Castro, subito dopo la fine dell’embargo a Cuba, si fosse precipitato tra le braccia di Renzi. Con la sola differenza che l’Iran è un attore estremamente più importante di Cuba sullo scacchiere globale.

Questa però è solo la lettura superficiale di questa visita e per chiarire il vero scopo del viaggio basta considerare chi sono gli accompagnatori di Rohani: il ministro del petrolio Bijan Namdar Zangeneh, quello dell’industria, Mohammad Reza Nematzadeh, e una delegazione di circa centoventi imprenditori iraniani.

Prima di vedere Il Papa è in programma un incontro con Confindustria, mentre subito dopo è probabile un faccia a faccia tra Rouhani e l’AD di ENI Claudio De Scalzi.

La cosa che preme di più al presidente Rohani è riattivare immediatamente la produzione di petrolio e gas del suo paese messa in ginocchio dall’ondata di sanzioni del 2012. Si è vero, l’embargo all’Iran durava da quattro decadi ma la comunità internazionale aveva lasciato libero il commercio del petrolio visto che rinunciare alle risorse minerarie iraniane non faceva comodo a nessuno.

Nel 2012 il presidente americano Obama decise che era inutile continuare a bloccare l’export di prodotti iraniani come frutta e noccioline se poi si continuava a riempire i forzieri persiani con i soldi del petrolio. Il blocco quindi arrivò come parte della punizione imposta all’Iran per indurlo a collaborare sul programma nucleare.

Nei cinquant’anni precedenti però l’ENI ha avuto tutto il tempo di stringere i rapporti con l’Iran arrivando a ottenere quote maggioritarie di estrazione su tutti i giacimenti più importanti del paese, compreso il famoso South Pars, il giacimento di gas più grande del mondo che si trova tra le acque iraniane e quelle del Qatar. ENI detiene il 60% di questa concessione e all’entrata in vigore dell’embargo aveva già sviluppato il giacimento in modo avanzato. Dal 2012 questo incredibile asset giaceva come carta straccia nell’archivio dell’ENI causando perdite per mancati introiti commerciali pari a 800 milioni di dollari.

Pur di continuare a mantenere il suo ruolo in Iran l’ENI aveva addirittura violato l’embargo sviluppando le sue infrastrutture in Iran. Questa attività destò preoccupazione nell’amministrazione Bush ed è ben registrata nei cables pubblicati da Wikileaks tra Washington e l’ex ambasciatore americano a Roma Spogli. Solo un richiamo formale del governo italiano indusse l’ENI a più miti consigli.

Ecco quindi spiegato il motivo della visita: l’ENI è più che un strategico per l’Iran e se è vero l’adagio per cui “il petrolio non è di chi ha il giacimento ma di chi ha la tecnologia per estrarlo” allora capiamo bene che, almeno nel settore petrolifero l’ENI ha in mano buona parte del destino dell’Iran.

Molti osservatori internazionali sono preoccupati dal fatto che la fine dell’embargo all’Iran renda disponibili a Teheran nuove risorse per finanziare Hezbollah in Libano, il presidente Assad in Siria e milizie sciite un po’ ovunque. Non sono argomentazioni infondate e quei soldi in più Rouhani li troverà grazie all’italiana ENI.

*Italian Offshore è un progetto di giornalismo indipendente sul mondo delle trivellazioni in mare, composto da Marcello Brecciaroli, Manuele Bonaccorsi, Salvatore Altiero. Il progetto ha vinto il primo premio nella categoria “Focus on Italy” del DIG Award 2015.