#9 – Della mattina

di Juri Bomparola

Ci sono ore che accompagnano sottobraccio la notte all’uscio.
Stanno là che guardano la buia amante andarsene, in attesa di un nuovo compagno.

L’alba è una porta che si apre affinché il giorno venga accolto da ore rinfrescate e mai bugiarde, perché lui sa che, prima e dopo la sua fugace apparizione, ci sarà la notte.
Sono un assiduo frequentatore di quelle ore, per necessità prima e per scelta poi.
Raramente mi presento sull’uscio, non amo disturbare il cambio della guardia.
Mi limito ad appostarmi dietro un albero per spiare l’alternarsi dei due amanti delle ore, per poi immaginare ciò che so per certo: presto o tardi il giorno si presenterà vestito di mattino.
Il ritmo circadiano mi si presenta severo, a volte chiude un occhio di fronte ai miei capricci di essere umano, ma prima o poi è solito presentarmi il conto.
Per evitare che la fattura sia troppo salata cerco quindi di rispettare i rigidi dettami di quel ciclo veglia-sonno posti alla base di una vita equilibrata.
È la Natura.
Il rincorrersi del giorno con la notte è un gioco che appare infinito, non abbiamo coscienza di quando è iniziato né di quando terminerà, se mai una fine avrà.
Noi poveri mortali, invece, con l’aiuto di calendari e orologi riusciamo a illuderci di misurare il tempo e agiamo di conseguenza.

Ogni giorno del calendario ha una notte e una mattina, sappiamo che abbiamo a disposizione ventiquattro ore per fare questo e quello e in mezzo a tutto cerchiamo anche di dormire.

Perfetto!
Sarebbe perfetto se ogni giorno fosse pieno dei medesimi impegni incastrabili tra loro come si fa coi mattoncini di Tetris.
Per un musico itinerante, però, i fatti sono diversi e gestire il ciclo biologico può diventare un vero dramma.
Dopo diverso tempo ho trovato l’equilibrio psico-fisico, alternando le abitudini del musicista a quelle del privato cittadino.
Il giochino fisiologico in questione è diventato una sorta di fusione ottimale tra Bruce Wayne e Batman: non più una dicotomia ma il semplice dualismo tra soggetti che si danno la mano per sbarcare il lunario.
Il mio Batman suona e canta di notte, parla di notte, guida di notte. Vive di notte.
Tra la domenica e il lunedì può capitare che Bruce Wayne abbia puntato la sveglia troppo presto, per l’eroe mascherato.
Così quel che resta del Cavaliere Oscuro col basso in mano non può che prendere atto degli impegni quotidiani del suo alter-ego e limitarsi a mugugnare mentre si alza dal letto.
Non sempre si riesce a dormire otto ore filate!
Le mattine del musicista sono varie e per questo, seppur a volte faticose, quasi mai vengono a noia.

C’è sempre qualcosa da fare quando non si sta sul palcoscenico.
Il musicista porta l’auto dal meccanico, quando è necessario. La vita corre così veloce che tagliandi e revisioni sono sempre dietro l’angolo, quando meno te l’aspetti.

Il musicista, anche se in avanzata età, può recarsi in università per seguire le lezioni utili per un esame particolarmente ostico.

Per evitare facili ironie specifico che non frequento l’università della terza età. Per quella manca poco, comunque.
Il musicista è l’addetto alla spesa perché è difficile trovare affollamenti e code alle casse nei supermercati, di lunedì mattina.
Si devono ottimizzare i tempi!
Il musicista ha il compito delicato di pagare le bollette e di recarsi alle Poste per fruire di ogni servizio messo a disposizione dall’ente preposto. In questo caso una reale motivazione non esiste, in quanto le code alle Poste ci sono sempre, ogni giorno e a qualsiasi ora. E sono interminabili.

Durante i giorni senza musica suonata il musico è prima di tutto un uomo come tutti gli altri.
Certamente dipende dallo status in cui si versa, perché se suoni il basso negli U2 probabilmente all’Ipercoop non ci vai tu.

Il problema che mi affligge di tanto in tanto è quello di non riuscire più a selezionare volontariamente uno stile di vita o l’altro.
Così accade che, indipendentemente da ciò che faccia durante il giorno, io non sia fisicamente in grado di addormentarmi prima delle tre o le quattro di mattina.
Ci ho provato più volte, giuro. Non ce la faccio.

 

#9 Poste

 

Di notte penso, lavoro, studio e scrivo.
“Scelta saggia” mi disse qualche tempo fa un amico dottore in medicina sportiva.
“Il sistema nervoso ha bisogno di riconoscere un ritmo biologico preciso per non collassare. Soprattutto per chi fa molto sport è importante!”.
Di sport ne faccio parecchio, ma non è questo il punto. La mia ormai non è più scelta ma condizionamento. Mi ci sono abituato, se non fosse che ci sono parecchi giorni in cui la vita comune ti aggredisce attraverso la maledetta sveglia che suona.
In quei momenti mi sveglio consapevole di non aver dormito per otto ore, come salute richiederebbe.
Ma nemmeno sette o sei. Così va se il cervello rimane attivo in notturna, anche se non stai suonando.
Allora mi capita di pensare alle mattine che mi hanno assalito compatibilmente con la vita da rockstar, senza il patema del giorno dopo o delle ore di sonno accumulate o perse.
A volte mi sono addormentato all’alba lontano da casa.
Altre volte la mattina mi ha accolto sulla porta, come fanno le ore piccole con lei stessa.

Nel corso di tutti questi anni mi è capitato in diverse occasioni di vedere l’alba in compagnia di tutta la band, di ritorno da qualche concerto.
Solo una volta, secondo la mia memoria, ho visto la mattina salutarmi mentre il sole spuntava dal mare per tuffarsi nel cielo, contro ogni logica gravitazionale.

Secondo deduzioni cosmologiche spicce i miei soci e io ci trovavamo sul Mare Adriatico.
Chissà da dove e per dove.
Ho aperto gli occhi dopo aver dormito un po’.
Prima che ne prendessi cognizione lucidamente, la schiena indolenzita mi ha suggerito che mi trovavo ancora sul mezzo della band.
Ho guardato quello spettacolo e ho salutato la mattina dal mio finestrino.
Ho sorriso e ho fissato i riflessi sull’acqua, perché la luce intensa non mi permetteva di guardare negli occhi il giorno che nasceva.

Quella è l’immagine più cara che conservo di una mattina vissuta da girovago della musica.
Non ricordo nulla del prima e del dopo, ora. Quell’istante non lo scorderò mai.
“Mi illumino d’immenso”.
Il pensiero sarà stato quello, più o meno.
Suona il telefono, qualche anno e poche ore più tardi.
Non è la sveglia, ma a certi orari e con pochi istanti di sonno in cascina è comunque destabilizzante.
Rispondo.

“Ciao Mà… Sono le dieci! Lo so che di solito sono sveglio a quest’ora, ma ieri ho suonato, sono tornato solo stamattina. Certo Mà, so che devo andare a pagare il bollo dell’auto. Oggi ci vado di pomeriggio, però. Sono una rockstar!”

 

Juri Bomparola Musicista professionista dal 2001, lavora nel mondo delle cover-band e si dedica all’osservazione della gente, perché di persone ne incontra parecchie. Gira l’Italia con un basso tra le mani; suona canta e rappa. Dal 2004 fa parte degli OxxxA, storica cover-band milanese che più di vent’anni or sono ha aperto la strada a chi sognava di fare della musica dal vivo in Italia una professione aperta a tutti.

La rubrica “Mamma sono una rockstar!” La mamma vorrebbe un figlio medico, imprenditore o ingegnere. A volte capita che la mamma non comprenda che un musicista cura se stesso e gli altri con la musica, è imprenditore della propria band ed è pure ingegnere del suono. Lo spieghiamo in questo spazio dedicato a piccoli e grandi musicisti e alle loro mamme. Un viaggio non solo on the road ma anche e soprattutto between the roadsIl musicista suona, ma tra un concerto e l’altro pensa e vive. Ispirato da Ungaretti un bassista racconta i suoi piccoli conflitti quotidiani.