Odontoiatria, ospedale Sacco: sfuggita al malaffare di Regione Lombardia

di Marta Clinco

Esiste una piccola realtà milanese sfuggita per tutti questi anni alle logiche infette del Sistema Sanitario lombardo. Anche l’ultimo scandalo su tangenti e appalti truccati a triplice firma Rizzi-Longo-Canegrati non ha toccato l’ambulatorio odontoiatrico dell’Ospedale L. Sacco di Milano, dove il famoso sistema dei service (di fatto veri e propri studi dentistici privati che la Regione nel 2007 ha deciso di convenzionare all’interno di alcune strutture pubbliche per garantire cure “a basso costo” in outsourcing) non è mai stato attivato per specifica volontà del personale, nonostante le continue pressioni.

Altrove, funzionari pubblici di diverse aziende ospedaliere – corrotti da imprese fornitrici di servizi sanitari come la Odontoquality con sede ad Arcore – si sono resi colpevoli di reati contro la Pubblica Amministrazione stessa. Recita l’accusa: “ Non solo sono stati violati i principi cardine di trasparenza, imparzialità, legalità indispensabili per una buona amministrazione pubblica, ma si è determinata l’erogazione di servizi scadenti con ricadute, di natura economica e non, sia sugli enti pubblici che sui pazienti”.

Dunque, nodi al pettine, le indagini per l’inchiesta cosiddetta “Smile” iniziate nel 2013 paiono dare ragione e premiare la scelta dei dentisti dell’Ospedale Sacco: sono 21 gli ordini di custodia cautelare emessi dal Tribunale di Monza (9 si trovano in carcere, 7 ai domiciliari, 5 con obbligo di firma) per “associazione a delinquere finalizzata alla corruzione, turbata libertà degli incanti e riciclaggio”.

Grandi protagonisti, il consigliere leghista lombardo Fabio Rizzi, autore dell’ultima riforma della Sanità lombarda dell’agosto 2015, braccio destro di Maroni, nell’arazzo accanto a Maugeri e al pio Mantovani. L’ultimo, un tempo Vicepresidente di Regione Lombardia e assessore alla Salute, arrestato lo scorso ottobre per turbativa d’asta, dopo 40 giorni e 40 notti di carcere ottiene i domiciliari.

Ma fondamentale è stato il contributo di Valentino Longo e Maria Paola Canegrati, due imprenditori – lui vicino a Rizzi, lei titolare di Odontoquality, il gruppo colpevole di aver turbato a proprio favore gli appalti pubblici indetti da diverse aziende ospedaliere per la gestione e l’erogazione dei servizi odontoiatrici. Ma il quadro non è completo, perché dirigente di Odontoquality non è altri che Pietrogino Pezzano, ex Direttore Sanitario Asl di Monza, poi Milano 1 con Formigoni nel 2011 (l’avevamo visto in prima pagina ripreso in video e foto con i boss ‘ndranghetisti brianzoli di Desio).

“Noi abbiamo in mente un modello di odontoiatria pubblica in cui al centro di tutto e prima di tutto c’è il paziente – gli interessi di salute (e certamente anche economici) del paziente” afferma la dottoressa Antonella Sparaco, primario dell’ambulatorio. I pazienti sulle liste d’attesa sono per il 90% LEA (Livelli Essenziali di Assistenza, stabiliti a livello nazionale nel 2006), ovvero soggetti fragili – sieropositivi, cardiopatici, affetti da tumori, anziani affetti da demenza, indigenti, disoccupati, cassintegrati, in mobilità – ora anche migranti e rifugiati del vicino centro d’accoglienza di Bresso.

La scelta condivisa di medici e personale è sempre stata quella di garantire cure a pazienti che difficilmente vengono presi in carico da altre strutture a causa dell’elevato rischio di complicazioni possibili derivanti dalle gravi patologie cui sono affetti.

“È ormai più di un decennio che lottiamo: negli scorsi anni abbiamo anche raccolto più di 500.000 firme tra i pazienti, a favore del mantenimento del nostro servizio così com’è, e contro il sistema dei service – firme depositate all’epoca sul tavolo di Mantovani, e poi ignorate.

Abbiamo sempre difeso il nostro servizio dicendo che questo è il modo giusto per gestire un’odontoiatria pubblica, un’odontoiatria sociale, la cui missione deve essere prima di tutto quella di curare i fragili, che abbia il massimo dell’attenzione per la persona e garantisca il massimo della qualità del servizio (prestazione, materiali e protesi). Il paziente è soddisfatto ed è possibile per noi curarlo al meglio. Alla fine, avevamo ragione” continua Sparaco.

Certo, si tratta di un modello in perdita: il disavanzo tra le entrate e le uscite è di quasi 300.000 euro annui. I rimborsi regionali dei ticket sono molto bassi, soprattutto nel settore odontoiatrico, rispetto alle spese e alle uscite totali: “Un’estrazione prevede un rimborso regionale di circa 30 euro; ma a seconda del tipo di estrazione, del livello di difficoltà e quindi delle patologie complicanti cui può essere affetto il paziente, il tempo necessario per effettuare la prestazione può aumentare, e così il costo complessivo. Su base annuale, totalizziamo rimborsi che oscillano tra i 200.000 e i 300.000 euro, a fronte di una spesa di circa 600.000 euro. Ma vero è anche che questo è normale e fisiologico in un sistema di assistenza sanitaria pubblica”.

L’endemica mancanza di fondi ha portato alla ricerca di forme di finanziamento esterne e alternative a quelle regionali. Da 15 anni circa la Croce Rossa Italiana fornisce un contributo che permette di erogare prestazioni e protesi gratuite a un gruppo di cittadini che risponde a determinati parametri (indigenza, disoccupazione, etc). Con questo contributo vengono pagate una dottoressa, un’assistente e un certo numero di protesi all’anno.

Dunque i cittadini che si trovano sotto la soglia di povertà e sono residenti nel Comune di Milano possono fare domanda alla CRI che, a seguito di valutazioni, inoltra la richiesta all’ambulatorio odontoiatrico, e a quel punto viene preso in cura dalla struttura ospedaliera. Anche nel centro di accoglienza per migranti e rifugiati di Bresso, gestito sempre da Croce Rossa, uno dei problemi più grossi è proprio il mal di denti: per questo viene dato un contributo ulteriore affinché una volta alla settimana un medico si occupi di effettuare cure – si tratta principalmente di carie, estrazioni, ascessi e infezioni – per circa 10 degli ospiti della struttura.

Anche la cura di pazienti sieropositivi è finanziata da Anlaids Onlus, e lo stesso per l’assistenza ad anziani affetti da Alzheimer, possibile grazie al contributo della Federazione Alzheimer Italia.

In questa struttura, l’estrema attenzione al paziente ha sempre portato al rifiuto dell’istallazione dei service odontoiatrici incriminati: “Sapevamo che il risultato sarebbe stato l’utilizzo di materiali scadenti per le protesi, pazienti dirottati nel privato con l’espediente delle interminabili liste d’attesa per il pubblico, e personale pagato pochissimo.

Una protesi troppo economica è una protesi che ha qualcosa che non va: oltre al materiale scadente, probabilmente un tempo di lavorazione molto rapido e conseguente scarsa cura dei particolari e di un manufatto che non può essere realizzato in serie, ma necessita di una lavorazione su misura” spiega uno dei medici dell’odontoiatria.

In questa piccola realtà che resiste, 3 medici effettuano circa 7000 prestazioni l’anno, principalmente su pazienti fragili. I costi di una parte consistente delle stesse non sono coperti dalla Regione Lombardia e dal Sistema Sanitario Nazionale.

“È chiaro: a pagare la  tangente, alla fine, è il paziente”.