Weekend

Arriva solo ora un piccolo gioiello del regista di “45 anni”, uscito
 in Gran Bretagna nel 2011, pluripremiato a molti festival nel mondo e
 diventato un cult-movie dell’autore britannico

di Irene Merli

Girata in 17 giorni e
 con pochi mezzi, questa produzione indipendente racconta l’incontro 
tra Glen e Russell, due trentenni che si conoscono un venerdì sera in 
una discoteca gay di Nottingham. L’attrazione fisica è quasi
 immediata, e complice un po’ di alcol i due la mattina dopo si
 risvegliano assieme nella casa di Russell, in un condominio di 
periferia. Quella che potrebbe essere solo un’avventura di una notte 
si trasforma invece in qualcosa di più serio.

Nell’arco del weekend
 Glen e Russell arriveranno a condividere paure, sentimenti, ricordi, 
difficoltà, vivranno un confronto vivace e appassionato tra persone 
che vivono e vogliono cose diverse. Glen lavora in una galleria d’arte 
e vive apertamente la sua omosessualità, mentre Russell, che non ha
 mai avuto una vera famiglia, si sente davvero libero solo a casa sua,
 mentre al lavoro (fa il bagnino in una piscina) o tra gli amici etero
 non riesce a liberarsi delle convenzioni della cosiddetta normalità. E
 questo lo fa sentire a disagio, fuori posto, come “se non avesse
 digerito”. In compenso è piuttosto contento della sua vita 
professionale, mentre Glen sente pressante la voglia di cambiare
 tutto. Non per nulla ha deciso da tempo di trasferirsi in America per
 due anni e partirà lunedì.

Andrew Haig nel suo piccolo, grande film vuole raccontare un’onesta, 
intima, autentica storia d’amore, quel sentimento misto di paura ed
 eccitazione che prende spesso quando succede qualcosa di nuovo, 
importante, i momenti che due persone condividono quando iniziano a
 impegnarsi in una relazione.

Così ci fa vedere questi ragazzi
 scoprirsi lentamente, seppure nel tempo di un weekend, e innamorarsi 
passo passo delle reciproche differenze. Non solo. Glen e Russell due
 giovani uomini che stanno cercando il loro posto nel mondo, anche se
 per strade diverse. Si stanno preparando per affrontare la vita. “E 
siccome si tratta di due personaggi gay”, ha spiegato Haigh, “molte di
 queste problematiche diventano particolari. Così ho cercato di dire
 qualcosa di sensato, di onesto sulla complessità di cosa significhi
 essere gay oggi”.

Va detto che “Weekend” non è una vicenda di coming
out o di amore represso: esplora il modo di vivere la propria
 sessualità e la difficile esperienza della diversità di due persone
 che hanno già fatto questo passo. Ma dover combattere per questioni di 
autenticità e identità non è un problema solo dei gay e il film, come 
in altri casi (si veda anche solo “La vie d’Adèle”) nella sua essenza 
narra la storia di due persone che si innamorano, imparando a
conoscere l’altro e se stessi. Punto e basta.

Il tema è universale: 
risultato? Ci si dimentica che a vivere tutto questo sullo schermo
 siano due uomini. Anche se soprattutto all’inizio il linguaggio è
 diretto, ruvido, duro. E l’amore fisico tra i due ragazzi si vede
 senza alcuna ostentazione o gratuità, ma senza ipocrisie. In modo
 assolutamente funzionale alla storia.

Insomma, “Weekend” è un film capace come pochi di scavare nei 
sentimenti più intimi di una coppia, delicato come lo era “45 anni”. 
E nel contempo ci fa vedere ancora una volta – ma non basterà mai – 
quanto siano discriminati i gay a tutti i livelli, a partire da quello
 dell’espressione dei propri sentimenti. Un piccolo esempio? I due 
ragazzi, verso la fine del film, si salutano alla stazione in modo 
straziante. Si abbracciano, commossi e si baciano in pubblico,
 vincendo finalmente il ritegno. A quel punto sorridendo mesti si
 dicono: “Adesso ci fanno un applauso…. o ci buttano sotto il 
treno”. E dal rumore di fondo parte la solita odiosa frase “Maledetti
 froci!”. Dimostrando che anche la provincia inglese non è fatta di 
teneri fiorellini.