Aspettando la camminata notturna

Percorsi notturni, a piedi, per riappropriarsi degli spazi della città. A Milano, di nuovo, l’8 aprile


di Marsala

Sono passati più di tre mesi dalla prima camminata notturna di gruppo, esperimento di antropologia multimediale urbana curato da Marsala in collaborazione con Dynamoscopio e Mercato Lorenteggio. Era il 12 Dicembre 2015: in quell’occasione abbiamo camminato nella città di Milano seguendo un percorso – in parte aperto alla libera iniziativa dei partecipanti, in parte pianificato – che aveva come linea guida l’attraversamento di quartieri che in diverse epoche storiche hanno subito un processo di gentrificazione che ne ha cambiato l’architettura, i rapporti sociali, l’aspetto estetico.

Scopo delle camminate non è tanto la critica sociologica o l’analisi dei fenomeni urbani contemporanei quanto una considerazione più ampia riguardante i rapporti che l’individuo ha rispetto alla città in cui vive, una riflessione collettiva ed individuale sullo spazio pubblico e sulle influenze che questo ha nei confronti delle nostra identità. Come suggerisce Rachele Borghi, geografa urbana e performer:

“Lo spazio non è un semplice sfondo, un palcoscenico sul quale si svolgono le azioni umane, ma un produttore di significati e un riproduttore di meccanismi e di dinamiche sociali”.

Partendo da queste considerazioni, le camminate notturne vogliono essere uno strumento di avvicinamento lento alla città, ai corpi che la abitano, un processo di svelamento delle dinamiche sociali che la caratterizzano oltre che di decostruzione dei meccanismi di potere che la sorreggono. Citando nuovamente Rachele: “L’analisi degli spazi permette di comprendere come essi incorporino e riflettano le strutture di potere che grazie ad esso si riproducono e vengono naturalizzate dai suoi user”.

Per analizzare lo spazio che ci circonda abbiamo scelto di camminare, di farlo di notte, in gruppo e di realizzare materiale multimediale eterogeneo, liberamente prodotto dai partecipanti sia nelle forme che nei contenuti; pensiamo che il camminare, mettendo al centro il corpo nelle sue molteplici dimensioni, sia una pratica ottimale per chi vuole avvicinarsi allo spazio in cui vive oltre che a se stesso. Camminare può essere un’operazione banale, abitudinaria, quotidiana. Per questo vogliamo riappropriarcene, per mettere al centro la semplicità di un gesto che è molto di più dell’attraversamento di un quartiere o il raggiungimento di una meta.

“Camminare ti regala immagini dettagliate e con le giuste proporzioni”, scriveva Hilaire Belloc nell’introduzione a La via del sentiero. Un’antologia per camminatori, testo del 1911 che racchiude una serie di racconti di viaggio avvenuti durante il 1800. Ciò che anche noi, come collettivo Marsala vi invitiamo a fare, è la produzione di immagini dalle giuste dimensioni che sappiano trasmettere l’esperienza vissuta: il dettaglio che attira l’attenzione dei nostri occhi, i suoni che l’udito percepisce in assenza del caos giornaliero, la riflessione che una chiacchierata con una persona che non si conosce può far scaturire, lo schizzo a matita del percorso fatto o di un edificio inaccessibile, la fotografia di una vetrina illuminata, la presa in carico di un oggetto trovato a bordo di un marciapiede.
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La prossima camminata notturna sarà venerdì 8 Aprile 2016. Questa volta vogliamo parlare di gabbie e confini, sia fisici che simbolici: edifici tangibili che contribuiscono a definire l’identità della città attraverso architetture che escludono, isolano e violentano, ma anche comportamenti individuali in cui rinchiudersi dando le spalle a ciò che è fuori, inatteso, sconosciuto.

Attraverso questa camminata vogliamo riflettere collettivamente sul significato e sul ruolo che hanno alcune strutture all’interno del contesto urbano in cui viviamo, sul rapporto che come cittadini vi sviluppiamo, sulla loro presenza all’interno della nostra quotidianità.

Vogliamo inoltre confrontarci con le nostre gabbie interiori, intese come “schemi” che contribuiscono a creare identità rigide, comportamenti standardizzati, comunità chiuse caratterizzate dalla ricerca di una libertà che può trasformarsi in volontà ossessiva di sicurezza e controllo sociale attraverso l’esclusione della diversità.

Venerdì 8 Aprile ci si incontrerà alle ore 19.00 presso il Mercato Lorenteggio: dopo un primo momento in cui sarà possibile conoscersi e una cena presso il mercato, si partirà procedendo verso il carcere di San Vittore. Passando dalla Stazione Centrale si arriverà, alle prime luci del giorno, presso l’ex-ospedale psichiatrico Paolo Pini.

L’invito che facciamo è quello di mettere in gioco il proprio corpo e le proprie abitudini per prendere parte a un’esperienza anomala e nuova.

Non occorre avere conoscenze pregresse di antropologia o di produzione audio-visiva ma solamente avere voglia di conoscere nuovi aspetti di sé e della città di Milano. Desiderare di perdersi, ritrovarsi e perdersi nuovamente.

“Perdersi significa che tra noi e lo spazio non c’è solo un rapporto di dominio, di controllo da parte del soggetto, ma anche la possibilità che sia lo spazio a dominare noi. Sono momenti della vita in cui impariamo ad apprendere dallo spazio che ci circonda…non siamo più capaci di dare un valore, un significato alla possibilità di perderci. Cambiare luoghi, confrontarsi con mondi diversi, essere costretti a ricreare in continuazione i punti di riferimento, è rigenerante a livello psichico, ma oggi nessuno consiglia un’esperienza simile. Nelle culture primitive invece se uno non si perde non diventa grande. E questo percorso viene agito nel deserto, nella foresta, i luoghi sono una specie di macchina attraverso la quale si acquisiscono altri stati di coscienza”.

(Perdersi, l’uomo senza ambiente, di F. La Cecla)

 

Per informazioni e iscrizioni:

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