Occhio per occhio, rullo perdente

Il Kratos, il rapporto di potere di oggi è nel gesto dell’assessora Carmela Rozza, del Pd, della Giunta Pisapia, che con un rullo ha tirato una striscia di vernice sulla portiera di una macchina in divieto di sosta di fronte ai muri del cleaning day.

di Angelo Miotto

Di Carmela Rozza, assessora ai lavori pubblici e arredo urbano, interessa dire, ma meno di quello che invece è il ruolo che rappresenta. E cioè quello di una persona delegata a gestire e rappresentare un’istituzione pubblica.

I fatti di ieri, 2 aprile, nel cleaning day – spiegatemi perché è tutto così ‘smart’ a Milano e tutto english come se fosse sempre questione di sentirci internazionali anche quando si va a pittare un muro – sono ormai noti: macchina in divieto, di fronte a un muro da pulire in Via Monviso, multa e assessora che si esibisce nello sfregio mediatico della portiera, che viene poi lavata.

L’assessora ascoltatela qui, se la ride anche e dà dello stronzo al guidatore in contravvenzione.
Le reazioni politiche piuttosto scontate dalle opposizioni del centro-destra che attacca a testa bassa, mentre Beppe Sala: gesto inappropriato; Parisi: questo il senso della proprietà privata della sinistra; Passera: gesto inqualificabile. Dalla maggioranza Mirko Mazzali di Sel su Facebook: “Se sei una persona che amministra non puoi farti giustizia da te, infliggendo sanzioni”.

I social: ah, la piazza virtuale della chiacchiera che si riproduce senza soluzione di continuità: cambiano gli argomenti, ma le dinamiche seguono dei cerimoniali che iniziano a destare sconcerto, perché sempre e spesso uguali. Indignazione, sconcerto, attacco personale, attacco per fini politici o di partito, simpatia con il gesto, odio per gli automobilisti in divieto, fastidio del comelafatelunga la portiera adesso è pulita.

Senza allungare oltremodo le conversazioni già in atto, va detto che questo rapporto di potere parla da sé. E parla di due situazioni: la prima è il corto-circuito di chi promuove la discutibile azione delle spugnette volontarie, tanto care al Pd, e poi compie un ‘segno’ per esprimere il proprio ‘disappunto’. Eccezionale paradosso.
La seconda situazione è più grave: riguarda il rapporto di potere fra chi elegge e chi è eletto, riguarda la dignità e il rispetto dovuto alla cittadinanza, anche quella degli stronzi che molti genitori di disabili o mamme e papà con carrozzine o persone con handicap anche temporanei, vorrebbero insultare giustamente da mane a sera. Chi esercita la funzione di amministratore pubblico non può uscire dai binari della legalità. Non può. E non deve fornire il destro per creare precedenti che scoraggino il senso di legalità che le stesse istituzioni stanno cercando di amplificare.

Che si sia d’accordo o meno, queste sono le due regole del gioco della democrazia rappresentativa. Io ti eleggo e ti do lamia delega, l’unico potere reale che ho al di là della pressione di opinione nelle mie ristrette cerchie. Tu che sei delegato sei al nostro servizio, della città, dei suoi abitanti – non ci stancheremo mai di ripeterlo – in quanto delegato. Porti il tuo sapere e le tue capacità in un posto in cui hai una missione da compiere in nome e per conto dei tuoi azionisti che siamo tutti noi cittadini e in particolar modo i cittadini che avranno votato per quel partito e quella persona.

La bravata dei cinque minuti di gloria davanti alle telecamere, il rivendicare in intervista la bontà del gesto in base alla legge del taglione, sono aberrazioni da non prendere alla leggera. Questo è il Paese che spesso si fa gioco delle cose serie. Cosa vuoi che sia. Fanno tutti così. Non facciamola troppo lunga ci sono le cose serie a cui pensare. O che semplifica sempre alla leggera: la casta, Roma ladrona, vaffanculoday.

Ecco questa è una cosa seria. Perché rompe il paradigma. E una volta rotto non si ricompone, né pare che l’autrice della rottura sia intenzionata a ricomporre proprio nulla.

Non è in questione, non lo so e francamente per il Kratos non è importante, la caratura politica della signora Rozza. È in questione che un’assessora si permette di fare e di rivendicare, aggiungendo nell’intervista – come se non bastasse – che se proprio si voleva rovinare la macchina allora si andava di spray o di chiave.

In questa #bellamilano, con aggettivi e definizioni e hashtag roboanti, orgasmatici, onanistici perfino, sarebbe illuminante capire se siamo cittadini con dei delegati che ci servono o se dobbiamo vedere l’ennesimo gesto del delegato che gode di una posizione e di una considerazione di influenza e potere che si permette di fare cose che il normale cittadino non si sognerebbe di fare. E se lo sogna, sa che incapperebbe in una sanzione. Le regole, se ci si crede nell’ordinamento che una comunità si dà, sono regole. Chi non le rispetta può avere i migliori motivi per non farlo, ma alla fine non le rispetta.
E in un caso come questo non esiste ‘legittima difesa’ che tenga.

Non è così distante tutto il grande dibattito su chi non intende rispettare quei vincoli di comunità; una minoranza che peraltro ha il diritto di esprimersi, sapendo che comunque risponderà delle regole fissate dalla maggioranza in base ai metodi che sceglierà per dimostrare il proprio dissenso.
Perché il paradosso si ripropone anche qui, ed era in diverse citazioni della conversazione digitale. Perché se alla macchina in divieto di sosta consapevole sostituisci soggetti o entità che stanno dove non dovrebbero o fanno quel che poi è ostacolo al benessere, o sono complici di difficoltà, allora perché non andare a tirare delle belle strisce di vernice lavabile o meno sulla superficie di ciò che le rappresenta?

Ecco perché il gesto dell’assessora è pericoloso. Perché ha aperto una zona che è quella della nostra quotidianità esasperata, quando vorresti scendere dalla macchina e prendere quello che ti ha tagliato la strada o continua a stare in doppia o tripla fila e scuoterlo con vigore. O spezzare il tergicristallo di chi parcheggia sulle piste ciclabili (visto fare da un insospettabile professionista agé). ma come facciamo a non essere d’accordo! Ma non è quello che ci dice la civiltà delle regole della comunità.
Ma non è quello lo spiraglio che un buon politico, un buon amministratore, deve aprire. Semmai deve proprio fare il contrario.

Io per esempio odio chi non si ferma sulle strisce pedonali. Ce ne sono due per andare a scuola al mattino con le piccole. Su cinque giorni almeno in tre vedo sfrecciare macchine in zona 30, veloci e senza che rallentino o si fermino sulle zebre pedonali. Anche quando si vede che i bambini iniziano ad attraversare.

Allora che si fa? Lo porto domani il martello alla cintura?