UN’UNICA CITTÀ
di Luna Guaschino
Mentre guardo dal tetto dell’Austrian Hospice la città vecchia prendere nuove forme penso che la riproduzione in scala di ciò che vogliamo sapere di Gerusalemme sia lì, tra quelle mura. Israeliani e palestinesi che si sfiorano continuamente, si avvicinano e si allontanano disegnando linee che evitano di incrociarsi. Visti dall’alto sembrano le tracce fluorescenti di un videogame, uno Snake urbano che si ciba di spazio che appartiene all’Altro per guadagnare forza, costretto in un limitato numero di pixel a incontrare sempre la sua coda. Game over.
È un gioco a livelli conoscere Gerusalemme: euforia iniziale per essere arrivati nell’ombelico del mondo, turbamento per la violenza esposta e propagandata, rabbia man mano che si svela quella quotidiana e occulta che sorprende per la sua inutilità.
Gerusalemme è un gioco bizzarro e pericoloso in cui l’essenza della città non si distingue a meno che non scovi il passaggio temporale che ti fa saltare di livello, il cunicolo che svela nuove realtà.
Solo allora si alza il velo di Maya e si scopre una città nuova, più vera e più dolente, che soffre mali antichi e nuovi virus. Ha la carica impietosa di un gioco digitale in cui se sbagli ricominci, ma sa già chi è il più forte.
Gerusalemme é uno schema di gioco criptato, forse con livelli infiniti, chissà.
Sono entrata in Snake lungo le vie strette che portano verso Wadi al Joz, quando il sole trasforma la pietra bianca in rosa tra i canti delle preghiere. Scivolando lenta lungo le mura della città vecchia fino alla porta del Leone ho arrancato cauta su al Monte degli Ulivi e poi ritornando con un giro largo da Sheikh Jarrah sono entrata nella mia casa di Ibn Batuta. Due stanze in un palazzone dietro la pizzeria Zahra dove facevano il tabulè più buono che abbia mai assaggiato, con vista su un giardino segreto. Ho trovato molte chiavi di Gerusalemme e l’ho amata per questo.
Mi sembra ancora di sentire fortissimo il profumo del gelsomino in fiore.
* In arabo significa: “Respiriamo tutti la stessa aria”, con hawa che vuol dire “aria” ma anche “amore”. Respiriamo tutti lo stesso amore. Fu la prima frase che imparai a Gerusalemme.
L’immagine di Gerusalemme in apertura è una foto di Javier tratta da Flickr in CC