Gerusalemme: ritorno e andata

Una città, mille storie, tanti linguaggi per una narrazione collettiva


di Sandra Manzella

I miei piedi si fermano alle tue porte, Gerusalemme, per la quinta volta.
E quando torno mi accorgo che, in realtà, non sono mai partita perchè Gerusalemme
ti entra dentro, ti incanta e non ti lascia andare via. Ai piedi, i sandali di mia madre:
troppo grandi per me, ma ostinatamente indossati per avere anche solo un po’ di lei.

Negli occhi, un quadro di mio padre: la Spianata delle Moschee, colorata e fiabesca,
trasfigurata dal ricordo.

Sindrome di Gerusalemme? Sì, esiste, ci sono cascata e lo so bene. Ma, nella mia
megalomania del tutto-o-niente, non mi identifico in un personaggio, ma nella Città
Vecchia intera, in quel cuore di pietra fredda e grigia raramente interrotta dal rosso e
nero delle nascoste architetture mamelucche.

Al-Quds, singolare; oppure Yerushalim, duale: la città di specchi di Amos Elon, che
rimanda a molte vite senza svelarsi, città celeste e terrestre, dove tutto è accaduto e
ancora accade, città che possiede 70 nomi, centro del mondo nelle antiche mappe.
Dalla pietra di fondazione del Monte Moriah inizia la creazione secondo la Bibbia
ebraica e, allora, da qui ripartiamo.

Separò la luce dalle tenebre e chiamò la luce giorno e le tenebre notte. E fu sera e fu
mattina: primo giorno.

A Gerusalemme la luce è diversa. Arriva all’improvviso all’alba, è sfacciata nel
mezzogiorno estivo, rosa e tenera nei meravigliosi tramonti dal camminamento sui
tetti. Poi le tenebre nei vicoli deserti dal coprifuoco, in cui anche la pietra si svuota di
colore.

E fu sera e fu mattina: secondo giorno
E’ la separazione degli spazi. Tutto è separato, a Gerusalemme, da barriere visibili e
invisibili, in conflitto con memorie che, invece, non hanno confini. Ci si perde nei
vicoli esternamente simili, ma intimamente diversi, del quartiere cristiano, ebraico,
musulmano o armeno. A Gerusalemme sai sempre dove sei tranne in Ararat Street,
dove l’insegna con il nome in arabo è stata cancellata e mantenuta trilingue, invece,
dall’altro lato della strada.

Le mura di Solimano separano il cuore della città dal resto del mondo. Nel cuore del
cuore, il Kotel è delimitato dai checkpoint; nella chiesa del Santo Sepolcro lo spazio è
ostinatamente strappato e difeso; persino i defunti, sulle pendici della valle del
Cedron, rivendicano la loro posizione privilegiata in attesa del Messia o del Mahdi.

La terra produsse germogli… E fu sera e fu mattina: terzo giorno
Come possono resistere le piante di cappero, rigogliosissime, tra le pietre del Kotel?
E quanto sono magnifici gli ulivi sulla Spianata del Tempio, vicino alla Porta Aurea,
murata fino all’arrivo del Mahdi?

E con quanta cura le Suore di Sion coltivano i fiori e pure una vite sulle loro
meravigliose terrazze?

Dio le pose nel firmamento del cielo per illuminare la terra e per regolare giorno e
notte e per separare la luce dalle tenebre… Quarto giorno.
A Gerusalemme sai sempre quando il tempo è sacro e quando è profano. Te lo
ricordano mille suoni, continui rimandi, giorno e notte.

Riempite le acque dei mari; gli uccelli si moltiplichino sulla terra… Quinto giorno.
Sui muri che portano alla cattedrale di S. Giacomo, nel quartiere armeno, sono incisi
bellissimi animali stilizzati, dalla antica tradizione cristiana: un pesce, un pavone.
Nel cielo, invece, altri e più moderni esseri.

“L’automobile si era fermata in mezzo al deserto e non voleva proprio ripartire, non
sapevamo cosa fare. Poi, all’improvviso, è arrivata una pattuglia: ci avevano viste con
le telecamere dei droni.” (Suor Agnese, Comboniana di Betania)
Dio creò l’uomo a sua immagine; a immagine di Dio lo creò; maschio e femmina li
creò. Dio vide quanto aveva fatto, ed ecco, era cosa molto buona. E fu sera e fu
mattina: sesto giorno.

Ogni sorta di umanità si ritrova a Gerusalemme, ogni lingua, ogni etnia, ogni cultura.
Dalle mille varianti del Popolo Eletto ai finti Cristi che, per pochi shekel,vivacchiano
facendosi fotografare benedicenti al Sepolcro, dai pellegrini Filippini che cantano
nella chiesa di Sant’Anna, dall’acustica strabiliante, ai fedeli Brasiliani con le foto dei
papi stampate sugli abiti sgargianti. Ed è cosa molto buona.

Dio benedisse il settimo giorno e lo consacrò, perché in esso aveva cessato da ogni
lavoro che egli creando aveva fatto.

Qual è il giorno del riposo a Gerusalemme? La separazione del tempo può essere
drammatica per le strade sbarrate ed i servizi sospesi. Anche nel riposo dobbiamo
sapere qual è il nostro posto per non essere dalla parte sbagliata nel tempo sbagliato.
A Gerusalemme ti ho cercato, ma sei andato via e, adesso, parto anch’io… per
ritornare.