Maledetta balena

Dopo La porta di Sion, vincitore al festival di Lucca nel 2010, Walter Chendi, autore triestino, classe 1950, torna al fumetto con Maledetta Balena, edito da Tunué, una storia di sogni e guerra, amore e gabbiani

di Valeria Nicoletti

Anno 1943. Una nave. Un’esplosione. Il mare, ignaro, tutt’intorno. Parte da qui il flusso di coscienza che racconta la storia di una Maledetta Balena, ultimo album di Walter Chendi, autore e illustratore, originario di Trieste, che dopo le Maldobrìe asburgiche si avventura nella seconda guerra mondiale, a bordo di una misteriosa nave abbandonata.

“Mio padre mi aveva insegnato ch’era meglio parlare di argomenti che si conoscono”, racconta Chendi: da qui la decisione di fare di Trieste, la sua città, “un non luogo, un’isola, un mare pieno di racconti”, la scenografia malleabile di quasi ogni sua storia. All’ombra della superba balena, la nave passeggeri Kosbörg, ormeggiata al largo in un canale del Nord, si snocciolano le baie triestine, il porto, i profili lontani dei paesini di San Nereo, di Capo Santa Itria, una terra che ancora non ha deciso se essere slava o italiana fa da cornice a un racconto che muove dal secondo conflitto mondiale e si diletta a giocare con le dimensioni temporali, in una serie di flashback magistralmente orchestrati.

La storia si dipana dal passato, come un lungo viaggio nella memoria, e dal presente, da un letto d’ospedale, dove una voce fuori campo, il protagonista, ormai anziano, si rivolge a un gabbiano, unico interlocutore consapevole.

Un tempo sospeso, ideale per rimettere insieme i frammenti di una storia biografica, e parzialmente vera, dove la guerra resta sullo sfondo e vengono a galla i piccoli grandi drammi della vita quotidiana, le avventure minime di ogni singolo marinaio scelto, anche di quelli più fortunati, “figli d’ammiraglio, feriti o coglioni”, che la sera possono permettersi di annegare lo strazio tra le braccia di una donna di vita.

gabbiano

Giovanni Dardini, antieroe della nostra storia, marinaio del Regio Esercito Italiano, dopo essere stato ferito durante un bombardamento, mentre cercava di raccogliere con la carta oleata i resti dei suoi compagni di ciurma, viene spedito come cuoco su una nave di cui nessuno ha mai sentito parlare.
“Cerca il mare”, questa la sola indicazione per trovare la Kogsbörg.

Protagonista della storia è proprio questa maestosa balena, completata poco prima dello scoppio della guerra, destinata alla Svezia. Una nave fantasma, sulla quale, insieme ai gabbiani, aleggiano leggende, superstizioni e misteri. Come quello del capitano Argentero, che nasconde sua figlia a bordo e tratta con il mercato della borsa nera per rivendere i tesori della Kosbörg. O ancora la triste fine dell’ultimo cuoco, suicidato, e di metà dell’equipaggio, fuggito nel cuore della notte. La scoperta di una piscina, metà della nave da esplorare, una ragazza imprigionata in una cabina.

Punto di forza del fumetto è senz’altro la prospettiva, quasi cinematografica, scelta da Walter Chendi per catapultare chi sta dall’altro lato della pagina direttamente accanto ai protagonisti. Giovanni disteso su un letto d’ospedale, ad esempio, non è mai raffigurato.

Siamo noi i suoi occhi, guardiamo quello che gli scorre davanti e siamo costretti alla stessa immobilità, alla stessa impotenza. Inquadrature soggettive, ricercate, primissimi piani, messe a fuoco improvvise e grandi colpi d’occhio movimentano la storia che procede alla velocità della memoria, tra battute d’arresto, esplosioni, allucinazioni e digressioni sognanti. Il racconto fluttua leggero, affidandosi ai colori pastello e a una delicatezza di registro quasi inedita per una storia di guerra, dove le poche immagini crude sporcano di sangue solo le prime pagine.

Un disegno frutto di tre anni di gestazione e documentazione, come dimostrano i dettagliati bozzetti alla fine dell’album, dove ogni personaggio ha una sua caratterizzazione, tra le pagine compaiono incursioni improvvise di onomatopee e rumori e la grandiosa nave è progettata con estrema precisione, ricorrendo alle foto d’epoca della marina militare.

Walter Chendi racconta con poesia lo strazio della guerra, il dramma di essere, senza volerlo, l’eroe della carta oleata, la fortuna di non dormire, per non continuare a ricordare, anche nel sogno, l’incubo ricorrente dei compagni smembrati, una ferita che il tempo non è ancora riuscito a guarire.

“Nemico? Non l’ho mai visto il nemico!”, sbigottiscono i marinai, quando si moriva freddati da una bomba senza possibilità di guardare negli occhi l’avversario.

La balena, indifferente anche quando colerà a picco, resta a guardare le sorti infime dei suoi individui. Dal suo letto d’ospedale, intanto, Giovanni annega nel dolore confuso, nell’estrema bellezza dell’ultimo capitolo della sua vita, quando ritornerà intero, si alzerà, senza la balena, e riuscirà a vivere ancora, anche solo per il tempo di una breve fuga bagnata di pioggia, da uomo libero.