Ventimiglia: “Ci spiace, ma il centro è chiuso”

Nella città ligure, luogo di transito e
centro delle proteste della scorsa estate, il “Piano Alfano”
ha decretato la chiusura del centro di accoglienza
e lasciato i migranti in condizioni sempre peggiori

testo e foto di Simone Sarchi, da Ventimiglia

“Ci spiace, ma il centro è chiuso, non può entrare nessuno e non distribuiamo più cibo”. È questa la risposta che tre ragazzi sudanesi hanno ricevuto lunedì davanti all’entrata del centro d’accoglienza di Ventimiglia. La struttura, aperta nel giugno 2015 per far fronte alla crisi della scorsa estate, è stata ufficialmente chiusa ieri mattina su decisione della Prefettura di Imperia. In questo modo è partito ufficialmente il cosiddetto “Piano Alfano”, annunciato sabato scorso durante una visita del Capo del Viminale in città.

Tre sono i punti fondamentali della strategia: chiudere il centro, allontanare tutti i migranti da Ventimiglia, e impedire che ne arrivino altri. Lo scopo, secondo le parole di Alfano, è far capire “che a Ventimiglia non c’è alcuna possibilità di andare in Francia”.

Gli ultimi 6 ospiti della struttura sono stati trasferiti ieri nel centro di Montalto, un piccolo paese nell’entroterra della provincia di Imperia, a circa un’ora di macchina dal confine francese. La decisione di chiudere il centro porta con sé molti dubbi. Ventimiglia è città di confine e sarà sempre un luogo di transito per raggiungere la Francia e i Paesi del nord Europa. La scorsa estate, a seguito della decisione francese di chiudere la frontiera, centinaia di migranti sono rimasti bloccati, in protesta sugli scogli davanti al confine.

I controlli francesi non si sono mai fermati, ma anzi sono intensificati e comprendono rastrellamenti sui treni, deportazioni forzate e violenze, come testimoniato da molti migranti e volontari.

“La nostra paura è che l’emergenza si riproponga quest’estate con l’aumento degli arrivi via mare. Che senso ha chiudere il centro? È vero, in questo periodo era praticamente vuoto, ma quest’estate ce ne sarà sicuramente bisogno,” afferma una volontaria della Croce Rossa, l’ente che gestiva il centro.

Tuttavia, è l’attuazione degli ultimi due punti del “Piano Alfano” che fa più paura. Alla foce del fiume Roja incontro un’attivista solidale con i migranti. È insieme a due ragazze congolesi spaventate e preoccupate per la sorte dei loro compagni fermati dalla polizia. “Questa mattina stavano dormendo nel parco, quando quattro poliziotti li hanno svegliati e hanno portato via due ragazzi, tra cui un minorenne”, mi spiega la giovane attivista, testimone della scena.

Secondo gli attivisti, nel corso della giornata sono state portate in caserma una decina di persone alle quali sono state prese le impronte digitali “con l’uso della forza”. Dopo la registrazione sono state quasi tutte rilasciate con il foglio di via, ovvero l’espulsione valida in tutta Europa. Mentre per tre ragazzi minorenni è partito l’iter burocratico che li porterà in altri centri.

Fino ad oggi chi ha ricevuto l’espulsione è sempre rimasto qua, ma la paura degli attivisti è che con la visita di Alfano si cominci a trasferirli fuori dalla Liguria contro la loro volontà.

“Questo comportamento è criminale e deve essere denunciato,” spiega l’attivista incontrata alla foce del Roja. “Sono sbarcate migliaia di persone nel sud Italia e gli arrivi continueranno ad aumentare con la bella stagione. Come pretendono di tenerli lontani? La volontà di attuare questo piano porta con sé rastrellamenti, detenzioni, violenze e violazioni dei diritti umani… un prezzo troppo alto da pagare!”.

Da lunedì i controlli della polizia si sono intensificati e la sera è facile vedere diverse pattuglie in azione. La volontà del Questore di Imperia, Leopoldo Laricchia, è quella di portare avanti la strategia con piccole operazioni per evitare “clamori e pattuglioni”. Ma non sembra un’opzione migliore e i circa 140 migranti ancora a Ventimiglia sono sempre più spaventati. “È già da un po’ che continua questa situazione. Anche prima della visita di Alfano. Ora è semplicemente ufficiale,” spiega l’attivista. “La polizia – continua – sta diventando sempre più aggressiva. Abbiamo testimonianze di minacce e violenze anche da parte degli agenti italiani. Un ragazzo eritreo che è con noi trema alla sola vista delle pattuglie”. L’esperienza ci insegna che non esistono confini invalicabili, che è impossibile arrestare i flussi e chi scappa da guerre e fame una strada alternativa la trova sempre.

Basterà il “Piano Alfano” a sistemare la situazione o non farà altro che creare nuovi problemi e potenziali violazioni?

Aggiunge ancora l’attivista incontrata: “Il centro è chiuso, i controlli francesi sono sempre più stretti e violenti, con il “Piano Alfano” ci saranno rastrellamenti sui treni diretti a Ventimiglia, un’ordinanza comunale razzista impedisce la somministrazione non autorizzata di generi alimentari agli stranieri e, da oggi, (ieri n.d.r) anche la Croce Rossa ha l’ordine di non distribuire razioni alimentari… questa città assomiglia sempre di più a Calais”.