Postcapitalismo

Quali obiettivi deve avere il mondo postcapitalista? Paul Mason traccia dei punti chiari, in quello che lui chiama “Project zero”. Un libro che appassiona e fa discutere: dopo quella di Sebastian Bendinelli, la recensione di Marco Todarello

di Marco Todarello

Il capitalismo ha i giorni contati, ma per ragioni diverse da quelle esposte da Karl Marx e da chi lo ha seguito. La società dell’informazione ha in sé gli strumenti per rompere col passato e aprire una nuova fase della storia economica, il Postcapitalismo, argomenta il giornalista economico britannico Paul Mason nel libro omonimo (Il Saggiatore, 2016).

Non è un nostalgico, Mason, e nemmeno un marxista ortodosso, ma è bravo a tracciare una mappa delle nuove contraddizioni del capitalismo del XXI° secolo.

La prima, sostiene, è quella tra la possibilità di avere beni e informazioni gratuiti in abbondanza, da un lato, e dall’altro l’esistenza di un sistema di monopoli, banche e governi che cerca di mantenere ogni cosa privata, scarsa e commercializzabile. Ed è proprio questa tensione tra illimitatezza della conoscenza e limitatezza della proprietà la fondamentale contraddizione del capitalismo del nostro tempo, una tensione che la rivoluzione digitale ha messo a nudo.
Le tecnologie informatiche, unite all’ampia disponibilità di informazioni, starebbero quindi aprendo la strada a un nuovo possibile mondo in cui l’umanità non risponderà ai dettami del profitto e della gerarchia manageriale, ma ai principi di condivisione, responsabilità e gratuità.

Una tesi che presta il fianco a molte critiche, non ultime quelle dei contestatori della “democrazia digitale” alla Evgenij Morozov, ma che Mason sviluppa in un lavoro molto ampio e che parte da lontano.

Il giornalista muove i suoi passi proprio da Marx, ma non dal famoso Capitale, bensì da un testo poco conosciuto come Il frammento delle macchine, nel quale il filosofo tedesco argomenta che un capitalismo basato sulla conoscenza crea una contraddizione tra forze produttive e relazioni sociali, da dove scaturiscono le «condizioni materiali per fare saltare in aria questa base».
Un siffatto tipo di capitalismo favorirà lo sviluppo della forza intellettuale del lavoratore, tenderà a ridurre l’orario di lavoro e lascerà ai dipendenti il tempo di sviluppare talenti artistici e scientifici al di fuori del lavoro, elemento che diventa fondamentale per il modello economico stesso.
Questa, in fondo, è la tesi del libro, e questo è il momento per la realizzazione della “profezia”, spiega Mason.
Ripercorre a ritroso la storia del socialismo e non solo («l’uomo del Postcapitalismo sarà nuovo come quello di Shakespeare, capace di anteporre l’amore al dovere e per il quale vale la pena morire per valori come verità e giustizia, molto di più che per gerarchia e onore»), e non per ripetere il già detto, ma per utilizzare alcuni di quelle tesi alla luce delle trasformazioni di oggi: c’è Rosa Luxembourg, Lenin, gli operai della Fiat alle prese con le occupazioni negli anni ‘60 e anche Toni Negri, il quale «intuì già negli anni ’70 che la fabbrica non era più il posto adatto per le lotte sociali, oggi quella previsione si è verificata».

«Un’economia basata sull’informazione, con la sua tendenza a generare prodotti a costo zero e diritti di proprietà deboli, non può essere un’economia capitalista», scrive Mason, e non a caso cita Wikipedia come il principale esempio di questa tendenza storica: realizzato gratuitamente da 27.000 volontari ha cancellato il settore delle enciclopedie, privando l’industria pubblicitaria di 3 miliardi annui di introiti.

Mason sottolinea come dentro e intorno ai sistemi di mercato, negli ultimi dieci anni, sia nata una vita economica parallela, una vera rivoluzione a proposito della quale nessuno si sta chiedendo cosa significhi davvero per il capitalismo.
Nuove forme di proprietà, di prestito, di lavoro, di contratti, dalla sharing economy alla peer-production sono secondo Mason la via d’uscita al capitalismo, verso un sistema che non dovrà essere un rifugio, né un meccanismo di sopravvivenza, ma un nuovo modo di vivere.
Sarà la produzione collaborativa, dunque, che tramite le tecnologie di rete usate per produrre beni e servizi gratuiti o condivisi indicherà la strada per superare il sistema di mercato.
E proprio il concetto di “reti contro le gerarchie” è l’idea con cui Mason – che negli ultimi anni ha studiato i movimenti sociali e di protesta di tutto il mondo, inclusi quelli contro il capitalismo finanziario – lega tutte le sue argomentazioni, anche se non spiega come fare.
Tuttavia lo scopo del saggio, precisa, «non è fornire una guida all’organizzazione, ma tracciare una mappa per consentire a individui e movimenti di ricavare coordinate per il viaggio da intraprendere».
È una trasformazione che deve partire dalla “granulosità” della rete, dal contributo dei singoli, e non dallo scontro diretto con le istituzioni globali. E per dimostrare che i vecchi metodi non funzionano più, Mason fa l’esempio della Grecia, che nel gennaio 2015 – nonostante un governo di sinistra radicale – è stata costretta a scegliere tra bancarotta e sottomissione da quell’ «uno per cento» rappresentato dal potere finanziario.

Quali obiettivi deve avere il mondo postcapitalista? Qui Mason traccia dei punti chiari, in quello che lui chiama “Project zero”: Ridurre le emissioni di CO2 per limitare a 2 gradi l’aumento della temperatura entro il 2050; socializzare il sistema finanziario e così stabilizzarlo entro il 2050, per evitare che invecchiamento della popolazione e cambiamenti climatici portino a un’implosione dell’economia mondiale; puntare sulle tecnologie ad alto contenuto informativo per affrontare in modo più efficace malattie, dipendenza dal welfare e scarsa istruzione; utilizzare la tecnologia per ridurre il lavoro necessario e promuovere una rapida transizione verso un’economia automatizzata.

È qui che il pensiero di Paul Mason è molto più vicino all’utopia che non a una reale ipotesi di trasformazione economica e politica, tanto da attirarsi forti critiche da più parti.

E infatti il grande merito di Postcapitalismo non sta nella capacità di immaginare il futuro ma piuttosto nell’acuta lettura del presente, perché riesce a rilevare pieghe inaspettate del nostro tempo – sul piano economico e sociale – tali da fornire interessanti e talvolta inediti spunti per la comprensione del mondo in cui viviamo.
Probabilmente il capitalismo (che «non è una semplice struttura economica, ma un complesso sistema che comprende aziende, Stati, i predicatori delle baraccopoli di Lagos e gli analisti imbroglioni di Wall Street») dominerà il mondo ancora a lungo.Tuttavia l’analisi di Mason dimostra come una società più umana, equa e sostenibile potrebbe nascere proprio dalle contraddizioni prodotte dal fallimento economico dell’Occidente.

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