Julieta

Il nuovo fim di Pedro Amodovar

JULIETA, di Almodòvar, con Emma Suàrez, Adriana Ugarte, Daniel Grao, Darìo Grandinetti, Inma Cuesta e Rossy De Palma. Nelle sale dal 26 maggio

di Irene Merli

Almodòvar è tornato, dopo due film a dir poco discutibili. Ed è tornato con un dramma duro, avvolto in un alone di mistero: non con un melodramma, il genere che gli è sempre stato più congeniale.

In Julieta ci sono tutte le sue cifre- il meraviglioso uso dei colori, la capacità unica di capire e filmare le donne, le improvvise, quasi incredibili svolte del destino, il flusso della narrazione, fluido come quello della vita.

Ma nulla è gridato, cantato, eccessivo. La storia è straziante ma sommessa, non ci farà piangere né ridere, non mischia i generi. Insomma, è come se Almodovar fosse cresciuto.

Ed è esattamente questo che lui ha detto all’ultimo festival di Cannes: ora si sente così, “contenuto”, come il film che ha fatto. E ha consigliato, se si vuole, di vedere Julieta una seconda volta: “Le persone non si conoscono, né si apprezza la loro compagniq al primo incontro. Con Julieta accade la stessa cosa”.

Chi scrive ha apprezzato l’ultima fatica del regista spagnolo già alla prima visione, ma chi lo vedrà capirà bene il senso di questo invito.

Ma veniamo alla storia. Che inizia con l’immagine in primo piano di un tessuto rosso, sotto il quale sentiamo un respiro, un cuore che batte. Il cuore è quello della protagonista, Julieta. La seconda immagine mostra una piccola scultura di un uomo nudo seduto, in terracotta. Julieta la sta avvolgendo con cura per poi riporla in una scatola di cartone.

Siamo nel 2016 e la donna (nelle parti dell’oggi interpretata da Emma Suàrez) sta partendo per il Portogallo con il suo compagno, Lorenzo Gentile, che dovrà stare là per un anno per scrivere un libro.

Al momento Julieta non sa nemmeno se vorrà mai tornare a Madrid. Ma poco dopo aver salutato Lorenzo, vicino a casa incontra una ragazza che non vedeva da tanto. Bea le rivela di aver incontrato per caso sua figlia una settimana prima ,sul lago di Como: Antìa le ha detto di avere tre figli e di sapere che la madre viveva ancora a Madrid.

All’improvviso per Julieta cambia tutto: il passato la investe come un treno (e non stiamo usando una parola a caso), decide di non partire più, abbandona Lorenzo senza dargli spiegazioni, lascia la casa in quattro e quattr’otto e torna nel quartiere doveva viveva con la figlia sino a 12 anni prima, nel centro di Madrid.

Lì affitta un appartamento nello stesso stabile di allora, spoglia e sporca: ha deciso di aspettare lì il ritorno della figlia, quello è il solo indirizzo che Antìa può conoscere. E mentre la aspetta inizia a scriverle, seduta a un tavolo che è l’unico pezzo di arredamento della casa, per raccontarle tutto ciò che non le aveva detto quando vivevano insieme. A partire dall’incontro con suo padre in treno, nel 1985, proprio la notte in cui Antìa fu concepita.

A questo punto anche noi torniamo indietro nel tempo, vediamo Julieta giovane (qui interpretata da Adriana Ugarte) prendere quel treno in una gran brutta notte, piena di vento e di neve. E poco a poco, nello svolgersi della storia che si sposta in una casa sul mare in Galizia, scopriamo le immense perdite che il destino ha riservato alla donna e i sensi di colpa che non si è accorta di aver trasmesso alla figlia.

Capiamo perché odia gli addii e anche perché nella prime scene la vediamo vivere in una casa dalle pareti bianche, senza oggetti né quadri, a parte il poster di una mostra di Lucien Freud.

Entriamo insomma nel cuore del film, che parla del destino, del senso di colpa e del mistero insondabile che a volte ci fa abbandonare le persone che amiamo, cancellandole come se non avessero mai contato nulla, come se non fossero addirittura esistite, senza realizzare l’enorme dolore che può causare una decisione del genere.

Julieta lascia Lorenzo senza una parola, sua figlia Antìa sparisce al compimento dei 18 anni, senza più darle nessuna notizia. Capita, nella vita, ma è inaccettabile e incomprensibile. Per questo l’ultimo film di Almodòvar un dramma con il sapore di un thriller: una persona ne cerca un’altra con la quale ha sempre vissuto, ma di cui non sa perché se ne sia andata.

E noi, una volta usciti dalla sala, ci rendiamo conto che nei 99 minuti del suo ultimo film Almodòvar ha messo in scena con rara sincerità e delicatezza la vita nuda e cruda, il suo scorrere tra amori vissuti e perduti, scherzi del destino, gioie ed affanni Non solo, Julieta è l’ennesima storia in cui il maggiore regista spagnolo riconosce e omaggia la forza indomabile delle donne.

Grazie, Pedro.