shirin bashur 8.

Frammenti di Kurdistan

di Linda Dorigo

Da Suleimania scendo verso i territori contesi di Qanaqin. La regione di Garmian porta già nel nome la ragione della sua asprezza: il caldo. Via via che ci si allontana dalle montagne il paesaggio diventa piatto e polveroso. Arrivo a Kalar madida di sudore.

Sull’uscio di casa c’è la moglie di Fathoulla, Srwa, che tutte le mattine mi sveglierà con un bacio prima di andare al lavoro. Accoccolati sul tappeto stendiamo la tovaglia di fiori e Srwa serve verdure stufate, riso e insalata di ceci. “Tutto merito mio – commenta il marito – le ho insegnato io a cucinare”. E lei conferma.

Il giorno dopo partiamo alla ricerca dei vecchi villaggi Anfal, abbandonati a forza durante la campagna di genocidio curdo condotta dalle truppe di Saddam Hussein tra il 1986 e il 1989. Le temperature si abbassano nel tardo pomeriggio, quando anche la luce si fa più morbida. Le ombre prendono vita e lo sguardo si apre all’orizzonte.

A bordo del pick up osservo in contro luce lo sguardo di Fathoulla smarrirsi tra i campi secchi dove una ragazzina guida il pascolo. Questa è la sua terra. Per questa ha combattuto e perso il tallone destro. Cammina zoppo, ma gli dispiace di più che a scuola non si insegni il valore della resistenza.

Milasura, Warani Saru, Warani Khwaru, Omar Mil sono alcuni nomi dei villaggi distrutti dall’esercito iracheno durante la campagna Al-Anfal. La leggenda narra che ad Hazar Kani Saddam ordinò allo Sheikh Hussein di mettersi in salvo. Lui però si rifiutò di abbandonare la sua gente. Oggi il villaggio è diventato un mausoleo sciita che alcune donne tengono pulito dalla polvere e dagli scorpioni. Una scala di roccia porta alle vasche esterne per le abluzioni dove rane e uomini scalzi cantano insieme.