Sud Sudan: si combatte a Juba

Non c’è pace dopo la divisione da Karthoum

di Raffaele Masto, tratto dal suo blog Buongiorno Africa

Gli scontri a Juba sono praticamente il segno che è saltato l’ultimo fragile tentativo di portare a compimento le trattative di pace e fermare la guerra in Sud Sudan.

Il cessate il fuoco del resto era già stato infranto in una serie di scontri nelle regioni più contese del paese, quelle petrolifere di Abyei, a Malakal a Bor. Il fatto che gli scontri siano arrivati fino alla capitale Juba è la dimostrazione che i due leader non sono in grado di arrivare ad un compromesso.

Qualche mese fa il capo dei ribelli Riek Machar aveva infine accettato le sollecitazioni dell’Onu per tornare a Juba. In cambio otteneva la sua vecchia carica di vice presidente e il permesso di insediarsi nella capitale con un forte contingente militare a lui fedelissimo.

Il suo rivale, il presidente Salva Kiir aveva accettato sotto le pressioni della comunità internazionale ma ben intenzionate a mantenere il suo rivale in una posizione subalterna. Ora tutto è saltato e il Sud Sudan – che proprio in questi giorni celebra l’indipendenza da Khartoum ottenuta nel 2011 con un referendum – è precipitato, anche formalmente, in un conflitto che non sembra avere soluzioni.

La guerra, scoppiata solo due anni dopo l’indipendenza, ha già prodotto centinaia di migliaia di profughi e sfollati interni, una situazione umanitaria drammatica. I combattimenti a Juba hanno fatto finora almeno trecento morti, principalmente militari, ma anche civili.

Dalla capitale è cominciato un flusso di civili in fuga che andrà ad ingrossare i campi profughi che le grandi agenzie umanitarie dell’Onu fanno già fatica a gestire.

Ad aggravare tutto c’è il fatto che Riek Machar e Salva Kiir – che sanno bene di non poter vincere completamente questa guerra – hanno acceso la miccia etnica. Il primo è un Nuer, il secondo un dinka, due importanti etnie del paese spesso in conflitto per la gestione dei campi e delle mandrie. La rivalità etnica adesso rischia di rendere inutile anche la politica nel tentativo di fermare il conflitto.

Infine a tenere accesa la guerra c’è il fatto che il Sud Sudan è praticamente una bolla di petrolio in mezzo all’Afrioca che ha bisogno di oleodotti e terminali per essere commercializzato. Ad attendere un vincitore ci sono le grandi compagnie petrolifere del mondo.

Ultima questione cruciale, quella dell’acqua. Il Sud Sudan è solcato dal grande fiume Nilo per le cui acque è scoppiato un conflitto tra Etiopia ed Egitto. Quest’ultimo paese ha sempre utilizzato quasi interamente la portata del fiume.

Ora però paesi come l’Etiopia vogliono un altro accordo. La posizione del Sud Sudan in questo scontro è cruciale e l’acqua del Nilo sempre più determinante per gli equilibri regionali.

In tutto questo due leader incapaci di arrivare ad un accordo per i quali il potere o è totale o non è.