di Linda Dorigo
Un’antica tradizione sostiene che la comunità ebraica curda discenda dalle Dieci Tribù Perdute del regno di Israele. Le comunità vivevano isolate sulle montagne, ma dopo la fondazione dello stato di Israele gran parte degli ebrei ha abbandonato il paese.
Nel villaggio di Amedy si sentono ancora storie nostalgiche di amanti separati e case abbandonate. “Negli anni ’50, sotto la pressione degli inglesi, gli ebrei hanno lasciato il Kurdistan e sono partiti sui treni alla volta della terra promessa. Noi li salutavamo dalla stazione, e negli occhi avevamo tante lacrime per la perdita dei nostri fratelli”.
L’antica ferrovia che portava gli ebrei da Baghdad a Bassora e da lì, in nave, verso la Palestina, ha mantenuto il ricordo della sacralità che ammanta popoli e religioni dell’antica Mesopotamia. Nuvole d’incenso e minareti alti fino al cielo.
Il respiro fraterno si propaga sulla valle che conduce al villaggio di Kane. Suonano le campane. Un vecchio torna dal lavoro nei campi. Ha la zappa sulle spalle come un contadino di Van Gogh. Nel 1976 Saddam ha dichiarato una zona di sicurezza compresa tra i cinque e i trenta chilometri dal confine con l’Iran e la Turchia.
“Anche a Kane – spiega Mansur – i proprietari, soprattutto cristiani, sono stati espropriati. Negli anni ‘90 hanno fatto appello al Papa affinché potesse intercedere per la restituzione delle loro terre e ci sono riusciti”.
Mansur non possiede nulla tranne che la sua fama di jash, di collaborazionista del regime Ba‘ath. Sprezzato da molti e ringraziato da altri per non essere stati venduti al nemico, Mansur mi sorprende raccogliere gelsi.
Mi invita nel suo giardino dove condividiamo il tavolo con galline, tacchini e uccelli di vario tipo. La figlia è sorda ma nessuno si preoccupa di renderla partecipe dei nostri discorsi. La loro casa sarà abbattuta nelle prossime settimane, così si trasferiranno in una nuova, lontana però dai vicini musulmani a cui sono molto affezionati.