Pre-politica / 1 Verso l’infinito e oltre

Per progredire nel rapporto di forze fra politica e cittadinanza serve un momento di futuro che, paradossalmente, viene prima e sta nel prefisso pre-

di Angelo Miotto
@angelomiotto

Il gioco è rotto e lo iato si allarga. Lo dicono, più della chiacchiera da bar, i dati dell’affluenza alle urne, dove per una democrazia matura pare inevitabile che la partecipazione si abbassi e di molto.

Il disinteresse per la politica non è solo un gesto di protesta, ma una condizione di comodità e disinteresse frutto dell’impoverimento culturale della società. Lo chiamiamo ‘protesta’, ma il termine non è esatto o perlomeno è una conseguenza di un altro termine. Se l’etimologia di protestare dice chiaramente che è un’attività del dichiarare pubblicamente, allora prima ci troviamo di fronte a un disertare, che significa spopolare, fare un deserto. Non esserci. Una parte non c’è, quindi sceglie di non essere rappresentata.

La morte conclamata e ribadita, dall’ideologia imperante, delle ideologie del Novecento, additate come la peste e il colera, non ha lasciato il posto a un nuovo pensiero forte, ma all’unica ideologia che non si vergogna di essere tale, travestendosi semanticamente: quella del capitalismo sfrenato e del consumare.

Tentativi di contrasto, e interessanti anche, sono venuti nell’Uomo nuovo predicato alle latitudini brasiliane e nel cerchio delle democrazie di stampo progressista in Latinoamerica che hanno cercato di includere alcune pratiche di un’antica saggezza poco ascoltata e spesso perseguitata: quella del buen vivir.

E così, mentre il discorso ipnotizzante del cattivo giornalismo e delle destre più rancide va a stimolare i bassi istinti di mezzo mondo contro l’altra metà che scappa dalle guerre spesso provocate dalla metà precedente, in campo progressista non si riesce più a cogliere quale sia l’elemento unificatore per una coesione di classe e di valori comuni. Il lavoro, fattore potente di accumulazione di energie contro e pro, è stato disintegrato e parcellizzato, atomizzato. La nostra stessa cultura si sta trasformando sempre di più e più naturalmente insieme a quelli che sono gli strumenti della tecnologia, della connessione, delle volontà di farci sentire comunità in luoghi separati e interconnessi, ma fisicamente disabituati a costruire vere reti di rapporto durevole interpersonale, quello che è stato lo snaturamento della parola ‘amici’ sul social dal pollice in su.

Allora cosa fare?

Questa è la vera domanda che accompagna l’analisi di una catastrofe non solo italiana, dove troppo spesso la dirigenza e le teste d’uovo sono di livello inferiore a quelle che sono non le aspettative, ma le necessità per far fronte a una convivenza comune. E nello stesso tempo la liquidità della nostra contemporaneità non ci permette di coagulare in significative azioni di periodo la forza di movimenti che hanno natura carsica.

Cosa fare di fronte ai tentativi maldestri della sinistra di salotto o di circuiti iper-scissi in nome di vecchie e inaridite appartenenze, per cercare di trovare quella nuova parola che possa illuminare un nuovo secolo. Socialismo, comunismo. Comunque la si pensi furono parole per cui uomini e donne sacrificarono vita, energie, sforzi, battaglie, conquista di diritti, conquiste civili. E però il ritrovarsi tutti insieme sotto un’unica bandiera non è più cosa dei nostri giorni e grandi operazioni come Podemos in Spagna rivendica valori di sinistra rifiutando un approccio, a parole e nella comunicazione, che possa creare divisioni, calcando la mano sui bisogni e le politiche necessarie per la cittadinanza, evitando classificazioni classiche.

Il primo Kratos sulla politica e la cittadinanza individua quindi questa prima esigenza; arrivare a una parola, o un ristretto gruppo di parole, che sia non una ideologia, ma una strada in cui riconoscere e riconoscersi rispetto a valori che abbiamo ereditato e che sono stati conquistati, oggi sottratti spesso per legge, senza che vi siano reazioni sociali capaci di riaprire una conflittualità fisiologica nella spinta dei vettori che creano il momento di forza.
Questo è il cammino del pre-, questo il viaggio verso l’infinito e oltre; trovare la nuova rotta, le nuove coordinate, per iniziare a camminare, a muoversi di nuovo, insieme.