Pre-politica / 3 Una casa comune, gli strumenti

Il terzo gradino da affrontare in una ricostruzione di senso per una strada comune che torni a diffondere entusiasmo e ravvicini la politica alla nuova cittadinanza, è un mezzo di informazione

di Angelo Miotto
@angelomiotto

Su questo c’è poco da dire e molto si è scritto: informare, bene, contrastare le fonti cercare e svelare, garantire qualità e pressione sul potere, offrire diverse finestre interpretative di un fatto sono tutti elementi che garantiscono di essere sulla buona via della consapevolezza. Ed essere consapevoli è condizione necessaria per avere un pensiero critico, quindi esprimere dei giudizi. Ma un mezzo di informazione è anche o può essere una casa comune, un luogo di riconoscibilità fra simili, un archivio, una fucina, una punta di lancia.

I giornali di partito, radio e tv, hanno svolto per decenni quella funzione, oggi ci rimangono solo squallide rappresentazioni del tempo che fu. Eppure il giornale ortodosso era segnato da tutti quei limiti che oggi saremmo in grado di eliminare per la contemporaneità che viviamo, per lo sviluppo della tecnologia stessa, per l’accorciarsi delle fonti al mezzo, senza altre intermediazioni una volta utili e necessarie.

Una comunità non ha bisogno di un vangelo, ma di uno strumento e di una condivisione valoriale scheletrica.

Una comunità ha bisogno di potersi fidare di quello che sa, che legge e discute.
Una discussione pre-politica che cerchi di riagganciare i vagoni ormai il libertà del treno della nuova convivenza, deve passare attraverso uno sforzo comune, che è nella pluralità di fonti e punti di vista, ma con un posto in cui ci si senta a casa: non sempre in accordo, a volte discutendo, ma a casa.

Una casa comune è utile perché la pre-politica è per forza di cose fragile e succube di meccanismi che solo la politica ignorante e di palazzo può manovrare sul terreno dei mass media, dell’informazione delle masse, quelle stesse masse di cui si è detto proprio in questa serie di riflessioni.

Un giornale, una radio, un web site, un mezzo di informazione che sappia stare fra la gente e dentro gli umori della gente, ma con la sapienza di portare gli occhi alle situazioni internazionali e a precise campagne di coinvolgimento su temi valoriali e di rapporto fra il pubblico e il privato, fra il lavoro e l’individuo, fra le libertà e la sicurezza, vale a dire sui temi che incrinano il rapporto con la nuova cittadinanza, che incrinano le nostre coscienze, che ci vedono solo come ricettori obbligati di toni esasperati, spettacolarizzazione estrema, ricerca orgasmatica dello stupire, parole che gridano sempre, voci che gridano, immagini che gridano e alla fine un rumore che è solo stordire, senza dire nulla. Il nulla.

Lo strumento informativo vive grazie alla comunità, senza quindi intrattenere rapporti di natura finanziaria né con centri di potere o banche per evitare i lacci non del condizionamento, ma addirittura, ed è peggio, dell’autocensura.

Podemos, lo cito per fare un esempio, paga le sue campagne elettorali invogliando i cittadini a donare anche con forme di micro-credito, in maniera da non dover passare dalle banche. Quello stesso micro-credito di cui abbiamo scritto per Paesi una volta meno sviluppati, dimenticando che avrebbe potuto essere soluzione anche nei famosi ‘industrializzati’, laddove le differenze ormai si sono frantumate.

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