Il clan

Il CLAN. Di Pablo Trapero, con Guillermo Francella, Peter Lanzani, Lili Popovich , Gaston Cocchiarale, Giselle Motta, Franco Msini, Stefania Koessl, Antonia Bengoechea. Leone d’argento per la regia a Venezia 2015. Nelle sale.

di Irene Merli

Questo è un film sulla banalità del male. Su quello che può fare un uomo qualunque, una famiglia qualunque per avidità. E soprattutto è una storia vera: di inventato, ne Il Clan, ci sono solo alcuni dialoghi tra i protagonisti.

Argentina, 1982. Il regime militare sta crollando e di lì a poco inizierà la delicatissima fase di transizione verso la democrazia. I Puccio sono una tranquilla famiglia che vive nel nel paesino di San Isidro. Padre, madre e cinque figli campano grazie a un negozio di articoli sportivi gestito dal primogenito Alejandro, una star del rugby che gioca nel mitico team argentino Los Pumas.

Nella loro casa si prega prima di cenare, si va a messa, la madre è un’insegnante sempre in cucina a preparare leccornie, i ragazzi sono belli ed educati, il padre ha l’aria di un patriarca affettuoso, attento e rispettato. Se non fosse per i suoi gelidi occhi, Arquimedes Puccio ingannerebbe anche noi.

Perché in realtà questa vita specchiata è solo apparenza. ll clan Puccio, lo scopriremo presto, si guadagna da vivere con agiatezza in tutt’altro modo modo: con i sequestri di persona. I prigionieri vengono segregati in casa, in cantina o in un bagno dietro un armadio, e i riscatti sono richiesti in dollari, a nome di un fittizio gruppo armato rivoluzionario.

Il capo dell’organizzazione è Arquimedes, ex collaboratore dei servizi segreti e determinato a rimanere a galla dopo la perdita del “lavoro” con i militari. Ma Alejandro lo aiuta, adescando i giovani rampolli dell’alta società, e la madre e le figlie fingono di non sentire nulla delle atrocità commesse dentro casa mentre vanno su e giù per le scale, studiano, litigano, guardano la televisione.

I crimini dei Puccio per un bel po’ vanno avanti inosservati nella loro costante ferocia programmatica. Poi Arquimedes si farà imprudente e finirà col rapire la persona sbagliata, quella che gli farà perdere le alte protezioni. E da qui in avanti inizieranno una serie di colpi di scena da tuffo al cuore, assolutamente da non rivelare.

Il Clan è un film potente sull’orrore quotidiano compiuto in tutta serenità per il bene della famiglia. I mostruosi Puccio sembrano assolutamente normali, al di fuori della loro amorale routine, e quel che è peggio così si considerano. Mentre la mamma si informa affettuosamente sui figli e il papà dà il bacio della buonanotte, si sentono le grida soffocate dei prigionieri senza che nessuno batta ciglia. Un’autentica catena di montaggio del massacro, a puro scopo di lucro, in una società che tra il 1982 e il 1985 era ancora totalmente allo sbando.

Il racconto di Trapero, frammentato e non cronologico, si è avvalso di molte ricerche: documenti processuali, fotografie del clan, lettere tra il patriarca e Alejandro, testimonianze delle vittime, di giudici e avvocati, di gente che era stata a casa Puccio mentre avevano qualcuno sequestrato.

Il Clan, infatti, è un film che cerca la verità e per la prima volta parla della transizione, non del prima, il dopo o il durante della guerra sucia. Non solo. Il regista ha girato questa storia nerissima come se noi potessimo guardare dentro la casa del crimine: siamo lì, tra quelle mura, o in macchina, vicino a loro.

Il protagonista, il leggendario attore argentino Guillermo Francella, ha dichiarato di aver vissuto il periodo dei Puccio e di aver abitato nella loro stessa zona, camminando decine di volte davanti a quella porta senza mai sapere cosa succedesse lì dentro.

Francella, per interpretare il suo amorale personaggio, ha imparato a non sbattere mai le palpebre durante le conversazioni, ad assumere lo sguardo glaciale, intimidatorio del vero Archimedes, e il modo rilassato, educato, socievole che aveva nella vita di tutti i giorni. l’uomo che aiutava le figlie a fare i compiti non cambiava molto dal manipolatore che le coinvolgeva negli atroci sequestri.

Last but non least, una colonna sonora di canzoni rock dell’epoca che gioca un ruolo chiave, facendo da contrappunto all’azione in scena. E anche in questo Il Clan è realistico, calato nella società inizio anni ’80: nella media borghesia argentina era di moda ascoltare musica in inglese e non in spagnolo, fino alla guerra delle Falkland. Poi ragioni patriottiche convinsero il regime a vietare il sound del nemico.