Usura, Emilia Romagna: l’intreccio tra crisi e criminalità

E’ di pochi giorni fa la pubblicazione dell’ultimo rapporto Italia di Eurispes, che dal 1989 racconta la situazione economica, politica e sociale del Paese.

da Bologna,
Sofia Nardacchione

Tra i fenomeni che più colpiscono vi è quello sull’usura, un business da almeno 82 miliardi di euro l’anno, come si legge nel rapporto: “37,25 miliardi di euro nel 2015 il capitale prestato ad usura a famiglie e imprese che sommato ad almeno 44,7 miliardi di capitale restituito come interesse arriva ad un business totale annuo di quasi 82 miliardi di euro”[1].

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L’usura – il prestito, cioè, a tassi di interesse elevati considerati illegali – va a colpire i singoli, le aziende, le imprese in un periodo di crisi e di difficoltà economica come quello iniziato nel 2008. Va a colpire un territorio e la sua economia “sporcandola” silenziosamente: i profitti sono alti, i rischi molto bassi. E lo dimostrano anche le poche denunce su questo fenomeno.

 

“Il combinato disposto tra crisi economica, difficoltà delle imprese, aumento della disoccupazione, restrizioni dell’accesso al credito bancario ha facilitato la nascita di forme di prestito “informale” e di lavoro in nero. Chi concede il prestito a tassi d’usura conta di rivalersi, in caso di mancato pagamento, sul patrimonio del debitore, che accetta il prestito anche a tali condizioni, sperando di poterlo comunque restituire”.

L’usura, che va a formare un “mercato illegale del credito”, è uno strumento più antico rispetto a una vera e propria infiltrazione nel sistema finanziario, ma permette di legarsi maggiormente al territorio in cui opera l’organizzazione criminale e ha il vantaggio di una molto minore visibilità sociale. E, nonostante sia quindi un fenomeno meno avanzato, permette comunque il riciclaggio di denaro, il rilevamento di imprese o il reinvestimento di capitali in modo apparentemente legale, anche tramite metodi coercitivi e violenti e quindi più difficili da denunciare. La maggior parte dei casi continua così a rimanere sommersa non permettendo una reale valutazione dell’entità del fenomeno, soprattutto nelle zone dove sono maggiormente radicate organizzazioni criminali di stampo mafioso.

 

La provincia che risulta essere più esposta al fenomeno è Parma.
Secondo il rapporto, “tale risultanza può dipendere sia dall’eccezionalità di accadimenti specifici sia, in termini generali, dal perdurare dello stato di sofferenza del tessuto produttivo e sociale locale, a partire dall’inizio della crisi nel 2008”.

L’indice tiene però in considerazione anche il numero di denunce fatte, molto elevate nella provincia emiliana.

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Tra le imprese, le più colpite sono quelle medio-piccole e tra queste, in particolare, quelle operanti nei settori che, per motivi legati alla congiuntura economica o all’evoluzione strutturale dell’intero sistema economico, sono in crisi e più facilmente si trovano in condizioni di difficoltà nel reperire finanziamenti.
La situazione delle piccole imprese è particolarmente pesante in una regione come l’Emilia Romagna ricca di queste realtà. A Parma, in particolare, sono presenti diverse piccole imprese alimentari e manifatturiere.

 

Il rapporto ci dà anche altri dati, certamente non rassicuranti: il numero dei commercianti coinvolti nel fenomeno dell’usura è di 200mila, le posizioni debitorie sono 600mila di cui 180mila contratte con associazioni per delinquere di stampo mafioso finalizzate all’usura. Il giro di affari totale è di 20 miliardi di euro.

E’ anche tramite l’usura, quindi, che le organizzazioni mafiose stabiliscono il proprio predominio sul territorio, infiltrandosi ed infettando l’economia legale.

Nella relazione della Direzione nazionale antimafia[2] del 2013 si legge che “l’appropriazione dei beni della vittima insolvente da parte dell’usuraio si inserisce in una dinamica più ampia che vede l’organizzazione mafiosa arricchirsi e penetrare l’economia legale attraverso una appropriazione non più legata al singolo usuraio, ma rientrante nelle strategie economiche dell’intera organizzazione mafiosa o di tipo mafioso”.

Nel 2013 in Emilia Romagna i fatti reato relativi all’usura erano 50, rispetto ai 318 totali dell’Italia[3]. I dati dimostrano come negli ultimi anni i clan abbiano utilizzato proprio l’usura per radicarsi nella nostra regione in modo silenzioso ma efficace.

E, anche in Emilia Romagna, sono emersi casi di usurai del settore pubblico: professionisti che offrono piccoli prestiti richiedendo poi interessi altissimi.

Uno dei casi raccontati nel dossier riguarda proprio Correggio, in provincia di Reggio Emilia:

“Cambia la regione, ma non il luogo né la modalità della condotta criminale. Ancora un ospedale, ancora uno strozzino in camice verde. Questa volta la storia si svolge a Correggio, in provincia di Reggio Emilia e ha per protagoniste tre infermiere, una delle quali svolge il compito di intermediaria e procacciatrice di “clienti”. Questo è quanto accertato dai magistrati che l’hanno condannata a tre anni di reclusione, uno in meno rispetto alla collega usuraia. La vittima, una 45enne di origini calabresi, nel maggio del 2011 ottiene un primo prestito da 5mila euro a un tasso di interesse del 70% annuo. In cambio, infatti, consegna 24 cambiali in bianco da 500 euro l’una, per un valore complessivo di 12mila euro. Il secondo prestito di 2.500 euro, lo ottiene nella primavera del 2012 a un tasso addirittura superiore: del 154%. In cambio la donna consegna 7mila euro in cambiali. Il debito però aumenta a ogni scadenza evasa, l’impiegata-strozzino passa alle minacce, che si fanno sempre più pressanti, finché la vittima, esasperata, dopo aver già sborsato 15mila euro, non regge più la situazione e decide di denunciare tutto alla Guardia di Finanza”.

Tante, per fortuna, sono le associazioni che si sono interessate al fenomeno, offrendo un supporto tecnico gratuito ai diversi soggetti in difficoltà economico/finanziaria. Tra queste lo Sportello Sos Giustizia promosso da Libera[4], con diverse sedi in tutta Italia, che offre sostegno e aiuto a vittime o possibili vittime di usura e alle vittime del racket e delle estorsioni.

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Un fenomeno, quello dell’estorsione, che non può quindi essere sottovalutato, al Nord come al Sud, nonostante sia un reato generalmente sottostimato a causa dello scarso numero di denunce rispetto alla reale consistenza del fenomeno.

Come mette in evidenza la relazione, ne consegue che tutte le attività, le misure e gli interventi, sia istituzionali che dell’associazionismo locale, sono in grado, laddove incontrino la fiducia dei denuncianti, di incrementare il numero delle denunce stesse.

Sicuramente il primo importante passo per il contrasto dell’usura è il riconoscimento della presenza del fenomeno. E se già difficile è la presa di coscienza del radicamento mafioso in regioni che non siano quelle di origine delle mafie, ancora più difficile è quella dell’infiltrazione delle mafie nell’economia legale, anche tramite l’usura. Fondamentale è quindi non solo il lavoro delle associazioni antiusura, ma più in generale quello delle associazioni, delle istituzioni, della politica, nel riconoscimento della presenza del fenomeno e dell’importanza della denuncia e dell’attenzione da parte di tutta la cittadinanza.

 

[1] http://www.eurispes.eu/content/eurispes-usura-quando-il-credito-%C3%A8-%E2%80%9Cnero%E2%80%9D

[2] http://direzioneinvestigativaantimafia.interno.gov.it/page/relazioni_semestrali.html

[3] Dati da http://www.liberainformazione.org/wp-content/uploads/2012/12/mosaico_di_mafie_e_antimafia_2015.pdf

[4] http://www.libera.it/flex/cm/pages/ServeBLOB.php/L/IT/IDPagina/4061