Mapping Hebron’s Apartheid

L’occupazione denunciata attraverso la mappatura degli spazi urbani

di Marianna Castellari

Al-Khalil, considerata la città santa dei Patriarchi e conosciuta a livello internazionale con il nome di Hebron, è l’unica città palestinese avente delle colonie israeliane insediate all’interno del centro storico.

Hebron è diventata un esempio tangibile di quali siano le diverse forme in cui l’occupazione si concretizza, trasformando e soffocando il territorio e la popolazione palestinese.

Per garantire un’informazione oggettiva riguardo le gravi politiche di segregazione e separazione che rendono possibile l’occupazione israeliana, è necessario considerare lo studio della città e delle sue trasformazioni come strumento di analisi.

La mappatura diviene così un mezzo di denuncia, che permette di monitorare e di illustrare il piano di colonizzazione e prevederne la sua espansione

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La città è divisa in due aree d’influenza definite dal protocollo di Hebron del 1997: l’area H1, gestita dall’autorità palestinese e l’area H2 sotto il controllo militare israeliano. All’interno di quest’ultima, un macchinoso sistema di frammentazione del tessuto urbano garantisce alla potenza occupante un facile controllo del suolo e delle persone.

Differenti livelli si accostano e si sovrappongono per rendere funzionante questo meccanismo, causando una difficile lettura della città e generando un sentimento di disorientamento spaziale.

Le architetture e le infrastrutture dell’occupazione sono i principali elementi utilizzati per produrre discontinuità: i checkpoint, i muri, le grate metalliche, le barriere e le strutture di controllo deviano i percorsi e bloccano gli accessi, ma al tempo stesso sono anche gli unici collegamenti tra l’area H1 e l’area H2 della città.

L’esercito israeliano ha un compito ben preciso ad Hebron, ossia “proteggere” i coloni, e sorvegliare il territorio occupato. Per raggiungere questo obiettivo si serve di una politica di sterilizzazione urbana: una strada cerniera è stata pianificata per mettere in comunicazione diretta i diversi insediamenti israeliani, facilitando il movimento dei coloni ed escludendo il transito dei palestinesi.

Questa strategia di occupazione si basa su una precisa e invasiva trasformazione del paesaggio e della conformazione della città, causando il graduale allontanamento della popolazione araba locale tramite un processo di ‘ebraicizzazione’ dell’area. La maggior parte dei vicoli che un tempo si diramavano nel centro storico ora sono bloccati da grate metalliche o muri di cemento, come un lungo tratto della strada Al-Shuhada, un tempo il luogo più vitale, commercialmente e socialmente attivo di tutta la città.

Per i coloni e per i soldati quest’area militarmente occupata non è altro che un’appendice dello stato di Israele, circondata dalla città palestinese di Al-Khalil. I checkpoint rappresentano le frontiere, i muri e le grate metalliche ne sono i confini, i coloni si riconoscono come cittadini e i palestinesi, al contrario, vengono considerati gli stranieri.

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cattura

L’area H2 non ha più le forme e lo spirito di un centro abitato, si presenta come un’area militare asettica e altamente controllata.

Dalla volontà di illustrare la complessità della città occupata nasce il progetto Mapping Hebron’s Apartheid, realizzato in collaborazione con il Politecnico di Hebron e l’associazione locale Youth Against Settlements e pubblicato on-line il 21 febbraio 2016.

La piattaforma comprende una mappa interattiva dell’area occupata della città. Essa mostra il rilievo completo di tutti gli elementi architettonici e infrastrutturali utilizzati dai militari israeliani per sterilizzare il territorio su cui sorgono le colonie e che permettono la supervisione del centro storico. Un glossario grafico aiuta a spiegare la terminologia e a descrivere gli elementi mappati, mentre una linea del tempo e le introduzioni scritte forniscono le informazioni storiche principali.

Per garantire un’approfondita descrizione, la mappa è arricchita da documenti, scaricabili in formato pdf, in cui viste tridimensionali e infografiche illustrano nel dettaglio gli insediamenti israeliani e alcuni dei luoghi più significativi dell’area occupata.

All’interno di queste immagini sono state inserite ed evidenziate tutte le architetture, infrastrutture e apparecchiature che rendono possibile l’attuazione delle politiche di controllo e frammentazione del tessuto urbano.

Per offrire un quadro esaustivo, sono state pubblicate diverse testimonianze di famiglie palestinesi che abitano all’interno della zona H2. Le schede di approfondimento, infine, descrivono alcuni luoghi ed edifici della città vecchia come erano in passato, prima di essere trasformati dalla brutalità e freddezza delle strutture militari.

Parte integrante della strategia di occupazione israeliana si fonda infatti sulla distorsione e manomissione della memoria storica palestinese e l’unico modo per contrastarla consiste nel garantire una dettagliata documentazione della storia della città, anche a livello toponomastico.

Mapping Hebron’s Apartheid è un accessibile database di informazioni e costituisce uno strumento di analisi e comprensione, rappresentando così un attendibile documento di denuncia della politica di occupazione israeliana in Cisgiordania e degli effetti devastanti che essa provoca sulle città e ancora più gravemente sulla popolazione palestinese.