Io, Daniel Blake

Arriva nei cinema il nuovo film di Ken Loach

Io, Daniel Blake, di Ken Loach. Con Dave Johns, Hayley Squires, Natalie -Ann Jamieson, Micky Mc Gregor, Colin Coombs, Bryn Jones, Mick Laffey, Dylan McKiernan, John Sumner, Briana Shann. Palma d’oro al Festival di Cannes 2016. Nelle sale da oggi

di Irene Merli

Newcastle. Daniel Blake è un vedovo sulla soglia dei 60. Formidabile carpentiere, ha lavorato duro tutta la vita e ha sempre pagato le tasse. Ora, per la prima volta, ha bisogno dell’assistenza dello Stato.

È reduce da un brutto infarto e non può’ più tornare in officina, a certificarlo e richiederlo sono i medici che lo seguono. Daniel deve quindi richiedere il riconoscimento dell’invalidità ed è da qui che entra negli ingranaggi dell’iniquo, disumano, sistema previdenziale britannico. E noi con lui, come se fossimo al suo fianco.

Un operatore sanitario, che l’ha esaminato per telefono, gli ha infatti respinto la richiesta, assegnandogli solo 12 dei 15 punti necessari. In attesa di un ricorso che potrà essere fissato dopo l’arrivo di una chiamata da una “persona con poteri decisionali”, dopo ore di attesa a un call center che non risponde mai, Daniel capisce che mentre aspetta l’insondabile l’unico modo per avere un introito è ricorrere al sussidio di disoccupazione.

Per ottenerlo, però, deve affrontare un ostacolo insormontabile: le sue pratiche, ogni dannata pratica previdenziale britannica deve essere compilata e inoltrata online. Ma lui nella sua vita e sul lavoro più che penne, matite e scalpello non ha usato, a casa non ha neppure un computer, giusto un cordless…

Gli impiegati degli uffici del cosiddetto stato sociale? Per quanto li preghi, non hanno tempo né voglia di aiutarlo. Ma non è finita qui. Una volta risolto il problema informatico, dopo decine di tentativi andati a vuoto, per mantenere il sussidio Daniel deve provare di aver cercato lavoro per un certo numero di ore settimanale e frequentare un corso per imparare a scrivere un curriculum, pena sanzioni economiche crescenti sono alla sospensione del sussidio.

Immaginate che cosa succede quando il povero carpentiere torna dall’inflessibile impiegata con il suo CV scritto a matita e nessuna prova dei colloqui di lavoro, se non i suoi racconti! Un lavoro, peraltro, che anche trovato non potrebbe accettare, perché i medici glielo vietano.

Un inferno, quello di Daniel. Un incubo fatto di umiliazioni a ogni passo in cui finiscono quotidianamente migliaia di persone, nel Paese che aveva inventato il welfare.

Per fortuna Daniel è un un uomo forte ed attento, che pur essendo nei guai fino al collo non si piange addosso. Nel corso della sua allucinante vicenda burocratica incontra una madre single con due bambini, che è appena arrivata in città.

Daisy è senza lavoro, a Londra viveva in un ostello, in una sola camera con i bambini: quando è riuscita a tirare i bambini fuori di lì l’alloggio sociale le è stato assegnato a Newcastle, prendere o lasciare. Non solo. La giovane donna ha perso il sussidio per 3 mesi perché, disorientata dalle nuove vie, è arrivata in ritardo all’appuntamento con l’assistente sociale.

Daniel la nota subito e la difende a costo di farsi buttare fuori dall’ufficio della previdenza sociale. Tra loro nasce così una tenera, profonda amicizia, fatta di piccoli gesti quotidiani di solidarietà, di confidenze sul bello e il brutto delle loro vite, di corse l’uno dall’altro nei momenti di bisogno, in questo viaggio sulla soglia dell’abisso che si trovano a compiere insieme.

La perdita o l’impossibilità del lavoro non è una delle peggiori umiliazioni che possano capitare? Proprio attraverso il loro legame, del tutto credibile come ogni scena di Io, Daniel Blake, Ken Loach ci trasmette una delle lezioni più importanti di tutto il film: per quanto cerchino di dirvi che siete solo numeri, vittime di un sistema costruito per convincervi a rinunciare ai vostri diritti, voi, noi, tutti non siamo affatto numeri, ma persone, irripetibili individualità.

E le persone vere si aiutano fra loro, come accade sullo schermo a Dave e Daisy.

Il vecchio leone che aveva dichiarato di non voler più fare film non ce l’ha fatta. Per nostra fortuna non riesce a smettere di indignarsi. E allora, con rigore, rara sensibilità e molta documentazione sul campo, ci ha regalato un’altra memorabile opera sugli ultimi.

Quelli di cui nessuno parla, insospettabili buoni cittadini che hanno fatto il loro dovere per tutta la vita e alla fine si trovano schiacciati da un sistema burocratico kafkiano, in cui l’ importante è’ rispettare le regole dettate da chi di sussidi, peraltro, non ha certo bisogno.

I, Daniel Blake ci commuove profondamente e ci indigna senza ricorrere a nessun artifizio. Basta guardare la realtà scorrere sullo schermo, perchè il grande regista britannico non si limita a descriverla. Come in tanti altri suoi film, Loach partecipa al dolore e alle umiliazioni dei suoi personaggi, è lì con loro a gridare quanto è ingiusto quello che subiscono. E la differenza si sente.
Piovono ancora pietre, Mr Loach, e non solo sulla classe operaia…