Westworld

A distanza di circa 43 anni dall’uscita nelle sale, Jonathan Nolan, Lisa Joy e J.J. Abrams scelgono Il mondo dei robot di Michael Crichton per dar vita a una nuova serie tv.

di Alessandro Petri

“Viva lo ’mperadore, graz[i’] a Deo!”, urlavano i signorotti nella Sicilia di Federico II, quando venivano sorpresi a stuprare la moglie di qualche malcapitato delle classi sociali più basse.

Così i nobili, i borghesi, i padroni avevano libertà di imporre la propria perversa violenza senza persecuzioni legali: urlando la propria fede verso l’imperatore e pagando una tassa (all’imperatore e non alla vittima, come sottolineava Dario Fo).

A Westworld succede un po’ la stessa cosa. I clienti che se lo possono permettere comprano un biglietto per un grande parco a tema ambientato nel far west e sono liberi di violentare, uccidere e torturare gli androidi che lo abitano senza la minima conseguenza.

A distanza di circa 43 anni dall’uscita nelle sale, Jonathan Nolan, Lisa Joy e J.J. Abrams scelgono Il mondo dei robot di Michael Crichton per dar vita a una nuova serie tv chiamata, per l’appunto, Westworld, che in italiano ha un sottotitolo maggiormente esplicativo: Westworld – Dove tutto è concesso.

Futuro non meglio precisato. Laboratori cupi, corridoi illuminati da fredde luci al neon percorsi da scienziati con camici bianchi. Un tipico deserto americano, perennemente luminoso, popolato da cowboy meccanici.

Westworld è un non luogo. È un immenso gioco di ruolo dal vivo. Ci sono gli androidi progettati dal master e ci sono i giocatori. Gli androidi vivono nel parco, i giocatori vengono da fuori e sono chiamati “ospiti”. Nei laboratori il master crea le storie, nel parco a tema in stile John Wayne i giocatori indossano costumi dell’epoca e conducono la loro partita. Lo scopo non è finire il gioco, lo scopo è giocare.

Ogni giorno gli abitanti del parco interpretano dei ruoli, sostengono svariati filoni narrativi, raccontano storie in cui gli “ospiti” possono immergersi e fare davvero tutto quello che vogliono. O quasi.
Ogni giorno sorge il sole ed è di nuovo il “Giorno della marmotta”.
Ogni giorno i replicanti recitano a soggetto quello che è stato deciso dagli autori di questo Truman Show.

Alla fine di ogni giorno la memoria dei replicanti viene resettata, i frammenti di quanto hanno vissuto vengono ridotti in piccoli pezzettini, alcuni vengono espulsi dall’hard disk, altri sparsi casualmente nei loro “sogni” cibernetici.

Una di loro (Evan Rachel Wood) una mattina si sveglia e comincia a ricordare. Ricorda gli abusi subiti, le morti di chi le sta intorno, il viso di suo padre, che cambia periodicamente a seconda delle esigenze di copione. In poco tempo anche altri robot mettono insieme gli elementi “contenuti nel cestino”, alcuni “crashano”, altri agiscono improvvisando nuovi comportamenti.

Si tratta di un virus? C’è lo zampino di un programmatore dietro questo “malfunzionamento”? O è l’inizio di una nuova era, il sacro Graal di tutti i nerd: l’avvento di una coscienza artificiale?

Mentre questi androidi sintetici si trasformano lentamente nei replicanti di Ridley Scott, il dottor Ford, il fondatore del parco interpretato da Anthony Hopkins, sta lavorando per dare alla luce una nuova esperienza, una nuova offerta per i clienti.

“… Non cercano una storia che dica loro chi sono. Sanno già chi sono. Sono qui per sapere chi potrebbero essere”. Dottor Ford

Tra coloro che pagano 40.000 dollari al giorno per bere, fumare e partecipare a orge con prostitute meccaniche, c’è anche un ospite (Ed Harris) che ha deciso di abbandonare il mondo reale 30 anni prima e diventare uno spietato assassino, alla ricerca del livello nascosto del gioco.

Le aspettative per questa serie erano e sono altissime. Visivamente è molto ben costruita. La trama, nonostante sia supportata da dialoghi ben scritti e dal sapore filosofico, non sembra particolarmente originale. Il montaggio, lento, a tratti aiuta l’assorbimento di alcuni concetti, a tratti… annoia. I vari trailer hanno ingolosito i voraci divoratori seriali che, forse, si aspettavano qualche fuoco d’artificio in più. Fuoco d’artificio che potrebbe arrivare nelle prossime puntate.