L’India e la crisi del contante

L’annuncio a sorpresa del primo ministro indiano di sospendere la validità delle banconote di taglio più grande ha gettato l’India nel caos.

di Maria Tavernini

File interminabili alle banche, bancomat presi d’assalto, pacchi di soldi trasformatisi nel giro di una notte in carta straccia e una nazione di 1,3 miliardi di persone lasciata in una crisi del contante che rischia di mettere in ginocchio l’economia.

Con un discorso in TV lo scorso 8 novembre il premier indiano Narendra Modi ha annunciato che, dalla stessa notte, i tagli maggiori in circolazione nel paese, ossia le banconote da 500 e 1000 rupie (pari a circa 6,7 e 13,8 euro) avrebbero cessato di essere valide. Così, dall’oggi al domani, milioni di persone si sono ritrovate con soldi in tasca che equivalgono praticamente a zero.

L’annuncio shock, che aveva l’obiettivo dichiarato di cogliere di sorpresa corrotti, evasori e chiunque accumuli patrimoni in contante o “black money”, ha gettando l’India nel panico. E la decisione di demonetizzare, già audace di per sé, risulta ai limiti della follia in un’economia come quella indiana, che si basa quasi esclusivamente sul contante. Il 90 per cento delle transazioni in India sono informali: un’economia parallela, intracciabile, che ammonta a circa il 20 per cento del PIL.

Mercoledì e giovedì, subito dopo che il governo ha reso pubblica la manovra, le banche sono rimaste chiuse per permettere la distribuzione del contante. Mentre 1,3 miliardi di indiani, da un momento all’altro, si sono ritrovati a dover letteralmente contare gli spiccioli in tasca per poter comprare i beni di prima necessità fino alla distribuzione di nuove banconote. E tanti sono stati spinti nella braccia degli strozzini, che cambiano le vecchie banconote fuoricorso a tassi ridicoli.

Delle vecchie monete, solo i tagli minori (dalle 100 rupie – 1,3 euro – in giù) sono validi, mentre i bancomat (con contanti insufficienti) sono stati letteralmente presi d’assalto da file interminabili che andavano serpeggiando attorno alle filiali delle principali banche. Senza contare quanti, nell’India rurale, non hanno accesso a strutture bancarie e alla cashless economy, che è prerogativa di una ristretta élite nelle città. Un puntuale e veritiero resoconto di cosa significa passare una giornata in fila davanti a una banca di Delhi lo trovate qui http://www.eastonline.eu/it/opinioni/elefanti-a-parte/india-ritiro-banconote-rupie-cambio-banca

I tagli messi fuori circolazione sono oltre quattro quinti sul totale delle banconote in circolazione, dai cui si può intuire l’incisività della manovra e i suoi effetti sugli strati più deboli della società. Alla demonetizzazione delle 500 e 1000 rupie è seguita una (parziale, per ora) immissione di nuove banconote: due nuovi tagli da 2000 e 500 rupie più difficili da falsificare, a detta del governo. I contanti possono essere cambiati o depositati nelle banche, fino a un tetto di 250 mila rupie, oltre il quale scattano i controlli del fisco.

L’obiettivo del governo Modi è di stringere la morsa su operazioni in contanti non tassati, che alimentano la corruzione, il finanziamento di gruppi terroristici e la circolazione di monete false. La speranza era di far tornare nelle casse dello stato contanti in nero per un valore di milioni di euro. Ma molti economisti sono scettici e prevedono che la mossa avrà un impatto limitato e la gente ricomincerà ad accumulare denaro in nero non appena le nuove banconote saranno disponibili.

Secondo i suoi detrattori, la manovra di Modi si basa sul falso assunto che i cosiddetti “black money” siano accumulati in contanti, mentre è ormai chiaro che anche in India i grandi evasori accumulano ricchezze in conti offshore o in paradisi fiscali e preferiscono investire il cash nell’acquisto di proprietà, titoli, oro e gioielli. La distinzione tra black money in interni ed esteri, alla base di questa manovra che non va a intaccare i secondi, finirà per penalizzare solo le classi più povere, che accumulano risparmi e spendono in contanti.

L’economista Jayati Ghosh https://www.theguardian.com/commentisfree/2016/nov/15/corrupt-rich-india-modi-500-1000-rupee-note scrive del caos che si è venuto a creare dalla mancanza di contanti e scompone la manovra, pezzo per pezzo, dimostrando che i suoi effetti sui “veri” soldi in nero saranno nulli. Senza troppi giri di parole, la decisione è stata fortemente destabilizzante per l’economia reale e i suoi effetti maggiori ricadranno unicamente sulle classi medio-basse, la cui vita ruota intorno ai contanti.

In sostanza, la manovra stessa può essere letta, attraverso la lente della propaganda, come un colpo di coda di un leader a metà mandato che aveva fatto della lotta alla corruzione il suo cavallo di battaglia in campagna elettorale, e che finora aveva concluso poco o nulla a riguardo. Intanto la manovra tenuta segreta sembra già mietere le prime vittime: 47 persone sono morte per malori nelle estenuanti file o nella calca davanti alle banche.

R. Ramakumar, rettore del dipartimento di studi sullo sviluppo al Tata Institute of Social Sciences di Mumbai, sottolinea come la persistenza del contante sia una “caratteristica strutturale” del mercato indiano, dominato da transazioni informali e scarsa penetrazione del sistema bancario nei settori più emarginati della popolazione. «La cashless economy non si crea in una notte con un diktat», spiega, «richiede come prerequisito una trasformazione strutturale della società».

La chief minister del Bengala, Mamata Banerjee, che ha incontrato il presidente Pranab Mukherjee, è stata la prima politica nel paese a opporsi alla demonetizzazione. Il 17 novembre, insieme al chief minister di Delhi Arwind Kejriwal, ha organizzato una dimostrazione di protesta nella capitale chiedendo il ritiro della manovra e il ritorno delle vecchie banconote entro tre giorni per permettere agli strati più poveri della popolazione di riprendere le normali attività.

Intanto, la Corte Suprema ha sollecitato il governo a prendere i passi necessari per assicurare che non sia il cittadino comune a sopportare il peso della decisione di sospendere la validità delle due banconote. La corte, massimo organo di giustizia indiano, ha definito la manovra un “bombardamento a trappeto, piuttosto che un’operazione chirurgica”, come era stata abilmente venduta ai media.