Il giocoliere

pesci-rossi

 

Racconto breve di Federico Gaudimundo

Tutti i giorni, o quasi, percorro la stessa strada.
All’andata e al ritorno.
Con il mio scooter.
Ogni giorno, allo stesso semaforo, c’è un ragazzo.

Un tempo ai semafori c’erano persone, ragazzi o uomini più anziani, che lavavano, o quantomeno si proponevano di lavarti, il vetro della macchina in cambio, se lo ritenevi giusto, di qualche spicciolo.

Oggi sempre più spesso ci sono persone, ragazzi e a volte ragazze, che ti propongono un’esibizione di giocoleria.

Nello spazio tra il rosso e il verde, tra un pensiero affiorato e perso nuovamente, fanno roteare le clavette o delle palline da tennis. Perché oggi gli spazi vanno colmati. Tutti.

Spesso i giocolieri, o artisti di strada come si suole dire oggi, sono molto capaci, si esibiscono in coppia e alla fine dell’esibizione sorridono e fanno un inchino.

Non sempre danno l’impressione di essere poveri e disperati, tutt’altro. Sembrano persone che della giocoleria hanno fatto da sempre una passione, se non una professione.

Nei primi tempi gli automobilisti, di fronte a questi spettacoli improvvisati, sorridevano e spesso erano maggiormente propensi a lasciare qualche spicciolo a dimostrazione di aver gradito l’esibizione.

Oggi la sorpresa ha fatto spazio all’abitudine, i sorrisi sono più rari, quello spazio occorrerà forse, in un futuro prossimo, riempirlo in un altro modo.

Ma io tutti giorni, allo stesso semaforo vedo un ragazzo.
Avrà poco più di 30 anni.

È da subito evidente che non ha scelto di far roteare le clavette spinto da una passione per la giocoleria. Lo fa perché lo fanno altri. Lo fa perché, oggi, nel 2016 in Italia, al semaforo, lo spazio lo si riempie così. Per lo più.

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Allo scattare del rosso, si piazza al centro della carreggiata e fa roteare le clavette, i cerchi o le palline da tennis.
Ma dopo due, al massimo tre rotazioni, manca la presa.
Sempre.
Ogni volta
Ogni giorno
Allo scattare di ogni rosso.

Al che, alza la testa e guarda dritto negli occhi l’automobilista o lo scooterista che ha davanti.

E quello sguardo ti porta via tutto.
Ti porta nella notte più nera e più buia che puoi immaginare.

In una frazione di secondo non c’è più lavoro, non c’è più politica,
Non ci sono i partiti, le elezioni e le discussioni.
Non ci sono i colleghi, non ci sono gli amici.
Non ci sono padri e non ci sono madri.
Non c’è più il figlio che non hai avuto,
Non c’è l’amore.
Non c’è la musica, non c’è l’odio.
Basta frustrazione, finita la rabbia.

Perfino l’Inter non c’è più.

Non hai più niente dopo quello sguardo.
Non ho mai visto uno sguardo così, in tutta la mia vita.

E dopo che ti ha portato via tutto, lo distoglie.
Si china a raccogliere le clavette in terra, allarga le braccia e si scusa.

Tu non puoi che rientrare dal buio profondo e proseguire per la tua strada.
Negli specchietti retrovisori, lo guardi esercitarsi in disparte.

Fino al prossimo rosso, fino alla notte successiva.

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