Paesi baschi. Accusati di terrorismo per una rissa

E’ la notte tra il 14 e il 15 ottobre scorso ad Alsasua, cittadina di 8mila abitanti in Navarra, incastonata nella Sierra de Urbasa al confine con la Gipuzkoa, quindi con la provincia di San Sebastian e la Comunità Autonoma di Euskadi. Una rissa si trasforma in un caso politico.
di Alessandro Ruta

Sono circa le cinque della mattina quando, appena fuori dal bar Koska, un posto uguale a tanti altri in Euskal Herria, succede qualcosa di tutt’ora non chiaro: si conosce, di esso, solo il risultato, e cioè il ricovero in ospedale di due guardias civiles, ovvero due membri della polizia militare spagnola, coinvolti assieme alle loro compagne. Uno di loro, il più grave, si ritrova con una caviglia fratturata, mentre gli altri tre riportano “solo” leggeri traumatismi.

Le prime versioni provengono proprio dalla Guardia Civil, e parlano di un’aggressione da parte di una cinquantina di persone nei confronti dei feriti: nonostante il gruppetto fosse in borghese (e con due fidanzate al seguito), i due poliziotti sarebbero stati riconosciuti dalla popolazione e presi a pugni e calci. Qualcuno parla di linciaggio, apertamente.
Tuttavia già il giorno dopo, denunce a parte, passato il vento delle inevitabili condanne da parte delle autorità, come quella della presidenta della Navarra, Uxue Barkos (“In una società democratica non possono succedere episodi del genere, pieno sostegno alle vittime”, si legge in una nota), alcune testimonianze da parte dei cittadini parlano, in realtà, di 10-15 persone al massimo dentro il bar Koska e nelle immediate vicinanze. Peraltro il locale si trova in faccia proprio al Municipio di Alsasua. “E’ stata una roba dovuta a qualche chupito di troppo, abbiamo chiesto agli agenti di andarsene, quelli ci hanno minacciato e siamo stati costretti a reagire, ma quale linciaggio! Cinquanta contro quattro, poi, voglio vederli eventualmente uscire vivi da lì”.
La miccia, innescata quasi senza volerlo, nel giro di un mese ha preso fuoco fino a incendiare l’opinione pubblica locale. Specie adesso che sette degli otto arrestati finiti in carcere, sono stati accusati di “Delitto di terrorismo” da parte dell‘Audiencia Nacional, il tribunale supremo spagnolo con sede a Madrid, che ha preso in carico l’inchiesta dai colleghi di Pamplona, che all’inizio avevano derubricato il fatto come semplice “Delitto di odio”.
“Quattro come dodici”
Alsasua è senza dubbio una cittadina abertzale, quindi indipendentista: ci sono le foto dei presos, ovvero dei prigionieri politici, i murales “Amnistia” e “Independentzia”. In ciò risente molto della vicinanza con la Gipuzkoa, la provincia basca di gran lunga più legata a questo tipo di movimento politico. Alle elezioni comunali del giugno 2015, comunque, ha vinto la coalizione Nafarroa Bai/Geroa Bai, che assomiglia molto come linea al Partito Nazionalista Basco, quindi tutt’altro che estremista. Come in tutta la comunità navarra e in Euskadi gli “abertzalisti” di EH Bildu hanno perso consensi, passando dal 30 al 21%: voti mangiati da “Goazen Alsasu”, lista che si chiama così, ma che in realtà è riconducibile a Podemos. I due partiti storici, Socialisti e Popolari, arrivano a malapena al 13 e al 4% rispettivamente.
A Geroa Bai appartiene Javier Ollo, il sindaco di appena 24 anni che è finito un po’ travolto dagli eventi, ma che sta cercando di tenere la barra dritta e di difendere, prima di tutto, i suoi cittadini. “Questo non è un posto come gli altri – ha confidato al quotidiano El Mundo a poche ore dai fatti -. Quattro anni qua è come se fossero dodici da qualsiasi altra parte”. Il suo volto pulito, davvero da ragazzino, anche questo lontano dagli stereotipi indipendentisti, in poche settimane ha fatto il giro dei telegiornali prima locali e poi nazionali.
Alcuni mezzi di comunicazione spagnoli hanno da subito calcato la mano sul passato del borgo e sulle abitudini anti-Guardia Civil della popolazione. Ad esempio, alcune feste di carnevale in cui il re era raffigurato vestito come Hitler, oppure il cosiddetto “Ospa Eguna”, in cui alcuni pupazzi della Guardia Civil venivano bruciati. Insomma, per qualcuno Alsasua è una sorta di Belfast basca in cui l’obiettivo principale non è far prevalere una religione sull’altra, quanto piuttosto di cacciare i militari: che già peraltro hanno il loro quartier generale fuori dal centro, a due chilometri, verso le montagne.
Tutto questo ha provocato una reazione forte da parte della popolazione, che non si è riconosciuta nel quadro fosco dipinto dai media: tra manifestazioni di sostegno agli otto carcerati e cartelli del tipo “Fuori il vostro circo da Alsasua”, la matassa pur dipanandosi si è resa sempre più oscura.
Scontro istituzionale
I primi a qualificare, nella loro denuncia, l’accaduto come “episodio di odio” sono stati proprio quelli della Guardia Civil. Quindi altro che terrorismo: è stato insomma l’eccesso di zelo del potere giudiziario centrale a far cambiare l’orizzonte. Il tutto a
La recente riforma, del 2015, del codice di procedura penale spagnolo, amplia nell’articolo 573, modificato appunto un anno fa, gli ambiti di terrorismo: ad esempio atti che cerchino di provocare terrore nella popolazione. “Il tenente e il sergente feriti nei fatti di Altsasua sono nati perché gli aggressori li conoscevano – si lette nel documento di accusa firmato dal giudice dell’Audiencia Nacional Carmen Lamela -. La campagna è stata promossa da organizzazioni estremiste e indipendentiste, e nelle manifestazioni di solidarietà verso gli arrestati sono comparse bandiere col simbolo di Eta”.
Quindi, forse, più ancora dell’accaduto in sé, a far pendere la bilancia verso il delitto di terrorismo è stato l’ambiente in cui si è prodotto. Un ambiente che premeditava l’azione e che alla prima occasione buona ha agito.
Lo scontro è anche a livello istituzionale: Marijose Beaumont, consigliera per gli affari interni del governo di Navarra, ha ritenuto “eccessive” le incarcerazioni di sette degli otto incriminati, e il fatto che la stessa presidenta Uxue Barkos non l’abbia smentita ha provocato ulteriori tensioni politiche. Qualcuno ha anche chiesto le dimissioni di Beaumont.
Adesso Alsasua è un paese che non sa da che parte muoversi. Il “Comitato delle vittime del terrorismo (Covite)” locale, da cui è partita la prima accusa grave nei confronti degli arrestati, da un lato; dall’altro il resto della popolazione che solidarizza con i concittadini finiti all’Audiencia Nacional. In mezzo la Guardia Civil, che già nei giorni successivi all’episodio ha rafforzato la sua presenza, già cospicua a prescindere, non senza provocare altre tensioni.
Quelli del Bar Koska (di locali con questo nome, tra l’altro, è piena Euskal Herria), infine, sono costretti a mandare via i giornalisti troppo curiosi, che da un mese ronzano loro attorno a caccia di ulteriori dettagli.