La Rabbia, Manifesto a fumetti di una generazione

Undici autori italiani riuniti intorno al festival indipendente “Crack!” raccontano il sentimento dominante di una generazione relegata ai margini

di Luca Rasponi

Sono racconti onirici, allegorici. Oppure realistici e diretti. Fatti solo di immagini o ricchi di parole, ermetici oppure chiari. Otto racconti di undici autori del fumetto indipendente italiano, che in 40 pagine ciascuno spiegano La Rabbia.
L’idea di un’antologia potrebbe sembrare datata o poco interessante per il grande pubblico nell’epoca del graphic novel e del fumetto come prodotto commerciale di massa.
E invece un editore prestigioso come Einaudi sceglie questa formula per presentare alcuni tra i migliori fumettisti underground del nostro Paese, che raccontano con una potenza sconcertante la rabbia della loro generazione.

“Sono questi irregolari gli autori che sanno parlare al pubblico più di quanto non sia mai successo prima”, scrive nella postfazione Valerio Bindi, curatore del volume insieme a Luca Raffaelli.“E questo arriva chiaro profondamente a gente come te”. Niente di più vero. Perché proprio di questo si tratta: gente come me. O almeno in grado di capire dall’interno le contraddizioni e le ansie della nostra generazione.

La Rabbia è scritto da ragazzi più o meno della mia età, tra i 30 e i 40, che lasciano libera la creatività di descrivere la propria situazione esistenziale, invece di metterla al servizio della macchina da intrattenimento del fumetto commerciale (scelta peraltro legittima: io per primo leggo titoli mainstream).

Attenzione però: qui non c’è autoreferenzialità se non quella strettamente necessaria a raccontare una storia. Al contrario, lo spettro si amplia in due direzioni complementari: orizzontalmente, alla società nel suo insieme, e verticalmente, attraverso un’introspezione autentica e profonda.
E il discorso è interessante perché sviluppato da autori di una generazione che raramente ha diritto di parola, anche e soprattutto nei mezzi di comunicazione e di espressione artistica che sente più affini, a cominciare dal fumetto.
Ne deriva un’antologia di racconti diversi per stile, tecnica e approccio al tema, che riescono comunque a trasmettere un senso di coralità. Non solo per l’argomento, ma in quanto caratterizzati da una consapevolezza comune sul funzionamento della macchina sociale e sul ruolo dell’individuo al suo interno.
Una consapevolezza che diventa grottesca metafora nell’illuminante racconto L’attesa di Hurricane, oppure resta sullo sfondo in riflessioni più ampie e simboliche come \ˈkrəsh\ di Bambi Kramer e Ballate in ritardo di Sonno.

E mentre Oggetti smarriti di Federico Primosig e Simone Tso racconta il mondo di Crack! dall’interno, il disagio esistenziale torna protagonista in storie surreali di vita vissuta come Hordak 128 di Ratigher e Così passi dalla parte del torto di Zerocalcare, accompagnato rispettivamente da cinismo e ironia.

Disagio che si trasforma in disperazione strisciante in Torrespaccata di Giusy Noce e Vincenzo Filosa, per diventare sofferenza tangibile con Almeno un’ora in più di Annalisa Trapani e Laura Nomisake, vero ritratto dell’angoscia di chi si sente schiacciato dal meccanismo immodificabile del mondo di oggi.

Questi otto racconti sono straordinari in senso letterale: sono completamente fuori dall’ordinario. E questo è sorprendente, se ci si ferma a pensare a tutte le persone che si trovano nelle situazioni di vita descritte nel volume, e a quanto – tuttavia – certi argomenti restino fuori dal circuito narrativo mainstream.

Ecco perché il maggior pregio dei pezzi che compongono l’antologia La Rabbia è di essere indipendenti, da tutti i punti di vista. Perché la loro fuga dall’omologazione culturale contemporanea non è di facciata, ma sostanziale.
E non è nemmeno solo culturale, ma esistenziale, nella misura in cui denuncia un disagio profondo, legato all’aspirazione a una dimensione diversa dei rapporti umani, della vita sociale e dell’esperienza lavorativa.
Non so se La Rabbia servirà veramente a far capire meglio la mia generazione agli altri. Ma sono certo che si tratti di un passo avanti significativo, per noi, nel difficile percorso per capire noi stessi e le nostre ansie.