Senza Tenco

Cinquant’anni dalla morte di uno dei più grandi cantautori italiani di sempre

a cura di Clara Capelli e Antonio Marafioti

Luigi Tenco moriva a 29 anni nella notte fra il 26 e il 27 gennaio 1967 nella camera 219 dell’Hotel Savoy di Sanremo. Questo è l’unico elemento di cronaca che ricorderemo oggi, a cinquant’anni dalla sua scomparsa. Perché su quella morte tutto e più di tutto è stato già detto, scritto e ripetuto. Dopo tanto tempo resta forte il pensiero di un cammino artistico semplicemente interrotto e la curiosità di immaginare quali altre meraviglie avrebbe ancora potuto comporre. Spinti da quella curiosità, e dal dovere del ricordo di un grande artista, abbiamo selezionato dieci brani, più una bonus track, convinti che il miglior modo di fantasticare su ciò che sarebbe potuto essere sia quello di voltarsi a osservare ciò che è già stato dato.

Lontano lontano

Non è un caso che siano tantissimi gli omaggi di altri cantanti a questo splendido pezzo (consiglio: ascoltate quella di Enzo Jannacci). Lo stile asciutto di Tenco ci parla di quegli amori che tornano a visitarci quando meno ce lo aspettiamo. E ci si chiede sempre perché siano finiti, perché in quel momento, sommersi da mesta tenerezza, proprio non ce la ricordiamo la ragione.

Giornali femminili

“Mi dovete scusare se mi scappa da ridere, comunque l’uomo è certo, si preoccupa molto”. Ironico e socialmente attento. Quasi un pioniere dei gender studies si direbbe, se non scappasse da ridere.

Il mio regno

“Mio caro vecchio albero, tu sei stato il castello d’un regno e neppure lo sai”. Di sogni e fiabe. La cui purezza mai si dovrebbe tradire.

Se stasera sono qui

Il romanticismo di un orgoglio domato per un affettuoso amore. Dimenticando i pensieri più tristi giù in fondo al cuore.

Un giorno dopo l’altro

Per i miei genitori era la sigla del telefilm di Maigret con Gino Cervi. Per me è una canzone in cui note e parole raccontano di un tempo che s’è mangiato tutto e “la speranza è un abitudine”.

Vedrai Vedrai

La melodia di questo brano ha gli occhi della scuola genovese e la bocca dei vecchi chansonnier d’Oltralpe. E poi c’è il timore dell’umano fallimento davanti all’amata che ama a sua volta. Un equilibrio tenchiano.

Ti ricorderai

“Il cielo e noi/gli alberi e noi/mille favole per noi/un’isola sul mare/e noi soltanto soli, soli, soli”. Non è soltanto un amore d’altri tempi. È un mondo d’altri tempi. Vite di amanti trascorse in altre ere.

Più mi innamoro di te e meno tu mi ami

Uno dei pochi brani di Tenco a cui nessun altro cantante si è mai avvicinato. La cosa non stupisce, anzi acquista senso ascoltando la voce dell’autore. Impossibile ogni differente approccio artistico, impossibile anche ricalcare i solchi già tracciati dallo stesso Tenco. Un’incisione struggente.

Mi sono innamorato di te

Il titolo è una dichiarazione fra le più semplici che si possano fare. Il testo racconta invece della più profonda inquietudine di un uomo che ama. Un’anima sospesa tra l’infinito del sentimento e la contingenza di un inevitabile destino.

Ciao amore, ciao

La giuria del 17° festival di Sanremo negò a questo brano l’entrata in finale nel 1967. Il resto è storia, una triste storia. “Ciao, Luigi”, aveva scritto in calce nel suo ultimo biglietto. Gli rispondiamo con la stessa frase. Poi un post scriptum: “Il tuo pezzo è stupendo”.

Bonus track:

Tu non hai capito niente

Ma qualcuno ci ha mai capito qualcosa dell’amore?