Al cuore del reportage/2

Due volumi, in una serie di quattro, raccolgono grandi articoli di giornalismo narrativo

di Christian Elia

Dopo i primi due volumi, che raccontavano di catastrofi ambientali e 11 settembre, ecco gli atri due della mini collana I maestri del giornalismo, editi da Minimum fax e curati – in modo eccellente – da Simone Barillari.

Tutti premi Pulitzer, tutti giornalisti statunitensi, tra testate nazionali e locali. Ecco, un primo punto, è quello della cosiddetta stampa regionale, che in Usa ha raggiunto un livello nel tempo davvero di grande rispetto.

Il primo volume è dedicato a sette inchieste che hanno cambiato, in qualche modo, la società Usa o che hanno impattato con la storia contemporanea, mutando per sempre – in certi casi – anche la storia del giornalismo.

Al Watergate e all’inchiesta sulle corporation del tabacco, assieme a quella sui preti pedofili di Boston, già rese note da film e libri, si affiancano ad altre grandi inchieste, come quella su Scientology e sui massacri della Tiger Force in Vietnam.

Lavori già molto noti, ma che qui offrono l’opportunità unica di rileggere – man mano che venivano pubblicati – i testi integrali.
Da non perdere assolutamente, l’inchiesta sugli esperimenti fatti dal governo Usa su ignari cittadini negli anni’50. Perché l’inchiesta di Eileen Welsome è allo stesso tempo un capolavoro, una lezione di giornalismo e una lezione di storia, rispetto a come la Guerra fredda avesse spinto oltre ogni ragionevole prospettiva i governi.

La Welsome, che lavorava per un piccolo giornale di provincia, riesce a scovare in un noioso archivio un trafiletto. Da quello parte a ricostruire la storia di un abuso di massa. Perché le grandi storie, possono essere anche sotto casa, basta saperle riconoscere.

Lo stile dei pezzi è spartano, solo il necessario, dicendo anche le cose più gravi senza prendere un minuto di fiato. Un solido modello, quello del giornalismo d’inchiesta Usa, che non fa sconti neanche sul narrativo.

Nel secondo volume, dedicato a storie di cronaca nera, spicca su tutte il racconto dell’omicidio Kennedy da parte del grande Albert Merriman Smith, che viaggiava nell’auto della stampa dello stesso corteo di Dallas. Smith riesce a tenere il timone della situazione (bruciando tutti i colleghi che sono con lui) senza cedere all’emozione, che comunque lascia scivolare tra le parole.

Ed ecco che – per una volta – si può concedere un uso della prima persona. Perché è un evento unico, ma è l’uso a essere da maestro. Alla fine di una carriera notevole Smith si toglierà la vita, prova che si può essere umani e fragili, ma in questo mestiere non siamo noi la notizia.

Una citazione a parte merita la cronaca della strage di Unruh, un veterano del Vietnam, che una mattina massacra i vicini. Meyer ‘Mike’ Berger è tra i primi ad arrivare sul posto. Nessuno come lui, e questo pezzo magistrale è un omaggio, ha saputo raccontare New York.

Un giornalismo fatto con le scarpe, tra fonti e attese, verifiche e sconfessioni. Un viaggio nella storia del giornalismo, e degli Stati Uniti, da fare tutto d’un fiato.