Sognare l’Inghilterra. A Bruxelles

Reportage dalla stazione della capitale belga
dove hanno trovato rifugio centinaia di migranti

 

di Anna Maria Volpe, da Bruxelles

A prima vista, la Gare du Nord (stazione Nord) di Bruxelles è quella di sempre, quella di una sera qualunque: le fredde luci al neon, passanti che di fretta si dirigono verso il treno, controllori del tram, soldati, presenza fissa dagli attentati di marzo 2016, e commercianti che lentamente chiudono i battenti e si apprestano a rincasare.

Eppure, basta scendere al piano terra, accanto alla hall dei bus per capire, che da qualche tempo, la situazione è radicalmente cambiata. Molte coperte per terra, lungo il gelido pavimento, fungono da letti improvvisati, alcuni anche fuori. Fa freddo, piove, l’inverno è implacabile. Alcune persone cercano di scaldarsi, altre si riuniscono in piccoli gruppi, si siedono per terra, osservano lo scorrere del tempo in un’attesa che sembra non finire mai.

 

Sognare l’Inghilterra

Questa fredda hall è diventata, da ormai tre settimane, la casa provvisoria di circa un centinaio di migranti. Partiti dal Sudan, dall’Africa subsahriana, dalla Siria e dall’Afghanistan, alcuni hanno intrapreso la nuova rotta migratoria che parte dalla Libia e porta in Italia, altri sono giunti da Calais, in seguito allo smantellamento del campo. Altri ancora si trovano in Belgio da mesi e, dopo aver alloggiato al Parc Maximilien, primo punto di accoglienza e raccolta, sono giunti qui, alla ricerca di un briciolo di certezza, persi tra i meandri della burocrazia e di una vita che è una corsa ad ostacoli. L’Ufficio degli Stranieri sorge a pochi metri, che si dilatano e diventano infiniti chilometri in questa mesta serata di Febbraio.

La maggior parte dei migranti desidera solo una cosa : arrivare in Inghilterra. Attendono i traghettatori, per essere portati oltre la Manica. Si affidano a questi Caronte, barattatori di vite e sogni.

Tra loro si aggirano alcuni volontari venuti con l’obiettivo di portare un po’ di sostegno psicologico e materiale. «Cerchiamo di far capire che l’Inghilterra non è la migliore opzione. Anzi, laggiù le procedure di accesso allo statuto di rifugiato sono molto più complesse rispetto al Belgio e non si ha diritto all’assistenza medica», dice convinto Axel, giovane assistente sociale che svolge il suo stage presso la Plateforme de Soutien aux réfugiés, un’organizzazione per la gestione dell’accoglienza dei migranti, ndr).

Insieme a lui c’è Silvia, volontaria della Plateforme. Passano qui tutte le loro serate, da almeno 3 settimane. Dopo una giornata di lavoro, si dirigono in stazione e stilano la lista delle persone cui trovare un alloggio. Sono tante. Silvia chiama continuamente il Samusocial (dispositivo pubblico per le emergenze sociali). È in quelle strutture di accoglienza che i migranti troveranno un alloggio temporaneo e un riparo dal freddo.

«Ormai mi conoscono, arrivo, tiro fuori il moi registro e prendo il nominativo di chiunque abbia bisogno di un tetto». Silvia parla velocemente, freneticamente scrive, chiama, prende appunti. Trova sempre un sorriso da regalare. «Spesso riesco a trovare loro un posto la sera stessa»,  afferma con un pizzico di orgoglio.

«Tu da dove vieni ? Eccoti il biglietto per il tuo posto stasera». Si gira e va avanti con il prossimo. Senza sosta. Non ci sono donne né bambini. Per queste categorie vale la regola delle priorità assoluta e hanno quindi già tutti una sistemazione, seppur provvisoria.

Intanto la cena è servita. Tutti in fila per avere sandwich e pasti caldi portati dalla Croce Rossa e dal Samusocial. E subito, anche in un contesto cosi spoglio e cupo, si creano dei piccoli e preziosi momenti di convivialità e sorrisi.

 

Paure condivise

Molti migranti hanno paura di raccontarsi, alcuni mentono sulla propria nazionalità. La paura di essere rimandati al paese d’origine è soffocante. Alcuni vogliono restare, altri desiderano andare altrove, raggiungere la loro famiglia. I volontari della Plateforme pour l’accueil des refugiés offrono anche un aiuto legale, con l’obiettivo di sconfiggere queste paure e informare nella maniera più ampia e corretta possibile.

«Cerchiamo di consigliargli e li aiutiamo a presentare la domanda di ottenimento per lo statuto di rifugiato, laddove necessario», racconta Axel. «È dura, alcune volte ci vogliono anni. In questo momento sono i siriani ad avere possibilità maggiori di essere considerati rifugiati. Un criterio usato dall’Ufficio Stranieri è dato dal livello di pericolo che si corre nel Paese d’origine. Li seguiamo durante tutto l’iter burocratico».

I migranti diffidano della stampa, temono di essere identificati « Non è stato facile quando i cameramen sono arrivati. Spesso i media mainstream non diffondono un messaggio corretto», osserva Mehdi Kassou della Piattaforma in una dichiarazione rilasciata al quotidano belga La Libre.

I toni apocalittici spesso utilizzati in televisione non aiutano. L’emergenza c’è, ma c’è anche il modo di gestirla. Non tutti i migranti passano le serate dentro la stazione. Alcune volte la polizia li obbliga ad uscire. Molti dormono ancora accanto alle fermate del bus oppure nascosti tra i camion. Coperti da chili di coperte e maglioni portati dai volontari. Sognano l’Inghilterra.