Il Papa Re: Francesco sul trono d’Europa

Papa Bergoglio da tempo ha assunto una statura politica mondiale con tutta la maestria appresa nel suo ordine di appartenenza: i gesuiti.

di Bruno Giorgini

E’ il primo di loro che accede alla Cattedra di Pietro, essendo l’ordine talmente potente e ramificato da indurre alla prudenza i cardinali chiamati all’elezione del Pontefice, che non si sa mai volesse un gesuita eletto al sommo potere egemonizzare l’intera Ecclesia nè per caso il generale dell’ordine viene cordialmente, si fa per dire, chiamato: Papa Nero.

Un primo gesto di grande peso politico nell’opinione pubblica è stata la redazione e diffusione della “LETTERA ENCICLICA LAUDATO SI’ DEL SANTO PADRE FRANCESCO SULLA CURA DELLA CASA COMUNE” (24 maggio 2015), dove il Papa prende una netta posizione che potremmo chiamare ecologica e essenzialmente anticapitalista – cui tutti o quasi le persone di sinistra hanno plaudito a piene mani – al modo gesuita è ovvio dove tutti hanno le loro ragioni, ma Francesco le mescola e rimescola, fonde e rifonde finchè non concorrono tutte a costituire la Ragione Superiore del Papa, una sintesi che tutto comprende sostenuta da una gran messe di citazioni le più varie. Una Ragione Superiore che si presenta nell’inconfondibile forma del manifesto politico, ben più che in quella di un testo teologico religioso.

Una seconda azione politica altamente significativa e importante si è verificata con la mediazione papale tra Fidel Castro e Barack Obama mettendo fine all’aspro conflitto tra gli USA e Cuba, dall’embargo economico alla rottura delle relazioni diplomatiche fino a varie forme di attentato alla stessa vita di Fidel e alla integrità territoriale dell’isola caraibica. Un colpo da maestro di Bergoglio che mette direttamente le mani in pasta sulle relazioni geopolitiche tra gli stati: se con l’enciclica il Papa parlava alle genti, con l’iniziativa politico diplomatica egli si rivolge ai potenti, ai capi di stato e di governo proponendosi come mediatore in grado di intendere le ragioni dei contendenti usandole in funzione anche qui di una Ragione Superiore che soltanto la Chiesa può costruire e mettere in campo (egli non lo dice, ma in modo evidente lo significa ponendo in essere un sistema simbolico che in modo quasi obbligato porta a questa conclusione).

Infine il terzo grande passo in questa assai, forse troppo, schematica descrizione delle nervature essenziali fin qui costituenti il percorso politico intrapreso da Bergoglio: l’intervento diretto in veste di leader nella edificazione europea. Quando si deve celebrare a Roma il sessantesimo anniversario della Unione Europea (UE), Francesco dalla Stato Vaticano di cui è il capo teocratico di venerdì apostrofa in modo assai critico gli attuali dirigenti europei, quindi il sabato si muove a Milano. Lo stesso giorno a Roma dieci quindicimila cittadini scendono in piazza chi a favore della UE, chi contro da sinistra, chi contro da destra, chi critico mentre i leader firmano una dichiarazione abbastanza vuota da accontentare tutti, dai similfascisti ungheresi ai socialisti francesi per non dire dei gnucchi polacchi, con ogni sfumatura intermedia. Invece nella città più europea d’Italia il Papa sbarca in un quartiere di periferia degradato dove le persone fanno a gara per toccarlo, parlargli, averne la benedizione e egli non disdegna, anzi. Gira sul serio per le strade, sale sul serio le scale, abbraccia sul serio chi lo avvicina. Beati gli ultimi perchè saranno i primi, anzi questa mattina a Milano sono i primi! Quindi va a S. Vittore stringe la mano praticamente a ogni detenuto, pranza con loro e fa il riposino postprandiale in loco: un tripudio di carità cristiana e empatia che nessuno dei legnosi leader europei a Roma nemmeno si sogna. Ma il colmo viene raggiunto alla messa cui partecipa chi dice un milione, chi mezzo – cambia poco – di cittadini, di fedeli, uomini, donne , bambini, vecchi, giovani: un popolo riunito nel nome di Bergoglio, Papa Francesco. Nulla a che vedere con le poche migliaia che sfilano a Roma, dove il colpo d’occhio è piuttosto quello delle divise, degli scudi, dei manganelli. Col gran finale dei cresimandi riuniti allo stadio di S. Siro a accogliere il sacramento. Il confronto appare veramente impietoso, e voluto.

Bergoglio dispiega le sue truppe , per usare una vecchia metafora, davanti cui squaderna il suo pensiero di fede e di politica, anzi direi: di fede politica. In comunione col popolo, eccolo incoronato leader d’Europa. A questo punto bisogna tornare con la memoria e il pensiero a un nodo irrisolto della costruzione europea, quello di una Carta Costituzionale comune. Si discusse allora se dovessero essere indicate nella Carta le radici cristiane dell’Europa, e ci si divise paralizzando l’intero processo. Non fu l’unica ragione di paralisi, ma ebbe un peso assai rilevante. L’Europa nascente doveva essere laica oppure definire una origine storicamente determinata nel cristianesimo. Contraddizione ancora aperta, e che il Papa ha letteralmente occupato col suo milione di seguaci a sentir messa. Ovvero la Chiesa cattolica e il suo capo entrano di pre/potenza nel campo di forza europeo e annunciano “noi ci siamo, noi siamo costituenti”, stiamo piantati nel cuore d’ Europa che esploriamo dalle periferie ai carceri forti nel numero, nella fede e con una salda leadership. Su questa piattaforma Francesco sta unificando anche la chiesa italiana fino al cardinale Scola, storicamente suo forte oppositore, e uomo vicino a Comunione e Liberazione.

Esiste quindi oggi un potere clericale incarnato da Bergoglio di grande peso, molto più forte e esteso di ieri che si misura con la questione europea muovendosi lungo linee di forza esterne a quelle dell’attuale assetto delle istituzioni e partiti della UE.

Questo stra/potere vaticano non dovrebbe renderci tutti entusiasti come appaiono essere i commentatori, in primis quelli di sinistra orfani di un qualunque progetto decente. Perchè la politica, comunque intesa, comunque una politica della convivenza civile, altro non può che essere laica. Una politica intrisa di religione, per quanto temperata dalla maestria gesuitica, rischia sempre di prefigurare conflitti di religione, magari subspecie di conflitti di civiltà, con risultati che già fin dai tempi delle ultime guerre balcaniche, sono sotto gli occhi di tutti. Una Europa traversata da masse di fedeli osannanti il Papa Re, non è una Europa che mi piaccia. Non siamo a quel punto, ma potremmo arrivarci prima di quanto si creda.