Arte³. Nonostante tutto

Un Festival itinerante a Palmas Arborea. Promosso dalla Consulta Giovani del piccolo centro. Ci sono stato e ho qualche cosa da raccontarvi.

di Angelo Miotto

Quando il trenino a due vagoni parte dalla stazione Fs di Elmas-aeroporto mi sembra di essere tornato indietro di almeno vent’anni. I finestrini sul vagone sono impolverati, fuori c’è il sole, il cielo è azzurro e la campagna che si stende fiorita di giallo è uno spettacolo. Dal finestrino del bagno, la porta che sbatte per il vento e senza un fermo, entra l’odore del gasolio, specie in frenata quando arrivo nelle stazioni che mi separano da Oristano.

L’impatto con questa terra è forte, perchi arriva dal cemento di una metropoli lombarda, #bella (?) e dinamica, ma qui respiro la terra e sento che il mare è vicino, che chiama.

Gaia Cadoni presiede la Consulta dei giovani di Palmas Arborea, siamo nel Campidano di Oristano, 1493 anime secondo l’Istat, nel 2014, ma vista la curva demografica degli ultimi decenni possiamo scommettere qualcuno di più. Gaia mi porta a conoscere Archelao, un agriturismo e fattoria didattica davvero comodo e dall’ottima cucina. L’ora di pranzo è passata da un pezzo ma un piatto freddo non si nega, conusmo pecorino, ricotta, peperoni, melanzane e pane carasau e faccio per andare, ma mi fermano: «Perché scusi, il primo non lo mangia? Si segga». Arriva un monte di malloreddus alla campidanese. Per dire quale sarà il ritmo dei due giorni.

Ma torniamo al Festival. Cultura e territorio sono le due parole chiave. E il primo incontro a cui partecipo vede protagonista Manuelle Mureddu, felpa nera e berretto, intervistato da Giovanni Gusai. Qui siamo nei disegni e nelle parole, nell’amore che si sente nel rivendicare la cultura sarda, nella descrizione di come è stata strutturata la ricostruzione di un dialogo immaginario tra lo scultore Francesco Ciusa (1883-1949) e il poeta Sebastiano Satta (1867-1914).

Foto: Alessandro Cani

Alla fine Manuelle mi strega e così mi decido, guardo attentamente le stampe in mostra in questa casa campidanese così bella e decido di acquistare Ube fis? Vedo che è scritto in sardo e quindi mi presento e chiedo se vi sia una traduzione, io sono di Milano. Mi guarda diffidente, Mureddu. Ahia, penso, ho sbagliato la dispoizione delle parole nella domanda. Comunque la dedica me la fa e mi spiega la ricetta: leggi piano e poco a poco vedrai che capisci. Mi sto applicando, funziona.

Fuori dalla casa, un passo indietro, c’era un uomo con barba sale e pepe, berretto, camicia bianca e gilet nero. una macchina da foto. È Alessandro Cani, di cui vedete le fotografie in questo articolo, tutte sue. Ed è proprio lui a essere il secondo appuntamento, questa volta al Centro conferenze Unione dei comuni dei Fenici.

Foto: Alessandro Cani

Da fuori la struttura in mattoni è troppo squadrata per essere accattivante. Il prato fuori è bruciato e un pannello solare è in bella vista. Ma dentro fra piccolo palco e schermo, la sala si dimostra funzionale, anche piacevole per accogliere diversi tipi di eventi. E una delle cose che colpiscono della Consulta giovani è la capacità di cercare di valorizzare luoghi che esistono, ma che sono poco utilizzati. Riappropriarsene, in una dimostrazione plastica che, a metterci dentro contenuti, sono fruibili.

Alessandro Cani ha allestito lungo i muri del centro conferenze una mostra. Le foto di scena sono dello spettacolo Sonnai e sono – dice il titolo – Immagini fra sogno e incubo. Persone disagiate o senza tetto coinvolte dal regista Davide Iodice nella creazione di uno spettacolo in cui il pubblico è in scena e visita e ascolta la vita degli ultimi. Le immagini sono belle e forti e Cani ci tiene a spiegare di aver stampato su carta lucida perché noi, osservando da vicino, possiamo entrare dentro quella situazione in un gioco di presenza quasi onirica, appunto, che restituisce una parte di quello che è lo spettacolo. Inutile dire che alla san tommaso è stata la prima cosa che ho fatto appena finite le parole e anche qui: tutto vero.

Foto: Alessandro Cani

E poi la musica dell’improvvisazione dell’armonica di Moses, intervistato da Stefania Andolfo. Moses, io non ho la televisione e quindi ero impreparato, è un personaggio che ha vinto un talent, pubblico caloroso, ottima musica, domande a sondare il nonostante tutto, grande tema del festival. E Moses nonostante l’opposizione o lo scetticismo della sua cerchia di familiari e amici rispetto all’essere un musicista di strada ce l’ha fatta. E quindi lo racconta, con un eloquio appassionato, al limite delle pillole di lezioni di vita in salsa guru. E però, lo scetticismo e la critica son cose più da uomini e donne  maturi, la presa sulla platea giovane è molto forte è il messaggio è andate avanti, credete in voi, provateci. Visti i tempi, male non fa. Sempre che si prenda come legge di questo tipo di società la famosa canzone del Gianni nazionale: uno su mille ce la fa. A cambiar società certo sarebbe diverso, ma nel frattempo va così.

Foto: Alessandro Cani

Si finisce fra aperitivi con prodotti tipici sardi, perché  – ci avverte il bel pieghevole – la promozione del territorio passa anche attraverso la degustazione dei prodotti locali. Vero anche questo.

Cena, risveglio e gita al mare. Azzurro il cielo, i fori della primavera, la terra, il mare cristallino e di azzurri e blu. Poi.

Foto: Alessandro Cani

Pomeriggio di domenica 23 aprile tocca a Emergency e a www.storiadiunapallottola.it, che devo spiegare nella sua costruzione multimediale. Storia di una pallottola , se non la conoscete leggete qui. Annarosa Corda modera l’incontro con il gruppo di Serrenti di Emergency e poi si arriva a L’Isola di Antonio. Un omaggio a Gramsci, di e con Giacomo Casti, Chiara Effe alla chitarra e una prolusione di Alessandra Marchi, del GramsciLab. Le parole della ricercatrice universitaria sono illuminanti e mi lasciano addosso una gran voglia di agire, di fare, di utilizzare il sapore e valore profetico del messaggio gramsciano per trovare una chiave politica di impegno da additare con sicurezza a chi la chiede. Glielo dico alla fine della serata traducendo tutto questo sentimento in un laconico ‘voglia di spaccare tutto’, deficitario.

Foto: Alessandro Cani

Casti narra e la chitarra lo segue, poi si fonde e poi prende il sopravvento, quindi torna la narrazione. Sono aneddoti, storia di Gramsci e del suo pensiero, sono parole dette e cantate e tutto arriva diritto diritto nella testa e nel petto.

Ecco. Questa cronaca sommaria – ho dimenticato un bel laboratorio con tecnica a collage stile Matisse per piccoli e grandi – è solo per raccontarvi una cosa che mi è parsa evidente in questi due giorni a Palmas Arborea. La fatica visibile, l’impegno di pochi e poi tanti giovani, anche il mettersi in competizione con altre iniziative vicine per quel senso di orgoglio del fare le cose al meglio, mi sono parsi un segnale positivo. Noi, tutti, quando siamo ospiti, o quando siamo pubblico, godiamo di una scena che ignora il dietro le quinte. Eppure, anche solo immaginando problemi, fatiche, delusioni, stanca e burocrazia e scarsità di fondi, il risultato è encomiabile e per di più è un risultato. Una cosa fatta e bene. Un momento di condivisione di eventi culturali, uno sforzo di chiamare alla partecipazione e di farlo su un tema ragionato e una scaletta di autori precisa.

Arte³ è alla sua sesta edizione. E auguriamo di proseguire, così e anche con più mezzi e possibilità. C’è bisogno di questa energia. E abbiamo bisogno che sia contagiosa.

 

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