di Raffaele Masto
da Buongiorno Africa
Proprio mentre l’Italia compie lo sforzo maggiore per perfezionare gli accordi con la Libia per espellere i migranti che non hanno diritto d’asilo e bloccare le partenze dalle sue coste, arrivano notizie inquietanti della situazione dei centri di detenzione in questo paese. Si tratta di un rapporto dell’Unicef che, precisa numeri e località, ma sostanzialmente non dice nulla di più di ciò che si conosceva già.
In Libia ci sono 34 centri di detenzione. Il governo ne gestisce 24, mentre i restanti sono controllati dalle amministrazioni locali. Esistono però diversi campi di detenzione non ufficiali diretti dai gruppi armati e il cui numero è ignoto. Gli osservatori internazionali hanno accesso a solo la metà dei centri e solo a quelli riconosciuti. Sugli abusi e le violazioni compiuti in questi centri le testimonianze sono ormai tante. Un successo del piano italiano potrebbe significare per i migranti che vi sono rinchiusi essere sottoposti a livelli ulteriori di violenza. Dalle interviste a più di una decina di richiedenti asilo che nelle ultime settimane sono arrivati in Italia emerge, infatti, un quadro di un Paese in cui i migranti subiscono violenze sistematiche e pestaggi e finiscono per essere, per i loro carcerieri, anche una fonte di denaro ottenuto dalle famiglie, in Europa o nei paesi di origine, in cambio della loro “liberazione”.
Quella che segue è una testimonianza simbolo (nel rapporto c’è nome e cognome e le sue parole sono raccolte in un verbale che certamente anche il governo italiano conosce). Si tratta di una donna arrestata in mare da una nave militare libica e rinchiusa in uno di questi centri. La donna – eritrea, di 35 anni che adesso vive in un centro migranti vicino Roma – descrive i suoi carcerieri come torturatori. Dopo l’arresto ha vissuto otto mesi di incubo, rinchiusa con altre decine di persone in un locale fetido (come quello che illustra la foto in apertura di Narcisio Contreras). E’ stata frustata dalle guardie con un cavo elettrico e ha patito fame e sete. Aveva a disposizione un solo bicchiere di acqua al giorno, ha visto molti detenuti morire. Molte delle donne e delle ragazze venivano fatte uscire di notte per essere violentate dalle guardie. Violenze queste che non sono solo il prodotto del potere e della crudeltà, ma anche un sistema di ricatto per ottenere denaro dalle famiglie delle detenute alle quali viene sottratto tutto ma non il telefono con il quale possono chiedere soldi alle loro famiglie.
Si tratta di informazioni e testimonianze note, come detto. Note evidentemente anche al governo italiano che, a questo punto, sceglie, evidentemente, di consegnare i migranti ai trafficanti che di ce di voler perseguire.