Ong e salvataggi in mare: domande e risposte

Dopo i grandi naufragi del 2013-2015, l’opinione pubblica europea era favorevole a missioni di soccorso. Nacque Mare Nostrum. Nell’ultimo anno, le missioni internazionali hanno arretrato il raggio d’azione. Le Ong hanno svolto un ruolo di supplenza. Adesso sono sotto accusa. Senza uno straccio di prova

tratto da TerreLibere

Perché vanno a prenderli in Libia?
Da qualche anno i trafficanti ricorrono a gommoni usa e getta che non sono in grado di arrivare in Europa. Di conseguenza, l’unico modo efficace di salvare i migranti è quello di avvicinarsi ai luoghi di partenza, nello specchio di mare dove avvengono i naufragi.

Perché li portano in Italia?
Perché in base alle convenzioni internazionali bisogna andare nel porto più sicuro, non nel porto più vicino. Che significa sicuro? Dove c’è “la possibilità di richiedere asilo e di ottenere un’accoglienza dignitosa”. La Tunisia, per esempio, non ha queste caratteristiche. La Libia ancora meno, ovviamente.

Cosa ci guadagnano le Ong? Chi li finanzia?
Le Ong sono tipicamente finanziate da donazioni, cioè versamenti di privati che sostengono una causa. Dopo i grandi naufragi del 2103-2015, l’opinione pubblica mondiale – specie tra Stati Uniti e Nord Europa – è rimasta colpita dal tema del “Mediterraneo mare-cimitero” ed è nata l’esigenza di “fare qualcosa”, anche solo finanziando i salvataggi.

Chi controlla?
Tutte le azioni di salvataggio avvengono sotto il coordinamento della centrale operativa della Guardia Costiera di Roma. È il Ministero dell’Interno a indicare il porto di sbarco. Il soccorso e lo sbarco non sono iniziative private. Il quadro giuridico di riferimento è la convenzione di Amburgo del 1979 sul salvataggio in mare.

Ci sono Ong buone e cattive?

Il procuratore Zuccaro ha distinto tra Ong “di chiara fama” e altre. Quindi il problema sarebbero quelle piccole e sconosciute. In realtà basta navigare tra i rispettivi siti per scoprire che si tratta di realtà strutturate che spesso operano in varie parti del mondo: Sea-watch, Sea-eye, Jugend Rettet, Sos Méditerrané, Proactiva Open Arms, Moas.

Ci sono contatti con i trafficanti?

Le cosiddette “chiamate coi trafficanti” sono spesso Sos lanciati al fine di salvare persone destinate alla morte. Cosa dovrebbe fare chi riceve una segnalazione? Chiedersi se “proviene dai trafficanti” o andare a salvare vite umane?

Cosa ci guadagnano i trafficanti?
Il trafficante, dopo aver ricevuto il denaro, ignora la sorte dei migranti. A quel punto, per lui è lo stesso se affogano o se arrivano in Germania. Altrimenti non li abbandonerebbero su gommoni col minimo di carburante.

I salvataggi sono un “fattore di attrazione”?
“L’unico vero pull factor che esiste è la presenza dell’Europa a poche miglia marine dalla costa africana”, dice il vice-ministro degli Esteri del governo italiano. Del resto, l’idea di scoraggiare le partenze con i naufragi è semplicemente mostruosa.

Quali sono le accuse della Procura di Catania?
Non c’è nessun fascicolo aperto, solo un’indagine conoscitiva. In pratica nessuna accusa giudiziaria, ma un processo mediatico con accuse spesso strampalate. Il procuratore Zuccaro, tra le altre cose, ha parlato di Ong che vogliono “destabilizzare l’economia italiana”, senza fornire particolari.

Perché hanno quelle strane bandiere?
Le navi che effettuano salvataggi hanno bandiere di Gibilterra, Nuova Zelanda, Belize, Panama e Isole Marshal. “Sono certamente sospetti i Paesi che danno bandiera a questi assetti navali”, dice Zuccaro. Invece è normale, praticamente tutte le navi sono registrate dove costa meno. Le Ong noleggiano navi, non le costruiscono né le comprano.

I morti sono aumentati da quanto ci sono le Ong
Non ha senso stabilire una correlazione. I morti sono fisiologici perché né i grandi barconi né i gommoni sono attrezzati per una traversata così lunga. Si salva solo chi viene soccorso. Vogliamo fermare la strage? Creiamo canali legali e sicuri.

Solo le Ong salvano in mare?
Nel 2016 sono arrivati sulle coste italiane 181mila migranti. Tre su quattro sono stati salvati da organismi statali. Nel dettaglio, 46796 sono stati recuperati dalle Ong (25%), 13888 dalle navi mercantili (7%), 35875 dalla Guardia costiera (19%), 36084 dalla Marina militare (35%), 13616 dalle unità di Frontex (7,5 %), 22885 (12%) dalle navi di Eunavformed, 7404 dalle Marine estere (4%), 1683 dalla Guardia di Finanza (0,9%) e 174 dai carabinieri (0,09%).

C’è un collegamento col business dei migranti in Italia?
Nessuna delle Ong impegnata nei soccorsi gestisce centri di accoglienza in Italia, quindi non ha nessun interesse all’aumento dei numeri di migranti presenti sul territorio.

Come è nata l’idea dei salvataggi?
Dopo i grandi naufragi (su tutti quello di Lampedusa del 3 ottobre 2013, 368 morti accertati) l’opinione pubblica commossa era favorevole ad azioni di salvataggio. Nacque “Mare Nostrum”, ideata e gestita dal governo italiano. Dopo l’arretramento dei governi e le nuove stragi del 2015, i privati hanno svolto un ruolo di supplenza raccogliendo inizialmente riconoscimenti, encomi e premi.


Qual è il vero problema con le Ong?

Nel 2016 solo un migrante su quattro era salvato dalle Ong. Quest’anno le strutture statali, a cominciare da Frontex, hanno arretrato il raggio d’azione. A questo punto i privati hanno svolto un ruolo di supplenza, ma sempre nell’ambito del coordinamento di strutture ufficiali come la Guardia Costiera e il Ministero dell’Interno, che decidono chi parte per il soccorso e qual è il porto di sbarco.
Il ruolo di supplenza delle Ong nei salvataggi. Confronto 2013-2016


Dov’è quindi il problema?

Già durante “Mare Nostrum”, nel Regno Unito si era diffusa l’idea che il salvataggio era un “fattore di attrazione”. Più ne salviamo, più ne verranno. Dunque il naufragio avrebbe un ruolo pedagogico e dissuasivo. Qui non siamo più nell’ambito di vero o falso ma dei valori in cui crede l’Europa.

In secondo luogo, dopo gli accordi con la Libia si vuole affidare alle “autorità” di quel paese (ammesso che ci siano) il ruolo di gendarme della frontiera: dovranno bloccare le partenze. I problemi sono noti:

non esistono autorità centrali ma milizie che controllano pezzi di territorio;
la guerra civile libica non è finita;
le milizie abitualmente sono corrotte e violente;
i centri di detenzione libici sono luoghi disumani.
Cosa succederà, quindi? In ogni caso, meglio non avere testimoni indipendenti. Già nell’agosto del 2016 una nave di Medici senza frontiere, che soccorreva i migranti in mare, era stata attaccata da un’imbarcazione della guardia costiera libica; poche settimane dopo, una nave dell’ong tedesca Sea-watch ha denunciato che la guardia costiera libica picchiava i profughi imbarcati su un gommone.

Intanto, il veleno seminato nell’opinione pubblica comincia a dare i suoi frutti. Anche persone molto informate, dopo decine di servizi tv, insinuazioni e nessuna prova, dicono: “Però, qualcosa di strano c’è…”. Curiosamente, le stesse azioni fino a pochi mesi fa valevano premi e riconoscimenti unanimi.