Sole cuore amore, lavoro, Sinistra

L’ultimo film di Daniele Vicari


di Andrea Colasuonno

Sole cuore amore è l’ultimo film di Daniele Vicari, uscito il mese scorso e tutt’ora nelle sale. Da dove cominciamo a parlarne? Cominciamo dal principio, quando suona la sveglia.

Per Eli, la protagonista del film interpretata da Isabella Ragonese, suona ogni mattina alle 04:30. Isa ha poco più di trent’anni, un marito affettuoso e disoccupato, 4 figli, vive in una casa di fronte al mare a Torvaianica e per andare a lavoro, in un bar a Roma, ci mette due ore.

Due ore di mezzi pubblici all’andata e due ore di mezzi pubblici al ritorno. Lavora 7 giorni su 7. Va via di casa che è ancora notte e torna a casa che è già notte, “il mare? È da mesi che non lo vedo”.

Quest’ultima frase non è tratta dal film, è quello che diceva realmente ai suoi clienti Isabella Viola, la donna morta a Termini, sulla banchina della metro nel novembre 2012, a cui il film è ispirato.

Isa ha anche un’amica, di fatto una sorella, Vale, interpretata da Eva Grieco. Vale fa la ballerina, si esibisce in locali, fiere, discoteche ed ha “altri tipi di casini”. Ha un rapporto irrisolto con sua madre e un rapporto irrisolto con la sua sessualità.

C’è di buono che vive nello stesso palazzo di Isa e la aiuta con i bambini cercando di tenere insieme i pezzi di un’esistenza che man mano li va perdendo per strada. È grazie allo spazio lasciato al rapporto fra le due donne che Vicari, in un film evidentemente incentrato sul lavoro e sulle sue forme degenerate, riesce a focalizzare l’attenzione sulla condizione femminile.

Lo spiega egli stesso in un’intervista rilasciata a Repubblica. “Lo dicono le statistiche: dopo la grande crisi del 2008 le donne sono diventate il perno della società. Su di loro cade tutta la fatica sociale. Il mio film è un omaggio a questa fatica”.

Vicari dunque, dopo Diaz uscito nel 2012, prosegue sulla strada del cinema civile, per fortuna. Guardando Sole cuore amore vien da pensare che certi film sono un lavoro sporco, ma qualcuno deve pur farli, e si è contenti che se ne faccia carico uno come lui.

Tanta maestria, un ispirato e poetico realismo, nessun giudizio circa i fatti narrati. Alla fine, andando a ritroso, non si riesce a dare la colpa a nessuno del tragico epilogo.

Non alla protagonista che prova a prendersi cura di sé, ma obiettivamente più di tanto non può fare; non al padrone del bar che deve mantenere la baracca, e del resto fa solo quanto pattuito; non al marito che fa di tutto per rendersi utile, pur sentendosi uno semplicemente da buttar via. Così è facile giungere alla conclusione che ad essere sbagliato sia il sistema.

Sole cuore amore è un film che vuole parlare di lavoro, ma finisce per parlare di schiavitù.

Non deve sembrare esagerato usare il termine schiavitù. Il Global Slavery Index 2016, il rapporto sulla schiavitù nel mondo, mette l’Italia al secondo posto in Europa per numero di schiavi effettivi, ci supera solo la Polonia.

Qualche mese fa, a questo proposito, è uscito Mafia Caporale, libro del sociologo e scrittore Leonardo Palmisano, nel quale s’indaga proprio questo mondo. Sarte, braccianti, camgirls, prostitute, muratori, blogger, baristi, commesse, camionisti, sono alcuni dei mestieri su cui la crisi iniziata nel 2009 ha scaricato tutta la sua ferocia, rendendoli un inferno per chi si è ritrovato costretto a praticarli a certe condizioni.

Sarebbe forse istruttiva, a questo proposito, un’analisi comparata fra la tipologia di lavoratore rappresentata in Sole cuore amore e quella di Tutta la vita davanti di Paolo Virzì (con protagonista, tra l’altro, la stessa Isabella Ragonese).

Quest’ultimo uscito nel 2008, un anno prima che iniziasse la grande crisi, parla anch’esso di un mondo del lavoro in preda a dinamiche perverse, eppure in Sole cuore amore sembra che un passo in più verso il baratro lo si sia compiuti.

Forse ancora più istruttiva sarebbe un’analisi comparata fra questi due film e La classe operaia va in paradiso di Elio Petri, del 1971, magnifico spaccato del mondo della grande fabbrica e dei suoi risvolti alienanti.

Sarebbe istruttivo soprattutto per quanti oggi dicono di voler fare la Sinistra, per lo più concentrati a tentare di difendere operai e impiegati, mentre il mondo del lavoro, nel frattempo, è diventato questione di schiavi e precari.

Andrebbe dato come compito a casa a chiunque si senta impegnato a far rinascere quell’area politica in Italia: guardare Sole cuore amore e poi chiedersi “che cosa serve alla gente nel film per avere una vita migliore? Come faccio a propormi quale portatore dei loro interessi?”.

Svolgimento. E in questo modo ricucire il rapporto sentimentale con il popolo di cui sempre si parla. Nel film viene rappresentato proprio quel popolo e anche i sentimenti in questione. Lo dice Vicari nell’intervista già citata “il mio film è una questione di sentimenti”.

L’amaro che resta in bocca dopo averlo visto, resta proprio per via dei sentimenti. Uno pensa sempre che l’amore vinca su tutto, e la protagonista è una donna molto amata: da suo marito, dalla sua amica/sorella, dai suoi figli. Eppure in questo caso non basta, l’amore perde. Così ritornano alla mente le parole di Troisi in Ricomincio da tre.

La compagna gli dice “quando c’è l’amore c’è tutto”, e lui risponde “no, chell è a salute”, e per la prima volta, non viene tanto da ridere.