La ‘snap election’ britannica

Elezioni generali in gran bretagna giovedì 8 giugno, tra tensioni e divisioni, incertezza sulle negoziazioni tra londra e i partner europei sulla brexit e tre attacchi terroristici in meno di tre mesi, daa westminster il 22 marzo, al concerto di ariana grande a manchester del 27 maggio, fino all’ attacco a london bridge e borough market la sera del 3 giugno.

di Angelo Boccato, da Londra

La scelta a sorpresa del Primo Ministro Theresa May di convocare i comizi elettorali, in contraddizione con quanto annunciato da lei in precedenza, è stata presentata ufficialmente come motivata dalla necessità di avere un governo forte capace di trattare sulla Brexit con gli ex partner europei a partire dal 19 Giugno.
Un’ulteriore ragione per questo voto la si può trovare anche nella necessità da parte del Primo Ministro di ottenere una legittimità in qualche modo diretta per il suo governo, vista la sua sostituzione di David Cameron a seguito della débacle del fronte Stronger In senza un passaggio alle urne.
Tuttavia, il margine tra Conservatori e Laburisti ha finito per assottigliarsi fortemente nel corso delle ultime settimane, fino agli attuali tre punti di distacco (39% per il Labour Party, 42% per i Conservatives).
Ci sono molteplici fattori alla base di questo cambiamento e tra i più vistosi possiamo trovare una massiccia registrazione di giovani elettori al voto, i quali e le quali in maggioranza hanno indicato o stanno indicando una preferenza per il Labour Party, che ha incoraggiato tale registrazione, a differenza dei Tories, ma anche il fronte delle politiche sociali Conservatrici, evidenziate dal loro manifesto elettorale.
L’immagine del Primo Ministro May come ‘strong and stable’, derivante dal suo precedente ruolo di Ministro dell’Interno, ha finito per indebolirsi recentemente, in particolare dopo la ‘retro-marcia’ da lei effettuata sulla dementia tax .

Dopo una serie di tre sanguinosi attentati ( Westminster, Manchester Arena e London Bridge-Borough Market) compiuti in meno di tre mesi, la credibilità sul fronte sicurezza del Primo Ministro ha finito per essere sottoposta a un fuoco di critiche, non solo dalla opposizione di Corbyn, ma anche dalla sua stessa parte politica., con il guru politico di David Cameron , Steve Hilton che ha richiesto e invocato le dimissioni per May sul fronte dei fallimenti sulla sicurezza.

I Conservatori sono partiti da un vantaggio di 24 punti il 18 Aprile, ma al momento della pubblicazione di questo articolo il distacco tra Conservatori e Laburisti è solo di un punto.

Come si è arrivati a questa fase?

Anche se difficilmente i dibattiti elettorali e simili riescono a spostare voti, il dibattito di May col pubblico e l’intervista col giornalista veterano Jeremy Paxman su Sky News, nella quale si è confermata come nebulosa nella sua strategia per la Brexit, oltre alla sua assenza al dibattito tra i leader dei 7 partiti (Conservatori, Laburisti, Verdi, Liberal-Democratici, Scottish National Party, Plaid Cymru e UKIP) ospitato dalla BBC il 31 Maggio, hanno finito per intaccare plausibilmente la suddetta immagine.
Il Primo Ministro aveva già annunciato in precedenza la sua decisione di non partecipare a tale dibattito, inviando al suo posto Amber Rudd che le è succeduta al Ministero degli Interni; tuttavia la partecipazione a sorpresa di Jeremy Corbyn ha finito per esporre May come potenzialmente intimidita dalla discussione, ben sintetizzata dalla leader del Green Party Caroline Lucas, la quale rivolta a Rudd ha detto: “ La prima regola della leadership è quella di presentarsi”.
Il focus principale che i Conservatori stanno portando avanti al momento resta quello sulle negoziazioni per la Brexit e l’immigrazione, temi sui quali sanno di poter esporre le posizioni più dure, anche per il fatto che lo UKIP ha in Paul Nuttall un leader privo del carisma di Nigel Farage e, non di meno, quest’ultima forza politica ha perso gran parte del suo smalto e della sua influenza, inglobata invece dal partito al governo, che è riuscito a occupare strategicamente lo spazio alla propria della destra nello spettro politico.
Questa strategia sembra risultare più vincente con l’elettorato, visto il risultato del referendum dello scorso anno e il fatto che quando si arriva alle tematiche sociali, come per quanto riguarda l’NHS (il Sistema Sanitario Nazionale) i Conservatori vengono generalmente visti – e non a torto, considerando le politiche degli anni precedenti – come il partito dell’austerità e dei tagli.
Tale immagine ha connessioni anche con l’attentato di Manchester, in considerazione dei tagli di organico e di investimenti alle forze di polizia condotti quando May era Ministro dell’Interno e non a caso la prima domanda del pubblico al Primo Ministro su Sky News è stata proprio fatta da un ex poliziotto sul tema e sull’entrata in campo di 5.000 militari nelle città britanniche.

Sul fronte Laburista, la campagna elettorale si è dimostrata promettente , come si evince dai punti distacco bruciati in meno di tre mesi, per varie ragioni: Corbyn è un militante nato e un grande trascinatore e ha finito per essere pervasivo in televisione tanto quanto nei suoi numerosi comizi in giro per il Paese, il voto giovane favorisce il partito di opposizione e l’attuale scenario favorisce una tregua interna al partito, che continua a trovarsi nella situazione paradossale di avere una base elettorale fedele al leader e molto lontana, come visioni politiche, dalla gran parte dei membri del Parlamento.
Al contrario dei Tories, Corbyn non si sta focalizzando su Brexit e immigrazione, ma piuttosto sulle tematiche sociali e il manifesto elettorale Laburista per queste elezioni prevede un piano di massicci interventi dello stato nella economia britannica, tra nazionalizzazioni di compagnie energetiche, ferrovie e Poste e consistenti investimenti per il sistema sanitario nazionale e negli alloggi, temi particolarmente sensibili nel Regno Unito di oggi.
Un’ulteriore differenza tra Corbyn e i membri del Partito Laburista la si trova nel fatto che questi è maggiormente Euroscettico rispetto a loro ma finora ha voluto specificare che la libertà di movimento finirà con l’uscita dalla UE ma che i diritti dei cittadini europei nel Regno Unito verranno garantiti al pari di quelli dei britannici che vivono nel Continente.


I Laburisti vivono anche un dilemma interno sul fronte Brexit, in quanto non solo una parte del partito ha sostenuto lo scorso anno la cosidetta Lexit , una visione di sinistra della uscita dal club europeo , ma anche per il fatto che l’ elettorato di costituencies come Doncaster North, che ha visto riconfermare nel 2015 Ed Miliband, ex leader del Partito come membro del Parlamento, ha sostenuto il fronte Leave nel 2016.
I Verdi portano avanti una forte visione basata sulle politiche sociali, sulla difesa della libertà di movimento e sulle tematiche ambientali, ma non è certo se potranno godere dello stesso favore elettorale visto nel 2015, quando il leader Laburista, Ed Miliband cercava di posizionarsi più al centro dello spettro politico.
I Liberal-Democratici con Tim Farron hanno fatto del contrasto alla hard Brexit il loro cavallo di battaglia, oltre a proporre la legalizzazione della marijuana e la esecuzione dello Schema Dubs per il ricollocamento dei minorenni Siriani non accompagnati nel Regno Unito.
Entrambi i partiti, al pari dei Laburisti (o quantomeno di una parte praticamente maggioritaria di questi ultimi) cercano di contrastare la narrativa Conservatrice-UKIP sulla migrazione, libertà di movimento e sui rifugiati.
L’SNP e il Plaid Cymru si apprestano ad affrontare una sfida intensa rispettivamente in Scozia e in Galles; i nazionalisti scozzesi sono attualmente il terzo partito a Westminster, ma la crescita sorprendente dei Conservatori oltre il Vallo di Adriano potrebbe effettivamente rappresentare una sorpresa.
Il progetto di ‘alleanza progressista’ tra Laburisti, Verdi, Lib-Dems e altre forze prevede un sostegno al voto strategico in funzione anti-Tories e un conseguente supporto al candidato o alla candidata in grado di vincere un determinato seggio; tale alleanza ha un forte sostegno nelle basi elettorali, ma resta da vedere quanto potrà fare breccia effettivamente l’8 Giugno prossimo.

La pressione rimane a livello europeo poi intensa, in quanto gli ultimi vertici coi partner continentali hanno evidenziato con chiarezza lo scarso desiderio dei Paesi membri di fare sconti a Londra nelle negoziazioni sulla Brexit, specie considerando l’approccio duro scelto da May.
Su tal fronte, l’elezione di Macron in Francia, fautore di un approccio non conciliante con Londra e la possibile rielezione di Merkel in Germania si mostrano come fattori non positivi per i Conservatori.
Manca davvero poco al verdetto elettorale, ma si può restare certi di un fatto: la strada sarà in salita per il nuovo Primo Ministro, a livello interno, europeo ed internazionale.