Croazia e Ungheria: profughi e migranti presi a calci come palloni, decine di segnalazioni, nessuna inchiesta
di Flore Murard-Yovanovitch
Nel dilagante fascismo della frontiera, il tassello della Croazia è rimasto più a lungo nell’ombra. Censura, impunità, abusi di frontiera quotidiani contro profughi.
Su quel confine serbo-croato, dove finisce in un imbuto la rotta balcanica chiusa a marzo 2016, dove si è aperta una nuova rotta per via dell’ermetica chiusura dell’Ungheria, da mesi volontari dell’associazione Rigardu denunciano l’escalation di violenza da parte della polizia croata. Profughi picchiati per ore, sequestrati in furgoncini, picchiati uno a uno nei boschi, e deportati in Serbia.
Il pomeriggio del 7 giugno scorso, cinque afghani, tra cui quattro minorenni, arrivati dalla Serbia, tentavano di entrare in Croazia dalla Slovenia.
Arrestati a Šapjane, nella zona di Primorsko-Goranska, dalla polizia croata, tre di loro vennero brutalmente picchiati. Uno preso a calci dai poliziotti, come se fosse un pallone da calcio. Circa quindici i poliziotti presenti, ma gli abusi sono stati commessi in particolare da tre di loro con le maschere.
La testimonianza oculare di Rigardu (e di Support Convoy Dresden) descrive poliziotti che prendono a calci a terra, rimpallandosi i corpi dei profughi come se fossero un gioco, picchiandoli anche con bottiglie piena di acqua. La prassi del corpo del migrante usato da palla da calcio è stata descritta da tanti profughi deportati in vari posti della Serbia.

foto tratta da Are you Syrious?
Il 9 giugno, dieci afghani, arrestati in pieno territorio croato, a cinque ore di cammino dal confine serbo, picchiati e deportati indietro. Come già l’11 giugno scorso a Tovarnik, posto della dogana croata vicino il confine serbo, dove agenti di polizia con guanti da combattimento e maschere, ha derubato di soldi e cellulari i malcapitati e ha pestato per ore un gruppo di algerini; tra cui sei minorenni.
Prima con i taser (manganelli elettrici), colpi di bastone alla schiena e alla nuca, e poi a calci con scarponi imbottiti di metallo mentre alcuni di loro perdevano coscienza. A Tovarnik, il 2 giugno, già quattro algerini, tra cui due minorenni, erano stati caricati in un van verso il confine con la Serbia e dopo il rinforzo di sei poliziotti, riempiti di botte; Mohammed, diciassettene asmatico, ha perdere i sensi.
Più a est non diminuisce la violenza, anzi, si fa sempre più sadico e mostruoso il volto della polizia ungherese.
L’ultimo raid anti-migranti, la notte del 24 giugno. A cinque chilometri dalla zona di transito di Horgos, due minorenni pakistani di 15 e 17 anni, sono stati assaliti da sei pastori tedeschi, derubati dei loro averi, e picchiati dalla polizia magiare con bastoni, insultati ed è stata loro gettata acqua in faccia, per essere poi deportati in Serbia.
Stesso abuso il 13 giugno scorso, contro un gruppo di 25 pakistani, un iraniano e un siriano. Aggrediti dal cane Freki, con il fango in faccia al grido di “Welcome to Hungary”.
E’ la prassi ormai consolidata dei cacciatori di migranti: bastoni, corridoi di poliziotti per prendere a calci uno a uno gli stranieri; il tutto al suono di musica fokloristica, birra e vino versati in testa. Scene fasciste.
Un profugo racconta che la polizia armata con AK-47, “ci minacciava con le pistole sulle tempie” (testimonianza raccolta dai volontari di Are you Syrious?). E poi un’ora e mezzo di marcia forzata presi a bastoni nella schiena fino al varco di Horgos.
Mentre scrivo giungono rapporti incessanti di abusi, tutti similari. L’ultimo raid, il 4 luglio, quattro Algerini tra cui un minorenne e quattro Pakistani arrestati nei vagoni sul confine croato, sequestrati in un van chiuso dalla polizia di confine e picchiati uno a uno dalle guardie di frontiera.
Una brutalità sistematica, istituzionale nei Balcani, mirata a terrorizzare quelli che vorrebbero tentare di passare il confine.
La clinica di Medici Senza Frontiere a Belgrado che, nel mese di giugno, ha curato 24 pazienti con segni di traumi e ferite, continua a denunciare e documentare gli abusi delle autorità di frontiera.
Tra Settembre 2016 e Febbraio 2017 in Serbia, secondo le consultazioni psicologiche di Msf, il 59 percento dei pazienti ha dichiarato di aver subito violenze durante il viaggio, di cui il 97 percento nei paesi membri dell’Unione Europea, in particolare Ungheria, Bulgaria e Croazia.
“La violenza non risparmia neppure i più deboli, durante questo periodo: il più giovane dei nostri pazienti è stato un bambino di 10 anni”, dichiara Andrea Contenta, esperto di Affari umanitari di Msf in Serbia. “Purtroppo, questo non ci sorprende dato che un terzo dei casi di violenza riscontrati dalle visite psicologiche riguarda minori, per lo più non accompagnati. Di fronte a un’Europa che continua a promuovere discorsi xenofobi, picchiare chi è in cerca d’asilo non fa più notizia. Eppure al confine tra la Serbia e la Croazia, negli ultimi mesi i medici di Msf continuano a curare e documentare le ferite di afgani, pakistani, marocchini, algerini e cubani che continuano a rischiare la vita per attraversare un confine.”

foto tratta dall’account twitter di Msf
Nell’ultima settimana di giugno due bambini di 15 e 13 anni sono morti in Serbia mentre cercavano di raggiungere la Croazia su un camion. Queste sono le due ultime vittime delle 77 morte lungo la rotta dei Balcani, che l’Europa continua a ignorare. Deterrenza-Europa: letale.
I circa 10mila profughi bloccati in Serbia non potranno così chiedere asilo in Europa. La questione aperta è quella dell’impunità. Rare le denunce da parte di persone in movimento, senza cellulare e che non sapranno dove dormiranno il giorno dopo, non conosco la matricola o il nome dei loro aggressori, in totale assenza di indagini da parte delle autorità ungheresi e croate, per non dire del silenzio-stampa di media e organismi internazionali, come Unhcr, finora silenziosa sui massicci abusi alle frontiere.
Rimangono gli occhi di volontarie e organizzazioni indipendenti, come il Center for Peace Studies e Are You Syrious? che hanno pubblicato ad aprile scorso un rapporto sull’incremento delle deportazioni illegali e del diniego delle richieste di asilo, pure di profughi siriani e iracheni. Mentre a maggio scorso, sulla base di un rapporto sulle violenze poliziesche, Are you Syrious? e Welcome Initiative hanno richiesto allo stato croato di aprire un’indagine indipendente.
Intanto, da maggio, sempre più profughi nei dintorni di Šid, dove dormono nelle foreste dalla paura delle deportazioni, tornano con ferite sul corpo.
L’11 giugno, a Šid, cinque algerini sono stati pestati dopo aver cercato di varcare il confine nascosti nei vagoni ferroviari. Questa volta dalla polizia serba.
Tanti raccontano il cambiamento di volto di una polizia finora non violenta verso i profughi. Un’ennesima richiesta dall’Unione Europea per chiudere la rotta balcanica a tutti costi? O il segnale che il virus del fascismo della frontiera che dilaga a macchia di odio?