Super: il festival delle periferie #2

Un esercizio di cittadinanza

di Nicla Dattomo

Per me, che sono un architetto e un urbanista, aderire alla proposta di cominciare un lavoro di osservazione e ascolto nei quartieri di Milano per dare vita a un Festival delle Periferie è stato un atto, mi vien da dire, naturale e conseguente alle premesse della mia formazione.
Dapprincipio, ho anche immaginato di sapere cosa stavo per fare e di disporre degli strumenti giusti per farlo.

Gli architetti e gli urbanisti, infatti, hanno la tendenza a ritenere che le città siano oggetto specifico delle loro competenze e, sebbene ne possano saper criticamente valutare la pertinenza e l’efficacia, nella gran parte dei casi ritengono anche di disporre del necessario bagaglio per osservare, interpretare e descrivere questo oggetto, per quanto complesso, stratificato e mutevole possa essere.

Per quanto sappiano di essere parte di un gruppo molto folto di attori che determinano i processi attraverso cui la città continuamente si modifica e si riproduce, gli architetti e gli urbanisti sono anche inclini a credere di poter svolgere, rispetto a quei processi, un ruolo essenziale e prezioso, soprattutto in quanto portatori di una serie di saperi peculiari, che hanno a che fare con la progettualità e con il governo dei loro esiti.

Per me, che sono un architetto e un urbanista, Super è innanzitutto un’inaspettata, bellissima e corroborante messa in questione di queste convinzioni. Da quando, a fine 2015, abbiamo cominciato i nostri Tour del “Festival lento” in quartieri delle periferie milanesi che, da immigrata, spesso conoscevo solo di nome, rifletto infatti felicemente sulle seguenti scoperte.

In primo luogo, che l’attenzione alla città e lo sviluppo di strumenti per osservarla, interpretarla e descriverla, ma più ancora per immaginarla e cambiarla, appaiono, in questo particolare momento, a Milano e soprattutto in periferia, dove più pressanti sono le domande e meno utili le risposte dettate dal senso comune, un patrimonio condiviso all’interno di gruppi numerosi, eterogenei e aperti, che non rimane appannaggio di specialisti o circoli ristretti, ma al contrario chiede di essere alla portata di tutti, comunicato, messo a confronto, persino smentito, se serve.

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