Migranti. Virata a destra in Danimarca

L’estrema destra a sostegno della maggioranza condiziona i provvedimenti del governo liberale.

di Michele Ferro

È una brusca virata a destra quella che ha compiuto la Danimarca in materia di diritti per gli stranieri.

È il risultato delle politiche portate avanti dal governo guidato dal premier liberale Lars Lokke Rasmussen, che in Parlamento conta sul Dansk folkeparti, formazione di estrema destra sprovvista di propri esponenti tra i ministri ma indispensabile per la maggioranza.

Ong in mare

Mosse di rilievo in questo senso sono state fatte tra fine giugno e inizio luglio da due membri del Partito liberale. Marcus Knuth, portavoce per la questione immigrazione, ha sottolineato al quotidiano Berlingske la necessità di riconsiderare l’aiuto alle ong all’opera per il soccorso dei migranti nel Mediterraneo qualora ricevano fondi danesi (ci sarebbe almeno un caso del genere) perché la loro azione “risulta un incentivo ai pericolosi viaggi dei migranti”.

Solamente il Dansk folkeparti, il Partito del popolo danese, ha sostenuto questa accusa nella maggioranza, più prudente la posizione dell’Alleanza liberale e del Partito conservatore, i due gruppi minori che la completano.

La compagna di partito e ministra per l’Integrazione Inger Stojberg ha rincarato la dose a margine del vertice europeo in Estonia – lo stesso da cui è arrivato un primo via libera all’iter per la nascita del codice di comportamento delle ong nei salvataggi, la cui bozza è stata tanto criticata negli ambienti dei soccorritori non governativi perché troppo restrittiva.

In questa sede Stojberg ha tratteggiato una “alleanza fra trafficanti di uomini e organizzazioni umanitarie” (accusa respinta con forza dal segretario generale di Save the children Denmark, Jonas Keiding Lindholm) e si è detta convinta della necessità di cambiare le modalità di azione di tali organizzazioni.

Moschee e finanziamenti esteri

Quando si parla di tematiche legate all’immigrazione, il Partito del popolo danese è particolarmente attivo: solo tre settimane fa ha cercato di vietare i finanziamenti alle moschee provenienti dall’estero. Una proposta cha ha trovato in disaccordo la ministra per l’Integrazione Inger Stojberg.

La stessa ministra, che a marzo aveva festeggiato con una torta un inasprimento dei controlli sull’immigrazione, attirando l’attenzione dei media internazionali e suscitando severe critiche, in questo caso ha bollato  come ‘discriminatoria’ la proposta.

Respingimento richiedenti asilo, anche minorenni

Maggioranza compatta invece, e supporto anche dai Socialdemocratici, il più importante partito dell’opposizione di centrosinistra, per un provvedimento entrato in
vigore a maggio e che consente al governo, di fronte a un’ondata migratoria di grande portata, di attivare il respingimento di tutti i richiedenti asilo.

Anche dei minori non accompagnati, con qualche eccezione valutabile, ad esempio nel caso i genitori siano già in Danimarca. Il provvedimento ha suscitato forti proteste negli ambienti di sinistra.

Limitazioni al diritto agli assegni familiari

Maggioranza unita e appoggio dei socialdemocratici anche per una limitazione del diritto agli assegni familiari per gli stranieri, varata a marzo e destinata a finanziare un pacchetto legislativo in tema di sicurezza. In questo caso la norma è stata fortemente inasprita: per il pieno diritto all’assegno la permanenza minima di uno dei due genitori è stata portata da due a sei anni.

Diritto alla cittadinanza

E come se non bastasse, anche il diritto a ricevere la cittadinanza danese potrebbe essere sensibilmente rivisto in futuro. Il Partito del popolo danese ha presentato sei mesi fa una proposta per introdurre un tetto di 1000 assegnazioni all’anno, limitandole in modo significativo, considerato che normalmente ne vengono assegnate 4-5mila. La risposta negativa del Parlamento non ha fermato il Dansk folkeparti.

Infatti, il partito di estrema destra, a giugno, come aveva già dichiarato sei mesi fa subito dopo il no dell’assemblea parlamentare, ha ribadito che non intende rinunciare a un braccio di ferro. Una presa di posizione davvero pesante, per l’influenza che il partito ricopre nella maggioranza di governo.