Morire di confine a Como

Dopo essere stati a Ventimiglia, dove i morti di confine sono stati 12 in pochi mesi, torniamo a Como, dove i migranti provano e riprovano ad attraversare la frontiera a loro preclusa con la Svizzera, ferendosi o perdendo la vita sui treni, con numeri consistenti sia nei tentativi che nei respingimenti.

Di Andrea Quadroni e Michele Luppi, foto di Michele Luppi, per Open Migration

Una tomba nel Canton Ticino

Il corpo di Diakite Yoursouf riposerà per sempre nel piccolo cimitero di Balerna, in Canton Ticino, a pochi chilometri dalla frontiera italiana che aveva attraversato il 27 febbraio scorso nascosto sul tetto di un Tilo, i treni gestiti congiuntamente dalle Ferrovie Svizzere e dalle italiane Trenord. Il treno, diretto a Bellinzona, era partito dalla stazione di Milano Centrale alle 18.10. I soccorritori l’hanno trovato alla stazione di Balerna: il convoglio era stato fermato dopo alcune segnalazioni di passeggeri che avevano sentito rumori anomali provenire dal tetto di uno dei vagoni. Per il giovane, rimasto folgorato, era già troppo tardi. A tradirlo è stato un gesto maldestro o, molto più probabilmente, la differenza fra il sistema di alimentazione delle ferrovie italiane e quello delle ferrovie svizzere. C’è, infatti, un punto nei pressi della galleria che da Como porta a Chiasso dove il pantografo utilizzato sulla rete italiana (dove si usa una corrente continua a 3000 V) si abbassa per lasciare spazio al corrispettivo svizzero, che sfrutta un sistema a corrente alternata monofase da 15 mila V. Un cambio di corrente risultato letale.

Non è chiaro se il giovane fosse salito sul tetto del treno alla stazione San Giovanni di Como divenuta, dall’estate scorsa, uno dei punti caldi nei flussi migratori lungo la frontiera nord. Nessuna tra le associazioni e le realtà impegnate a livello cittadino nell’accoglienza dei migrati in transito ha dichiarato di averlo incontrato nei giorni precedenti.

E ci sono voluti quasi due mesi prima che le autorità svizzere, in accordo con quelle italiane, ne rivelassero le generalità.

La preghiera per Diakite Yoursouf a Balerna, in Canton Ticino (foto: Michele Luppi)

A dare alcuni particolari in più è stato Thiam Amadou Opa, delegato dell’ambasciata maliana a Ginevra, arrivato in Ticino l’11 aprile scorso insieme ad alcuni familiari del giovane per la cerimonia funebre organizzata dal Comune di Balerna. “Speriamo che ora Youssuf possa riposare in pace”, aveva dichiarato in quell’occasione il vicesindaco Adriano Cattaneo a nome dell’amministrazione svizzera che si è fatta carico di tutte le spese.

“Sappiamo che voleva raggiungere Parigi, dove lo aspettava la famiglia”, ha raccontato il funzionario africano, “così come le autorità italiane ci hanno rivelato di precedenti tentativi di varcare la frontiera a Ventimiglia.

Probabilmente Yoursouf ha attraversato il deserto e il mar Mediterraneo come tanti giovani che lasciano i paesi dell’Africa per inseguire un sogno in Europa. Noi cerchiamo di metterli in guardia dai rischi dell’immigrazione irregolare, ma il richiamo è troppo forte.

Bisogna lavorare in sinergia tra stati di partenza e di destinazione perché queste tragedie non capitino più”.

Quella del giovane è l’unica tomba di un musulmano all’interno del cimitero cattolico di Balerna, ma a nessuno, in paese, sembra dar fastidio. In molti, fin dal giorno della tragedia, si sono attivati perché questa morte non venisse dimenticata. Momenti di preghiera e riflessioni si sono tenuti sia in Ticino sia nella vicina Como.

Un altro incidente

E se Diakite Yoursouf è stata la prima persona a morire sulla frontiera italo-svizzera da quando, a luglio del 2016, Como si è ritrovata al centro di un flusso consistente di migranti in transito verso il nord Europa, sabato 18 marzo, meno di tre settimane dopo, un ragazzo del Camerun di 22 anni è rimasto folgorato in cima alla carrozza di un Tilo mentre tentava di superare il confine. Soccorso a Chiasso, è stato trasferito e ricoverato al centro grandi ustionati di Zurigo. Sopravvissuto dopo giorni di terapia intensiva, sul corpo porterà sempre i segni del suo tentativo fallito. L’inchiesta coordinata dalla procuratrice pubblica Marisa Alfier ha confermato che il giovane è salito sul tetto del convoglio alla stazione di Como San Giovanni, come raccontato da un testimone oculare a “La Provincia”.

L’identificazione del giovane è avvenuta grazie alle impronte digitali, perché aveva già provato più volte a passare il confine. Subito dopo l’incidente, le Ferrovie federali Svizzere hanno annunciato di voler intensificare il monitoraggio e la prevenzione degli attraversamenti, di concerto con Trenord nella parte italiana. Meno di due mesi dopo, però, le stesse ferrovie, alla domanda se fossero state messe in campo misure o dispositivi di controllo per prevenire ulteriori incidenti di questo tipo, hanno risposto, perentorie, che le Ffs sono un’azienda di trasporto e non si occupano di politica migratoria, e che non è stato messo a punto alcun dispositivo particolare per il controllo, aggiungendo come la presenza costante di migranti a bordo dei treni non abbia mai creato problemi di “ordine pubblico” o disservizi.

L’unica contromisura affinché non accadano più incidenti resta, quindi, l’informazione nei luoghi ad alta presenza di migranti.

A questo proposito, l’osservatorio migranti WelCom di Como ha realizzato un’immagine con una scritta in 5 lingue per avvisare del pericolo chi provasse a passare il confine. “Chiediamo”, scrivono, “ad associazioni e singoli cittadini di diffonderlo tra i migranti e nei luoghi da loro frequentati non solo a Como ma lungo le direttrici percorse attraverso l’Italia”.

Il volantino dell’Osservatorio Migranti di Como per avvisare dei pericoli negli attraversamenti.

È necessario, quindi, fare in modo che i migranti sappiano che provare a superare i controlli in quel modo può costare loro gravi ferite quando non la morte. È bene ribadire che la tensione elettrica delle linee delle ferrovie svizzere è molto alta e continua a scorrere anche nel cuore della notte, quando di mezzi non ne passano. Solo sostare nei pressi, a meno di un metro, può essere letale: la corrente può scaricarsi in un arco voltaico con conseguenze identiche a quelle di un contatto diretto: gravi ustioni, lesioni interne oppure la morte.

Calma apparente

Secondo quanto diffuso dalle autorità elvetiche nei primi sei mesi del 2017, sono stati 8.284 i tentativi di passaggio ai valichi del Canton Ticino e 6.916 le riammissioni verso l’Italia. Complessivamente – stando ai dati ufficiali – le persone fermate sono state 5.885, e questo significa che alcuni hanno provato più volte.

Tra le principali nazionalità di chi ha tentato di attraversare, Guinea, Gambia, Nigeria, Costa d’Avorio, Somalia, Marocco, Eritrea.

I dati dei primi mesi del 2017 evidenziano un aumento dei flussi rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso – nei primi sei mesi si sono contati 7139 tentativi – ma sono numeri decisamente più bassi rispetto a quelli dell’estate 2016 – in particolare luglio (6.139 tentativi), agosto (6.186) e settembre (4.303) – cioè al periodo in cui a Como si era formato, nei pressi dei giardini della stazione, un vero e proprio accampamento informale arrivato a ospitare circa cinquecento persone.

Oggi le cose in città hanno subito un’evoluzione e, a differenza di Ventimiglia dove la pressione è ancora forte, la situazione appare relativamente calma. Lo scalo ferroviario, peraltro chiuso durante la notte, è presidiato 24 ore su 24 dalle forze dell’ordine, e ai migranti è impedito di sostare nei dintorni.

Al centro di accoglienza temporaneo attivato dalla Prefettura di Como nel settembre scorso ci sono circa 300 ospiti (su una capienza massima di 380 persone), ma oltre la metà sono richiedenti asilo arrivati a Como dopo il soccorso in mare e in attesa di essere destinati ai Centri di Accoglienza Straordinaria (Cas) sul territorio.

Questo perché, nel corso dei mesi, il centro ha cambiato spesso natura. Aperto con l’obiettivo di favorire uno sgombero della stazione, e quindi accessibile a tutti, oggi è uno spazio ibrido utilizzato per minori stranieri non accompagnati, soggetti cosiddetti vulnerabili (donne e famiglie) e richiedenti asilo in attesa di collocazione nei Cas del territorio.

Questo ha portato alla formazione di piccoli insediamenti di migranti – che non hanno il profilo richiesto per accedere al campo – in altre zone della città. Secondo don Giusto Della Valle, parroco di Rebbio, particolarmente attivo nell’accoglienza, i migranti rimasti fuori dal sistema sono un centinaio.

Alla stazione di Balerna, in Canton Ticino (foto: Michele Luppi)

In questi mesi, per quanto riguarda la frontiera col Ticino, il treno è risultato di gran lunga il mezzo più utilizzato per tentare di attraversare: a luglio 2016, avevano impressionato le immagini di un giovane eritreo sorpreso nel tentativo di entrare clandestinamente in Svizzera nascondendosi all’interno di un trolley, trasportato da un connazionale su un treno. Ma c’è anche chi ci ha provato ad attraversare a piedi, lungo l’autostrada, nei boschi o lungo la massicciata ferroviaria.

Fin dall’inizio dell’estate, sono stati segnalati diverse gruppi di migranti sull’A2 svizzera, all’altezza dei ripari fonici. I più recenti sono i tentativi tramite le compagnie di bus di linea come FlixBus. Un fenomeno, da sempre esistito, ma che nel 2017 sta diventando sempre più consistente in Ticino, è quello dei passatori: da inizio anno al mese di maggio, le guardie di confine hanno contato 33 casi di sospetti, alcuni già arrestati e altri con decreto d’accusa. In totale, se si considerano le segnalazioni non sfociate ancora nel penale, il numero supera la sessantina, di cui nove fatte a individui di nazionalità italiana. Del resto, ed è una delle storie tragiche legate alla migrazione, per i passatori il “gioco vale la candela”, vista l’enorme quantità di persone che bramano di attraversare.

In copertina: la tomba di Diakite Yoursouf nel cimitero di Balerna (fotografia di Michele Luppi come tutte le foto nell’articolo).