Tensione Guatemala

Il commissario ONU contro l’impunità e la corruzione dichiarato persona non grata nel paese

di Roberto Meloni

Nella giornata di domenica 27 agosto, quando erano da poco passate le 6 del mattino in Guatemala, il Presidente della Repubblica, l’ex comico Jimmy Morales, ha pubblicato sui social network un video con il quale dichiara persona non grata Ivan Velasquez Gomez, ordinando il suo abbandono immediato del paese centroamericano.

Ivan Velasquez è stato commissario della Commissione Internazionale contro la Corruzione e l’Impunità per il Guatemala (CICIG).
Tale istituzione, creata nel 2006 dalle Nazioni Unite congiuntamente con lo stato guatemalteco, ha raggiunto i suoi massimi risultati di lotta contro la corruzione e l’impunità a partire dall’ottobre del 2013 proprio alla guida del colombiano Velasquez.

Nel 2015 le indagini portate avanti da questa commissione, insieme con il Pubblico Ministero guatemalteco, avevano portato alle dimissioni di Roxana Baldetti, all’epoca vice presidente della Repubblica, e avevano portato – due giorni prima delle elezioni politiche del settembre 2015 – persino alle dimissioni del presidente Otto Perez Molina.

Grazie anche alle numerose e partecipate manifestazioni di piazza convocate per molte settimane di fronte al Palazzo Presidenziale della capitale guatemalteca, la CICIG, e in particolare la figura di Velasquez, aveva acquisito sempre più rilevanza e fiducia fra i cittadini del Guatemala, che fino a quel momento avevano spesso considerato questa istituzione poco efficiente, se non addirittura inutile.

Nella campagna elettorale che incoronò alla presidenza l’ex comico Jimmy Morales, con lo slogan ni ladrón ni corrupto (né ladro, né corrotto), lo stesso Morales aveva assicurato incondizionato sostegno al lavoro della CICIG.

Forse anche proprio per questo motivo, i guatemaltechi gli avevano affidato la guida del paese nonostante la scarsa esperienza politica.

Da quando è entrato in carica, Morales ha rinnovato il mandato dell’istituzione contro la corruzione (che si rinnova ogni due anni), fino al 2019. Molti consideravano questo uno specchietto per le allodole, per ingraziarsi il popolo guatemalteco che più volte ha ribadito di essere stanco della corruzione e dell’impunità presente nella classe politica e dirigente del paese.

Molte volte, in questo anno e mezzo del suo governo, indiscrezioni di stampa e di analisti politici, davano Morales in difficoltà nell’accettare la figura di Ivan Velasquez.

La CICIG a guida Velasquez ha scoperchiato casi di corruzione che hanno portato in tribunale i più alti vertici dello stato e non si sarebbe fermata davanti ad ostacoli eventualmente interposti degli attuali politici che sono alla guida del paese.

Pochi mesi fa, grazie ad un’indagine della commissione internazionale delle Nazioni Unite, sono stati arrestati il figlio e il fratello del presidente Morales.

L’epilogo di questa complicata relazione si è avuto negli ultimi giorni, come suppone il giornale guatemalteco Nomada, quando il presidente sarebbe stato informato che la CICIG e il Pubblico Ministero stavano indagando da settimane sul presunto finanziamento illegale del secondo turno delle elezioni del 2015 che sarebbero potute arrivare fino al presidente stesso.

“Sebbene fino a settembre del 2015,- evidenzia Nomada– Jimmy Morales e FCN-Nación (il suo partito, ndr) non hanno avuto bisogno di una campagna elettorale onerosa per arrivare al ballottaggio con il 23% dei voti, le finanze del candidato e del partito hanno avuto un cambio sostanziale nella competizione diretta con Sandra Torres (l’altra candidata arrivata al ballottaggio ed ex first lady con il presidente Alvaro Colom, ndr) fra settembre e ottobre. Il settore privato tradizionale ed emergente si è avvicinato a colui che i sondaggi davano per favorito, e lo finanziarono. Fu così che i candidati Jimmy Morales e Jafeth Cabrera (attuale vicepresidente, ndr), dalla notte alla mattina ebbero cartelli pubblicitari dappertutto, elicotteri, hotel a loro disposizione e molto altro”.

La CICIG quindi, starebbe indagando sul finanziamento del partito di Morales e dei suoi, e avrebbe chiesto antejuicio, ovvero sostanzialmente di togliere l’immunità al presidente, affinché possa affrontare un processo.

Qualche giorno fa, proprio a seguito di una conferenza stampa congiunta fra la responsabile del Pubblico Ministero, Thelma Aldana, e Ivan Velasquez, dove si dichiarava pubblicamente che si stavano portando avanti delle indagini sui finanziamenti illeciti ai partiti, sono iniziate a circolare voci circa un viaggio che il presidente Morales stava per compiere al Palazzo di Vetro di New York, proprio per chiedere la destituzione di Velasquez.

L’opinione pubblica guatemalteca è ritornata così in piazza con lo slogan Ivan se queda, con il rispettivo hashtag #IvanSeQueda. La stessa Thelma Aldana, interpellata sulla possibile destituzione del suo collega internazionale, ha dichiarato che avrebbe lasciato il suo posto se ciò fosse realmente accaduto.

Ed è così che, fra manifestazioni, tweet e conferenze stampa in solidarietà con il commissario Velasquez, il colpo di scena arriva domenica 27 agosto, quando in Guatemala sono da poco passate le 6 del mattino, tramite un video pubblicato sul profilo twitter del governo del Guatemala.

“Il Presidente della Repubblica con fondamento nella costituzione guatemalteca (…) per l’interesse del popolo del Guatemala, dichiara non grato il signor Ivan Velasquez Gomez, in qualità di commissario della CICIG, e ordina che abbandoni immediatamente la Repubblica del Guatemala.”

Nonostante ciò accadesse nelle prime ore del mattino, i social network si sono scatenati, convocando una immediata manifestazione nella capitale guatemalteca, e inviando messaggi di solidarietà all’ormai ex commissario delle Nazioni Unite.

Molte piazze del paese si sono così rapidamente riempite di persone che sono andate a manifestare il loro sostegno a Velasquez. Di fronte alla sede istituzionale della CICIG, nonché residenza del commissario ONU, un gruppo di manifestanti è accorso fin dalle prime ore del mattino per mostragli la loro vicinanza, mentre all’interno arrivavano uno ad uno tutti i rappresentanti del corpo diplomatico, la rappresentante Aldana del Pubblico Ministero e la premio Nobel per la Pace, Rigoberta Menchú.

Alcuni ministri hanno immediatamente rassegnato le loro dimissioni, provocando una crisi di governo forse inaspettata da parte del presidente Morales.

Proprio mentre da ogni parte ci si organizzava in manifestazioni di solidarietà, improvvisamente arriva la notizia che la Corte Costituzionale si è riunita in tutta fretta e si è dichiarata a favore dell’annullamento della decisione presidenziale, accogliendo un amparo posto da organizzazioni della società civile.

Dopo tale decisione della Corte Costituzionale, la popolazione guatemalteca non si è comunque fatta spaventare dai rumors che davano il presidente pronto a dichiarare un estado de sitio, lo stato di assedio.

Chiedendo a loro volta le dimissioni di Jimmy Morales, sono rimasti nei punti strategici della città capitale, sventolando bandiere del Guatemale e chiedendo a gran voce il ritiro della delibera contro Ivan Velasquez.

Lo stato d’assedio, che continua ad essere un’opzione sul tavolo del capo del governo, gli permetterebbe di avere il potere di impedire le manifestazioni e mandare l’esercito e la polizia per strada a reprimere le persone che manifestano.

E mentre sembrava che l’ambasciata statunitense fosse pronta ad evacuare il commissionato Velasquez, c’era chi parlava della paura di un ritorno agli anni ‘80, con colpi di stato continui, e militari sanguinari al governo.

Il futuro del paese centroamericano preoccupa i molti guatemaltechi e guatemalteche che hanno fatto della lotta contro l’impunità e la corruzione una bandiera per un reale cambiamento del paese, e che vedevano in Ivan Velasquez uno dei principali rappresentanti di questa lotta di giustizia.

In un paese con così tante disuguaglianze, la corruzione dei politici appare uno schiaffo ancor più dannoso verso il popolo. E questa destituzione sembra essere solo l’inizio di un confronto che si prevede serrato fra il popolo che reclama giustizia, e la classe politica che cerca di proteggere se stessa ad oltranza.