Gabo, uno scrittore all’inseguimento del cinema

Il regista cubano Senel Paz descrive il rapporto speciale che lega Gabriel García Márquez al cinema

di Lorenzo Pirovano, tratto da Festivaletteratura*

“Stanco di non ritrovarsi nei film che scriveva, una mattina dell’ottobre 1965 si sedette alla macchina da scrivere e non la lasciò per diciotto mesi. In quel tempo capì che non esisteva un atto di libertà più profondo che inventarsi il mondo. Poco dopo uscì Cent’anni di solitudine“.

Sebbene si trovi sul palco del Teatro Bibiena e stringa nelle mani una specie di copione, il regista cubano Senel Paz non è venuto a Mantova per recitare ma, parole sue, “per rendere omaggio a un grande come Gabo e per raccontare il suo rapporto con il cinema”.

Un mondo, quello del cinema, su cui García Márquez ha cambiato idea diverse volte durante la sua carriera. Definito da lui stesso un “matrimonio sbagliato”, l’idea che il cinema rappresentasse un mezzo d’espressione più profondo della letteratura lo ossessionava.

Senel Paz cita le parole del suo amico scrittore ma esprime il suo disaccordo: «ha sempre inseguito il cinema, è stato uno sceneggiatore che scriveva mentre aspettava gli si aprissero le porte del grande schermo».

L’inseguimento di cui parla Paz iniziò nel 1956 quando il ventiseienne Gabo, già accanito cinefilo, scriveva di cinema sulle pagine de El Espectador.

Proseguì con il suo viaggio in Europa, spunto per aprire una scuola di cinema a Barranquilla (progetto rivelatosi fallimentare, diversamente dalla Escuela Internacional de Cine y TV a Cuba). E che, dopo false illusioni, rifiuti e critiche negative, si trasformò in reazione.

“Si rinchiuse a scrivere per dimostrare che il cinema non fosse onnipotente e che la letteratura potesse arrivare più lontano”, racconta il regista cubano, ricordando che “da quell’esperienza uscì l’opera più cinematografica e meno cinematograficamente utilizzabile firmata G.M.M., Cent’anni di solitudine, ovvero il momento in cui Gabo smise di inseguire il cinema e il cinema iniziò a inseguire Gabo”.

Senel Paz elenca le caratteristiche del legame indissolubile tra García Márquez e il cinema: “Il suo stile narrativo cinematografico, la grande economia di parole, la sua dettagliata descrizione dei movimenti dei personaggi. Lui stesso ha affermato che sembrava scrivere con una telecamera in mano”.

Se non bastasse l’analisi del suo stile letterario, i ventitrè film tratti da opere di Gabo tra il 1968 e il 2011 rappresentano una conferma alla tesi sostenuta dal regista cubano, che chiude l’incontro con un ultimo aneddoto: “In occasione di un incontro con alcuni capi di stato chiese con forza la difesa del cinema come espressione dell’identità e della cultura di ogni popolo. Non ‘reclamò’ per il suo settore, la letteratura. Il cinema lo rendeva felice”.

*riproduzione riservata