Il bel Nobel delle onde gravitazionali

Barry Barish, Kip Thorne e Rainer Weiss hanno vinto il Premio Nobel per la scoperta osservativa delle onde gravitazionali. E’ un bel Nobel per più ragioni.

di Bruno Giorgini

Intanto l’età dei premiati. Weiss ha ottantacinque anni (85), Barish ottantuno (81), Thorne settantasette (77), a scorno di tutti quelli che sbandierano la giovinezza come una necessità per un buon lavoro scientifico se non per il genio.

Inoltre questa età avanzata testimonia di una ricerca di lunga lena, misurata sulle decine d’anni, in realtà come vedremo più o meno un secolo. In un mondo che sembra animato dalla paranoia della velocità, questo Nobel premia la lentezza – si legga La Lentezza, bel libro di Milan Kundera – e la pazienza, nonchè la fiducia quasi assoluta in una buona teoria, in questo caso la teoria della Relatività Generale, da cui nascono le equazioni cosmologiche e delle onde gravitazionali. Thorne pubblica nel 1987 un lungo saggio Gravitational Radiation, dove traccia il percorso teorico, sperimentale e tecnologico che avrebbe permesso di rivelare le onde gravitazionali.

E’ impressionante la coincidenza tra il programma di ricerca enunciato nell’ 87 da Thorne e la fattualità delle cose fino all’assetto sperimentale che nel settembre del 2015 porta alla rilevazione del primo segnale ondulatorio gravitazionale proveniente dal cosmo.

Non è qui il luogo per raccontare in esteso il testo di Thorne, ma un elemento possiamo introdurre perchè decisivo ovvero la scoperta delle onde radio cosmiche e la costruzione dei grandi radiotelescopi in grado di leggerle. In sintesi l’universo osservato tramite le onde luminose, quello che vediamo coi telescopi ottici, è tranquillo e senza grossi nonchè improvvisi scossoni: l’universo delle stelle fisse e dei sistemi planetari stabili, che evolve lentamente su scale temporali dell’ordine di milioni o miliardi di anni. Invece le onde radio cosmiche rivelano un universo violento con giganteschi urti tra galassie, enormi getti di gas e plasma emessi dai nuclei galattici, buchi neri che s’ingoiano l’un l’altro, pulsar (stelle di neutroni) ruotanti come trottole impazzite, quasar con luminosità molto più grandi di quelle della nostra galassia, e tutto questo su scale temporali di ore se non secondi.

Da questa breve descrizione si intuisce perchè si oda spesso parlare di Radio Revolution, Rivoluzione Radio, a livello cosmologico. Una rivoluzione che sebbene abbia una fama e un impatto nel grande pubblico assai minore della rivoluzione per antonomasia, la Rivoluzione Copernicana, non è da meno per quanto attiene la nostra descrizione dell’Universo osservabile. E la scoperta osservativa delle onde gravitazionali è figlia di questa rivoluzione.

L’articolo di Thorne è raccolto in un libro “300 Years of Gravitation” curato da S.W. Hawking & W. Israel. Ora Hawking ha compiuto alcune scoperte teoriche sui Buchi Neri di assoluto rilievo e, più in generale, nei suoi scritti dà spesso l’impressione netta di essere in una singolare armonia col cosmo (che in greco antico appunto armonia significa). Insomma è certamente un grande fisico che molto ha contribuito allo sviluppo di questa scienza, eppure non ha mai avuto il premio Nobel. Ancor prima lo stesso Einstein ha penato per il Nobel, ottenendolo per la sua scoperta del meccanismo che presiede all’effetto fotoelettrico, ma non per la sua fondazione della Relatività, Speciale e/o Generale. Eppure la Relatività Speciale è di casa nei moderni acceleratori di particelle fino all’ LHC dove si è scoperto il famoso bosone di Higgs, e la Relatività Generale presiede semplicemente alla dinamica dell’intero Universo, scusate se è poco!

Detto in altri termini la Relatività per quanto bella, evocativa, densa di conoscenza/e è stata a lungo considerata quasi una scienza esoterica, per spiriti platonici più che fisici, esteti e/o filosofi, non ricercatori.

Si pensi che Oppenheimer, intervistato negli anni ’50 sui suoi contributi alla fisica teorica, omise di citare i suoi lavori fondamentali del 1939 sulle stelle di neutroni, tra i primi articoli di astrofisica basati sulla Relatività Generale. Stelle di neutroni che verranno effettivamente scoperte nella seconda metà del ‘900 dai radiotelescopi, tra cui quello di Medicina nei pressi di Bologna,diventando le pulsar. Nel contempo si scoprono nel cielo oggetti astrofisici la cui costituzione e dinamica è spiegabile soltanto in termini di Relatività Generale (Quasar, Pulsar, Buchi Neri Buchi Neri,con una attrazione gravitazionale così forte da trattenere gli stessi raggi luminosi). Proprio dalla collisione di due Buchi Neri – oggetti tipicamente relativisti – hanno origine le onde gravitazionali – anch’esse tipicamente relativiste – rilevate nel 2015 quasi che la natura abbia voluto chiudere il cerchio, dimostrando coram populo che la teoria di Einstein con l’intera sua bellezza è pienamente inscritta nel cosmo. Intanto la teoria del Big Bang, l’esplosione primigenia che origina il nostro universo in espansione, anch’essa innervata sulla Relatività Generale, diventa egemonica ricevendo una conferma ragionevole dalla scoperta di una radiazione di fondo a 3 gradi kelvin diffusa nel cosmo, interpretata proprio come il residuo dell’ esplosione originaria (Penzias e Wilson, 1965).

Per le onde gravitazionali il problema è che sono estremamente deboli, e quindi richiedono strumenti di rilevazione molto sensibili. Nel ’68 però J. Weber annuncia di avere messo a punto una antenna che ha permesso di rivelare alcuni segnali ondulatori di origine gravitazionale, e tra i fisici e astrofisici cultori della Relatività si sparge l’entusiasmo: tutti sono coscienti che l’eventuale scoperta e misura delle onde gravitazionali sarebbe il sigillo di garanzia per la teoria della Relatività, nonchè l’apertura di una nuova finestra sull’Universo. Entusiasmo di breve durata perchè le misure analizzate con cura mostrano numerose falle, fino a indurre in alcuni il sospetto malevolo che Weber avesse volutamente truccato i risultati.

All’incirca in quel periodo io giovane studente immerso nella rivoluzione prossima ventura, scrissi una tesi titolata Le onde gravitazionali. Esperienze di Weber e stato attuale della ricerca.

Credo di essere stato l’unico dell’Istituto di Fisica di Bologna, e anche altrove. Perchè scelsi questo argomento è presto detto: mi fu suggerito dai miei maestri Roberto Bergamini che per l’intera vita scavò nelle equazioni di Einstein, e Marcello Ceccarelli artefice del Radiotelescopio Croce del Nord a Medicina. Certo la scelta mi piacque, controcorrente in un istituto per lo più votato alla ricerca nel campo della fisica nucleare e delle particelle elementari, dove la via per la gloria portava nei pressi di Ginevra al CERN, il grande acceleratore, non certo a Medicina. Dice Simone Weil che la geometria è figlia della rivolta operaia, e alla fin fine la Relatività è una geometrodinamica, chissà anche questo avrà influito, oppure il fatto che Einstein in piena rivoluzione berlinese quando gli studenti insorti sequestrarono il Rettore, fu l’unico a avere il coraggio e il prestigio sufficiente per andare a prenderlo rimettendolo in libertà, tutto solo e senza nessun intervento poliziesco. Comunque l’insuccesso di Weber e del suo programma di ricerca ripreso anche in Italia per esempio da Amaldi e Pizzella, non impedì che alcuni anni dopo Thorne ne proponesse un altro che nel 2015 sfociò nella rilevazione e misura del fenomeno. Ma tutto questo soltanto per amore della scienza pura che più pura non si può, apparentemente lontanissima da interessi materiali e/o economici? Per la risposta basta leggere i quaderni dell’intero programma di ricerca trovando tra i partecipanti in prima fila intraprese come la Bell Telephone Company e IBM.

L’intero percorso ha permesso di sviluppare l’insieme delle tecnologie in grado di rilevare e trasmettere deboli se non debolissimi segnali, per non dire degli apparati elettronici e informatici sempre più performanti. Questi innesti e invenzioni di tecnologie d’avanguardia hanno contribuito acchè il programma di ricerca di Thorne (per semplificare) crescesse e si radicasse fino a coinvolgere alcune migliaia di ricercatori e tecnici. La più aristocratica secondo alcuni delle teorie ha messo in moto un processo di ricerca e sviluppo di ragguardevoli dimensioni, talchè anche in questo senso il Nobel acquista una corposità consistente. Quindi dal 1916, data della prima redazione completa della Relatività Generale in cui anche si prevedono le onde gravitazionali, la teoria trova il suo compimento sperimentale e fin tecnologico, suggellata dal premio Nobel, nel 2017.

Un bel Nobel, che apre un nuovo mondo e quindi un nuovo amplissimo campo di ricerca. Se le onde luminose – fiat lux dice la Genesi – hanno mostrato un Universo quiescente, quasi stabile, con evoluzione lenta, e le onde radio cosmiche invece disegnano un cosmo molto più violento, denso di fenomeni esplosivi e di oggetti “folli” come i Buchi Neri e/o le Stelle di Neutroni, per non dire dei Quasar, i QSO, Quasi Stellar Sources antichi poco meno dell’Universo, a sua volta nato da una gigantesca esplosione primigenia il Big Bang, cosa ci diranno le onde gravitazionali ? Senza avere la sfera di cristallo che vede il futuro, certamente sarà materia di studi lungo l’intero nostro secolo, investendo l’immaginario sociale, e il modo di considerarci abitanti del Cosmo, forse facendoci sentire un po’ più vicini alle meraviglie dellla natura su grande scala. Insomma questo bel Nobel mentre chiude una storia, inaugura una nuova avventura dicendoci che, in fondo, il mondo è sempre inesplorato anche quando crediamo di conoscerlo ormai tutto per filo e per segno.

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