Ostia e società civile

La ricchezza naturalistica, storica e paesaggistica di Ostia, per una narrazione che si discosti dagli stereotipi negativi

di Gabriele Cruciata

Alcuni credono sia la maledizione dei luoghi periferici, lontani dai centri di potere. Essere dimenticati o abbandonati, o cosa peggiore esser ricordati solo per tornaconto politico o economico. È una vicenda che ricorda molto da vicino la storia recente di Ostia, bombardata notte e giorno da giornali e televisioni in prossimità delle elezioni e oggi già dimenticata dall’opinione pubblica.

Ostia è la parte economicamente più importante del X Municipio di Roma, che da Vitinia si estende in direzione sud-ovest fino al mare, sviluppandosi lungo la Via Cristoforo Colombo, l’Ostiense e la Via del Mare. Percorrendole da Roma si ha la netta sensazione di un paesaggio che cambia gradualmente, lasciandosi alle spalle il Razionalismo fascista dell’EUR a favore della pineta e del mare. Appena arrivati c’è ovunque odore di salsedine e pesce fritto, e Roma sembra lontanissima.

Nel 2015 l’allora Ministro dell’Interno Alfano sciolse il Municipio per infiltrazioni mafiose. La decisione arrivò dopo l’arresto di Andrea Tassone, ex Presidente del Municipio in forze al PD coinvolto negli affari di Mafia Capitale. Le elezioni post commissariamento, tenutesi in due turni il 5 e il 19 novembre scorsi, hanno sancito la vittoria del Movimento Cinque Stelle nonostante un diffusissimo astensionismo.

Nei giorni antecedenti il primo turno di elezioni la stampa nazionale si è ricordata di Ostia e dei suoi cittadini. E lo ha fatto sottolineando la presenza criminale e le criticità del lido romano, finendo col disegnare un quadro spesso fuorviante. La testata rifilata da Roberto Spada ad un inviato di Nemo (Rai 2) ha poi fatto diventare Ostia l’argomento più chiacchierato d’Italia.

Roberto Saviano ha scritto che “Ostia è come San Luca, Ostia è come Corleone, Ostia è come Casal di Principe. Capitale di mafia”. La gambizzazione di Via delle Canarie dello scorso 23 novembre ha alimentato ulteriormente tale vulgata.

Ma se è vero che a Ostia la presenza criminale è radicata, che esiste il pizzo, che CasaPound raggiunge il 9% nonostante rapporti poco chiari con il clan Spada e che la politica è ormai scomparsa da anni, è vero anche che a Ostia ci sono realtà di spicco in ambito culturale, paesaggistico, storico e naturalistico. Realtà troppo spesso dimenticate.

“Lo vedi qui? Qui c’era un’immensa discarica a cielo aperto e ci volevano tirar su un oceanario, una specie di lager di cemento per animali marini. Però noi abbiamo deciso di lottare affinché gli animali tornassero, sì, ma nel loro habitat naturale, ricreando l’antica palude”.

Quando Alessandro Polinori parla ha gli occhi fieri. Alessandro è il responsabile della LIPU di Ostia, che a partire dai primi anni ‘80 lavora per la protezione degli uccelli sul litorale romano. La loro sede si trova a due passi dalla Foce del Tevere, all’Idroscalo, nel luogo esatto in cui la notte tra l’1 e il 2 novembre del 1975 fu ucciso Pier Paolo Pasolini.

All’interno del Centro Habitat Mediterraneo Lipu sorge il Parco Letterario Pasolini, con un monumento bianco eretto a memoria del poeta. Il parco è gestito dai volontari della LIPU, che attraverso un’opera di bonifica negli anni lo hanno recuperato e valorizzato dal degrado e dagli atti di vandalismo.

“Nella nostra oasi sono state censite piú di 200 specie di uccelli ed abbiamo oltre 20.000 visitatori l’anno. Quello che invece oggi è il Parco Letterario Pasolini prima era una discarica, tanto che una volta si provò a portarci l’allora Presidente francese Mitterand, ma non se ne fece nulla per la vergogna”.

Il Parco è stato successivamente rinnovato, valorizzato e aperto al pubblico, anche grazie ai fondi del Comune di Roma arrivati nel 2005, in corrispondenza del trentennale della morte del poeta friulano.

Uno degli impegni più concreti intrapresi dalla LIPU di Ostia è quello di sensibilizzare le fasce più giovani della popolazione verso il contatto con la natura.

“Insieme all’Associazione Manes e all’Istituto Comprensivo Amendola-Guttuso abbiamo organizzato il primo Asilo del Mare d’Italia”. Si tratta di un progetto che porta i bambini all’Oasi della LIPU, in spiaggia e in altre sedi per fare una didattica all’aria aperta, e che alle lezioni classiche unisca attività pratiche che creino nei bambini spirito di cooperazione e senso di responsabilità.

“Per noi è fondamentale lavorare con la scuola pubblica – spiega Danilo Casertano dell’Associazione Manes – e infatti la nostra didattica rispetta tutti i parametri indicati dal MIUR”.

Il progetto ha avuto molto successo, ed è stato perciò esteso anche ai bambini delle elementari. Durante una delle nostre visite troviamo bambini di pochi anni che giocano accanto al monumento dedicato a Pier Paolo Pasolini. Alcuni chiedono ad Alessandro informazioni su alcuni animali che hanno appena conosciuto. Sono curiosi: corrono, giocano e domandano.

“Se i bambini imparano fin da piccoli a conoscere la natura si sviluppa al loro interno un’empatia e un rispetto che faranno di loro cittadini migliori”.

L’associazione Manes, con cui la LIPU collabora da anni, ha inoltre cofondato l’Asilo del Bosco ad Ostia Antica, con lo stesso obiettivo di insegnare ai bambini il rapporto con la natura e gli animali.

A pochi passi dalla LIPU, sempre nella zona dell’Idroscalo, vi è il Teatro Faranume. Il direttore artistico, Andrea Serafini, è un uomo colto e minuto. Mentre ci parla con voce esile siede rannicchiato su di una sedia e fuma una sigaretta dopo l’altra. “Arrivammo qui a Ostia nel 2002. All’epoca ero direttore artistico dello Zecchino d’Oro, e avevamo bisogno di un grande spazio dove fare le prove.

Ci diedero una sorta di hangar abbandonato, che grazie al nostro sudore oggi è diventato un teatro”. Serafini ci tiene a sottolineare l’impegno sociale che si cela dietro al teatro Faranume.

“Vedi, se avessi voluto aprire un teatro solo per staccare i biglietti della serata avrei aperto a Via dei Condotti o a Via Veneto. Se ho aperto nella zona più complicata di Ostia è perché per me dietro al teatro c’è altro. Qui vengono ragazzi di tutte le zone, e vengono non solo per studiare recitazione, ma anche per incontrarsi, per parlare, per mangiarsi un pezzo di pizza o fare i compiti. Questo posto è più di un teatro. È un aggregatore sociale potentissimo, capisci?”.

Negli anni il Teatro Faranume è andato a fuoco due volte. Quando ne parliamo, Serafini ci spiega: “Noi in realtà non abbiamo mai avuto problemi col territorio, nonostante i giornali dicano che questo è un quartiere malfamato e abitato da mafiosi. Anzi, io ho una certezza. Ai cittadini di questo quartiere tu puoi far tutto, tranne che toccar il teatro.

Noi abbiamo creduto nel quartiere quando nessuno ci credeva, e ora ce ne sono riconoscenti. Quando il teatro è andato in fiamme le persone che abitano qui intorno ci hanno aiutato moltissimo. E si tratta di avvocati, medici, giornalisti, non boss mafiosi o chissà cos’altro”. Mentre parliamo nel teatro c’è un andirivieni di ragazzi intenti a sistemare il teatro in vista dello spettacolo serale.

“Io sono convinto – prosegue Serafini – che quando in un campo c’è tanto grano e in mezzo al grano cresce qualche ortica, tu non puoi passare col diserbante e distruggere sia il grano che l’ortica. Qui sembra che tutto sia mafioso, tutto sia corrotto e che non si possa camminare per le strade senza incappare in furti, sparatorie o regolamenti di conti. Ci sono i problemi, ma non è tutto un problema. Qui il grano è tanto, tantissimo, molto più di quanto si possa immaginare”.

Quando torniamo a Ostia è un sabato mattina di novembre. Lungo la spiaggia c’è un sole freddo e assonnato, e tira vento da ponente. Incontriamo Giorgio Carnevale, professore dell’istituto tecnico dedicato a Michael Faraday.

Carnevale ci spiega che in passato la scuola godeva di una pessima reputazione, ma che negli ultimi anni si è deciso di cambiare registro: “Grazie alle ultime dirigenze è stato svolto un grande lavoro per cercare di migliorare la qualità della scuola nonché la nostra immagine all’esterno”. La scuola ha partecipato a bandi e concorsi grazie ai quali è riuscita ad organizzare attività nuove, che andassero ad integrare la didattica tradizionale.

“Fino a qualche decina d’anni fa c’erano realtà associative che facevano crescere i ragazzi. Penso alle sedi dei partiti, agli scout, alla parrocchia e alla scuola. Oggi nei fatti c’è solo la scuola, senza niente intorno. I ragazzi quindi sono più immaturi e meno abituati alla vita quotidiana al di fuori dei programmi scolastici. Per questo motivo abbiamo dato spazio alle attività extrascolastiche e a nuove forme di didattica.

L’anno scorso, in occasione della XXII Giornata della Memoria e dell’Impegno in ricordo delle vittime delle mafie, è stato motivo di orgoglio per la nostra scuola ospitare Don Ciotti e i ragazzi di Libera, insieme agli studenti delle scuole di Ostia”.

I ragazzi dell’Istituto Faraday oggi hanno la possibilità di scoprire realtà esterne alla scuola e di apprendere lungo percorsi anche non tradizionali. Viaggiano, si spostano e scoprono nuove attività.

“L’anno scorso abbiamo ideato il progetto “Radici e orizzonti d’Europa”, finanziato dal MIUR con fondi europei, che si è sviluppato tra Ventotene, Strasburgo e Lampedusa. Grazie a questa iniziativa, quindici ragazzi non solo hanno viaggiato, ma anche appreso sul campo elementi di diritto, di storia e di politica, diventando cittadini formati e consapevoli”.

Il video finale prodotto dagli studenti ha ricevuto il primo premio all’interno del concorso nazionale dell’Associazione EIP (Ecole Instrument de Paix) e il primo premio “La creatività fa scuola – Percorsi di legalità” promosso dall’agenzia DIRE.

“Da qualche settimana – continua Carnevale – stiamo lavorando con l’ufficio di rappresentanza italiana del Parlamento Europeo per formare fra gli studenti i cittadini europei di oggi e di domani. E a maggio organizzeremo una Festa dell’Europa, che sarà aperta a tutto il territorio”.

Il professor Romelli, bergamasco trapiantato a Roma che all’Istituto Faraday coordina e gestisce diversi progetti, ci spiega: “Serve una didattica che vada oltre il perimetro delle aule scolastiche. Occorre una pluralità di approcci che investa innanzitutto sul protagonismo degli studenti e che valorizzi anche le forme nuove della comunicazione.

La dimostrazione – ci racconta il professore – ce l’hanno fornita i ragazzi a Ventotene e soprattutto a Lampedusa. Vedere gli studenti lavorare in gruppo, fino a tardi, maneggiando telecamere, computer portatili, macchine fotografiche con un trasporto e una passione che non credevamo possibili, ha dato ragione a tutti i nostri sforzi”.

Nel frattempo, insieme all’associazione Città del Sole, alcune classi del Faraday hanno partecipato a dei giochi di ruolo che insegnassero ai ragazzi le dinamiche mafiose e corruttive: “C’era chi impersonava il politico corrotto, chi il mafioso corruttore e chi il commerciante taglieggiato. E in un territorio del genere si tratta di un lavoro culturalmente rilevante, visto che il nostro obiettivo è quello di formare dei cittadini consapevoli”.

Passeggiando per Ostia è facile stupirsi della bellezza del posto. I villini liberty uniti al Razionalismo d’epoca fascista creano un’atmosfera da cittadina di mare tranquilla e pacata.

Più difficile è cogliere la bellezza di un posto che si vede e si vive quotidianamente. Per questo motivo nel 2013 è nato un progetto dal nome “La mia Ostia”, consistente in una pagina Facebook e un sito internet gestiti da un professore e fotografo di nome Aldo Marinelli.

“Il progetto – ci spiega – è nato con l’idea di ricordare a chi vive a Ostia quanto sia bello questo posto. Abbiamo tramonti, paesaggi e siti meravigliosi, però a volte ce ne dimentichiamo”.

Mentre Aldo parla della sua Ostia ha una voce vibrante. “Questa di fatto è una città. Noi ci sentiamo ostiensi, non certo romani. E poi abbiamo i nostri quartieri, il nostro centro residenziale e le nostre periferie come ogni città. Abbiamo un modo di vivere e di ragionare completamente diverso. Sarà forse che noi abbiamo il mare”.

Aldo si è trasferito a Ostia nel 1974, quando era piccolo. Nei suoi primi anni ha vissuto in Africa. La sua voglia di raccontare Ostia si incentra sulla narrazione degli aspetti più umani del territorio.

“Io sono interessato alle storie delle persone comuni. Mi è capitato di camminare con una signora nel giardino in cui giocava da piccola e in cui non tornava da trent’anni. Mi è stato chiesto di fotografare dei portoni. Addirittura un uomo mi ha chiesto di cercare una ragazza della quale si era innamorato da giovane, durante gli anni del militare. Intorno al progetto si è creata una comunità forte, basata sulle bellezze di questo posto e che provo ad alimentare organizzando eventi”.

“La nostra città è divisa in Ostia Levante ed Ostia Ponente. La divisione venne fatta dagli Alleati. Quando i tedeschi se ne andarono pensavano che gli americani sarebbero sbarcati qui, perciò minarono la stazione, il pontile, l’ex stabilimento Roma e la torre dell’attuale caserma Quattro Novembre. Pensa che ancora oggi a Ostia c’è qualche signore più o meno anziano che zoppica per colpa di una mina tedesca esplosa chissà quanti anni dopo”.

Aldo è un osservatore. Ci tiene a raccontare alcuni aspetti tipici di chi vive a Ostia. “Per noi ostiensi vedere il mare è una necessità, e molti di noi deviano dal percorso più razionale per poter camminare sul lungomare e sentire il rumore delle onde. E poi c’è la pineta. Noi lì corriamo, passeggiamo, respiriamo aria pulita. Per il periodo in cui è stata chiusa sentivamo mancare una parte di noi”.

Il riferimento è al rogo della scorsa estate, che ha parzialmente distrutto la pineta di Castel Fusano, parte della Riserva naturale del litorale romano. “Per tutto quel tempo inaccessibile c’è una ferita che noi ostiensi sentiamo forte dentro”.

Tra gli elementi culturalmente più rilevanti del territorio vi è il Polo Archeologico di Ostia Antica, con i suoi scavi di epoca romana. In effetti Ostia prende il nome da Ostium, che in latino significa ‘foce del fiume’.

Qui la ricchezza storica, culturale e paesaggistica ha un potenziale enorme ma ancora ampiamente inespresso. Per questo motivo è nato un consorzio che unisce cittadini, professionisti e realtà associative di ogni natura con l’obiettivo di valorizzare ed integrare i siti archeologici di Ostia e della vicina Fiumicino, nell’ottica di creare un turismo ambientale ed archeologico sostenibile e capace di ravvivare l’economia locale.

“Questo territorio ha ricchezze ancora troppo poco conosciute – ci spiega Raffaele Megna, portavoce del Comitato Promotore del Sistema archeologico integrato – per questo motivo abbiamo deciso di far pressione sulle istituzioni affinché si impegnassero seriamente in questo senso”.

Grazie agli sforzi del Comitato il Polo è diventato ufficialmente “azione cardine” della Regione. “La Regione Lazio ha recepito le nostre richieste e si sta dimostrando disponibile. Le abbiamo chiesto anche chiesto di mettere a disposizione un immobile per ospitare un centro di ricerca del e sul territorio”.

Il Comitato vuole che si crei una continuità tra il sito di Ostia Antica – che attualmente stacca circa 300mila biglietti l’anno – e i Porti Imperiali e la Necropoli di Porto di Fiumicino, che negli ultimi anni sono passati da 3mila a 25mila visitatori l’anno.

“A noi piacerebbe che questi siti fossero più conosciuti e visitati. Del resto siamo a pochi passi dall’aeroporto di Fiumicino, dove ogni anno decine di migliaia di persone sono in transito anche per molte ore. Se queste persone sapessero di queste bellezze e avessero modo di raggiungerle col trasporto pubblico potremmo portarle da noi e sottrarle dai soliti negozi delle grandi catene. È anzitutto una questione culturale e di valorizzazione del territorio”.