Il nascondiglio

Una saga familiare sullo sfondo delle persecuzioni antisemite di ieri e di oggi

di Christian Elia

In fondo, le storie, sono ovunque. In Medio Oriente, nei Balcani, come sotto casa. In alcuni casi, e questo è uno di quelli, anche dentro casa.

Capita così che un grande giornalista francese, Christophe Boltanski, classe ’62, dopo una vita professionale spesa a raccontare teatri di guerra per Libération prima e per il Nouvel Observator poi, tra guerra del Golfo e Palestina, passando per un indimenticabile progetto (vincitore del prestigioso Prix Bayeux-Calvados nel 2010) sulle miniere del Nord-Kivu nella Repubblica Democratica del Congo, decida di raccontare la propria famiglia.

Una famiglia ebrea. Perché è da questo punto che si snoda un cammino lungo e doloroso, che inizia a Odessa alla fine dell’800 e arriva alla Francia occupata dai nazisti.

Il talento di Boltanski è capace di vedere quanta umanità e quanta storia si nascondano tra i corridoi della casa di famiglia, là dove in molti ci avrebbero visto solo il volto della nonna (centro di gravità dell’intero racconto) e degli altri parenti.

Il confine tra romanzo e testo di giornalismo narrativo, in Il nascondiglio, edito da Sellerio, è davvero labile. E offre uno spunto interessante, nell’eterna diatriba tra la fiction, il racconto di realtà e il giornalismo dei puristi. Un confine che nessuno può davvero definire, come in questo blog si ripete spesso.

E’ evidente come la scrittura di Boltanski conceda molto al narrativo, ma quale realtà più forte della propria stessa vita è immaginabile? Che fonte, visto che sono sempre le fonti a dirimere il giornalismo dalla fiction, è più autorevole della memoria personale dello stesso autore?

Un gioco di specchi, che porta Boltanski a partire da quella casa strampalata, che “ha anticipato il ‘68”, come racconta, e lo riporta sulle tracce del bisnonno, in fuga dai pogrom di Odessa, “la città ebraica senza ebrei”, incrociando un altro pogrom, un’altra violenza.

Con una riflessione amara su quella Parigi (e quella Francia) troppo spesso innamorata di se stessa e della sua storia per guardarsi dentro. L’antisemitismo strisciante della borghesia perbenista e cattolica, gli orrori della guerra d’Algeria, i collaborazionisti di Vichy.

Casa Boltanski è abitata di sopravvissuti, che si nascondono in una dimensione privata, come se ci fossero ancora i nazisti per le strade. Ed è una sensazione – allo stesso tempo – di un privato claustrofobico e di un pubblico internazionalista, con le loro battaglie anti fasciste e la militanza politica.

Un piccolo gioiello, il libro di Boltanski. Un esempio di scrittura e di ricostruzione storica, di dettagli e di contesti, che celebra l’arte di vedere un universo intero anche nelle storie di un manipolo di esseri umani che resistono alle tempeste della storia stretti gli uni agli altri.