Les Amoureux des Bancs Publics

Un documentario racconta la scena culturale tunisina, tra le strade e nei sogni

di Christian Elia

Dove si cerca una rivoluzione? Negli occhi della gente, nei graffiti, nei teatri e nelle strade. Non è facile da trovare, tra un inciampo e una sconfitta, ma non bisogna smettere di cercare, almeno per rispetto di chi ha avuto il coraggio di scendere in piazza armato solo della propria voglia di dignità.

Un documentario, il lavoro di un anno, un titolo che omaggia il grande Brassens. Tutto questo è molto di più è Les Amoureux des Bancs Publics – la rue qui résiste avec l’art, il lungometraggio di Gaia Vianello e Juan Martin Baigorria, che hanno cercato la rivoluzione nella produzione culturale in Tunisia.

E dalle strade di Tunisi son partiti, capaci però di non fermarsi nella capitale, con il suo mondo a parte, con la sua bolla, rispetto al resto della Tunisia.

Dall’attentato del Museo del Bardo, in poi, raccontando chi ogni giorno, in città e nelle periferie del paese dimenticate da sempre, prima e dopo il regime, lotta per la propria identità culturale.

Un racconto lungo, impreziosito da musiche originali, un coro di voci e di volti, di piccole e grandi lotte, che restituisce un’immagine della Tunisia senza stereotipi, un’immagine in movimento.

Niente viene concesso al racconto preconfezionato dell’unica rivolta riuscita del Medio Oriente squassato dalle rivolte arabe, ma neanche alla deriva del discorso razzista dei popoli che ‘senza dittatura son destinati al terrorismo’.

Les amoureux des bancs publics – La rue qui résiste avec l'art TRAILER from Sunset Produzioni on Vimeo.

Un racconto di realtà, fatto di danza e canto, arte figurativa e difesa degli spazi culturali, dove l’azione civile e quella spirituale si uniscono fin quasi a confondersi.

Un merito di questo lavoro è quello di non aver ceduto a un racconto di negazione, quel che si poteva avere e non è stato, o peggio ancora quel che potrebbe essere, ma un’onesta polaroid di resistenza quotidiana.

Un racconto che permette, ed era ora, di dar voce a quegli attivisti e agitatori culturali che attraversano il paese, lo camminano, lo raccontano e cercano di cambiarlo.

Senza essere per questo acriticamente osannati, ma senza neanche essere sempre dimenticati in favore di quelle istituzioni reali o immaginate oltre Mediterraneo.

Un viaggio on the road, che arriva fino ai monti della Semmama, ai confini con l’Algeria, dove si mostra come la presenza più forte contro le bande di miliziani siano i Ghar boys (i ragazzi della grotta), una banda di ragazzini che parlano e sognano con la break-dance.

Un lavoro prezioso, una testimonianza efficace. Perché la linfa vitale delle rivolte non è svanita nella controrivoluzione e nel sangue, ma va sostenuta. E raccontarla, è un modo di farlo.