Polonia: democrazia in pessimo Stato

Un commento sull’anticostituzionalismo di Diritto e Giustizia

di Carlo Comanducci

La linea politica di Diritto e Giustizia (Prawo i Sprawiedliwość, PiS), al governo in Polonia dall’Ottobre 2015, combina non sempre in modo univoco elementi nazionalisti e ultra-cattolici, resti di burocrazia sovietica e misure populiste anche autentiche, politiche antiliberali e governance neoliberale, protezionismo economico e un certo europeismo.

Un aspetto importante dell’azione di governo del PiS, e anche uno degli aspetti più chiari del suo autoritarismo, è stata e continua ad essere una serie di alterazioni spregiudicate dell’assetto costituzionale, che includono ma non si fermano alla riforma della giustizia che lo scorso Dicembre ha fatto scattare la procedura prevista dall’articolo 7 del Trattato di Lisbona, per cui alla Polonia potrebbe essere revocato il diritto di voto su alcune questioni, a discrezione del Consiglio Europeo, all’interno del Consiglio stesso (Articolo 7 punto 3).

La prima cosa da discutere in questo senso è il peso sulla gestione delle istituzioni di una rete di potere informale che esiste all’interno dello Stato e delle strutture pubbliche e che risponde piuttosto disciplinatamente agli ordini o alle esigenze di un solo uomo, ignorando a volte in modo sostanziale le corrette procedure istituzionali.

In Polonia “il vero centro del potere,” scrive Wojciech Sadurski, professore di giurisprudenza all’Università di Sydney che ha scritto a più riprese sulla situazione polacca, “è altrove rispetto a quanto deciso dalla costituzione: ha il suo centro in una persona, Jarosław Kaczyński, che comanda il paese senza essere sottoposto alle responsabilità costituzionali” (2018, 10).

Il potere di Kaczyński è preso come un dato di fatto e viene preso in considerazione altrettanto, se non più, di quello del presidente Andrzej Duda e del primo ministro, ex-banchiere, Mateusz Morawiecki (11). Anche osservatori più moderati come il Centro di Studi Socio-Legali del Wolfson College di Oxford concordano che la Polonia sia qualcosa di meno di una democrazia costituzionale “normale” (Tóth 2017, 2) e piuttosto un regime con caratteri personali (a “personalized regime,” 3).

Questo paradosso di sovranità, questo sfasamento tra potere giuridico e potere effettivo, assieme alla “personalizzazione” di entrambi, confondono gli sforzi e i sentimenti dell’opposizione, parlamentare e non: in questo genere di scenari diventa sempre più difficile opporsi ad un governo illiberale con le forme di lotta proprie della democrazia parlamentare. Anche nel caso il potere di Kaczyński si eclissasse, per riparare ai danni che il governo del PiS ha causato serviranno anni e qualcosa di più radicale di un cambiamento di orientamento ai vertici della politica istituzionale.

Neoliberismo in Stato illiberale

Molto nell’ideologia che sostiene Kaczyński e che mantiene Giustizia e Libertà (PiS) al potere è di stampo ultra-cattolico e nazionalista. Ma dietro il grugno di pietra del populismo identitario, a livello della sua pratica istituzionale, il PiS nasconde una dinamicità che nelle forme come negli effetti somiglia più al neoliberismo o tardo capitalismo di quanto non corrisponda al sostrato ideologico che idealmente lo connette ai suoi elettori (per una bella e combattiva definizione di neoliberismo, vedi Giroux 2015, 102).

L’autoritarismo polacco combina due aspetti: quello del tradizionalismo identitario e quello di un rafforzamento del potere statale che, chiaramente anti-democratico, è però paragonabile sotto certi aspetti alle forme più avanzate di governance neoliberale.

Quanto meno, si ritrovano anche in molte democrazie “normali” alcuni dei fattori chiave di una involuzione autoritaria dei sistemi democratici: degrado del ruolo del parlamento a favore di un rafforzamento del potere decisionale, attacchi all’indipendenza del potere giudiziario, limitazione del potere della Corte Costituzionale, restrizione di libertà civili, compromissione più o meno palese della libertà di stampa e introduzione di misure di emergenza invocando minacce terroristiche o crisi economica (1).

Quel che è peggio, le forze ideologico-politiche che spingono verso questa evoluzione sembrano godere di un crescente supporto dell’elettorato nell’Est europeo come, in misura minore, nel resto d’Europa.

Che il populismo, specie quello di destra, sia fondamentalmente un progetto elitista ed oligarchico è cosa abbastanza assodata. Nel caso polacco, le sue componenti reazionarie ed eversive sono particolarmente pronunciate ed è quindi allo stesso tempo più difficile e più urgente riflettere su come questo processo stia non tanto erodendo la legittimità dell’ordine neoliberale, ma mostrando alcuni caratteri della suo autoritarismo fondativo.

Non è certo grazie ad iniziative dello Stato, infatti, ma bensì attraverso una serie di forze che hanno agito ed agiscono su di esso prevalentemente dal suo esterno, che valori come l’eguaglianza, la giustizia legale e sociale, il diritto al lavoro, ad una educazione libera, all’accesso indiscriminato ai beni comuni ed ai servizi fondamentali esistono e vengono mantenuti nella società democratica.

La revisione costituzionale, non solo ostacolata ma anche trasformata dal PiS in uno strumento che rinforza il potere esecutivo, è solo uno degli strumenti che danno una veste istituzionale a quel principio democratico – o, più generalmente, politico – per cui l’organizzazione della società e le forme di condivisione della vita derivano la loro legittimità dalla loro articolazione dal basso.

Con il venire meno della separazione dei poteri e con la revisione del sistema giudiziario il paese del PiS mostra dunque con particolare chiarezza come uno Stato che pure mantiene le caratteristiche formali di uno Stato democratico possa servire invece gli interessi di una oligarchia illiberale ed accelerare un processo di involuzione autoritaria.

Molte caratteristiche del progetto eversivo del PiS, in questo senso, realizzano con particolare chiarezza le ragioni dietro alla critica dello Stato liberale avanzata da tempo da anarchici e anticapitalisti.

Lo Stato, in questa prospettiva, è sempre nazionalista, autoritario e anti-democratico, è sempre fondamentalmente identitario, e così non stupisce più di tanto che stia diventando sempre più populista e reazionario anche quando al governo non ci sono partiti che abbiano una piattaforma dichiaratamente illiberale e conservatrice come il PiS.

Anche senza parlare di anarchia, attaccare il populismo senza una critica efficace del neoliberismo e dello Stato liberale non può che finire per dare nuove armi a populisti più o meno apertamente reazionari.

Tornando poi alla Polonia, credo che lo “scivolamento all’indietro” (“backsliding”) da posizioni democratiche avanzate di cui parla Sadurski possa essere letto invece come un balzo in avanti nel quale gli aspetti illiberali e autoritari da sempre presenti nelle democrazie liberali si esprimono con particolare forza.

Scalata al cuore dello Stato

Quello del PiS non è stato veramente uno smantellamento dello Stato “democratico”, ma un arrembaggio, anzi, nel più puro senso capitalista, una scalata.

In generale, il risultato dell’azione politica del PiS non è un indebolimento delle istituzioni statali, bensì un incremento dell’arbitrarietà del loro potere, sia al livello delle dinamiche interne allo Stato, con una sostanziale compromissione della separazione dei poteri, che al livello del rapporto tra istituzioni statali e i cittadini, con un incremento delle misure di sorveglianza e una limitazione senza precedenti della libertà di riunione.

Una volta assunto il controllo dello Stato, con mezzi sostanzialmente illegali – ma, cosa interessante, formalmente legalistici – il PiS e le forze che rappresenta lo hanno adattato ai loro bisogni e ora ne usano l’intera macchina repressiva contro i loro avversari e a danno del popolo polacco che pure in maggioranza li sostiene.

Il caso della Corte Costituzionale è esemplare a questo riguardo e può essere preso come un modello del progetto eversivo del PiS e della rete di potere ad esso connessa nel suo complesso.

Il primo passo (2015-2016) è stato quello di causare un blocco dell’azione della Corte Costituzionale attraverso la creazione progressiva di 6 diversi statuti per la Corte attraverso modifiche di legge (procedura squisitamente anti-costituzionale, oltre che programmaticamente confusionaria) (Sadurski 2018, 11) con l’effetto di esimere queste stesse leggi (!), ed altre leggi del PiS, dall’esame costituzionale, di creare ostacoli formali all’azione della Corte laddove questa si opponesse agli intenti del PiS, sottomettendola progressivamente ad un controllo di fatto da parte dell’esecutivo (19).

I passaggi della seconda fase dell’incorporazione della Corte nel sistema di potere del PiS sono piuttosto complessi e vi rimando al dettagliatissimo studio di Sadurski a riguardo (19-24): qui vi faccio un riassunto dei punti più salienti. Immediatamente a seguito della vittoria elettorale del PiS, il presidente della Corte istituisce una carica di presidente pro-tempore della corte che duplica le funzioni del vice-presidente professor Stanislaw Biernat, inviso al PiS, di fatto aggirando il suo legittimo potere istituzionale.

E’ procedura comune per il PiS quella di creare organismi statali paralleli che poi fagocitano o esautorano l’organo originale: è successo, per esempio, all’Ente Nazionale per le Telecomunicazioni, esautorato nelle sue funzioni dal Consiglio dei Media Nazionali che è sotto un più netto controllo da parte del partito (11).

Il provvedimento che ha permesso l’elezione di questo vice-presidente ombra della Corte Costituzionale viene firmato seduta stante dal Capo dello Stato ed entra in vigore, misura eccezionale, praticamente da un giorno all’altro: il PiS sta infatti giocando contro il tempo per negare tre importanti nomine di membri della Corte vicini al partito di opposizione. Come primo atto della sua vice-presidenza, il giorno seguente alla sua nomina, la nuova Vice presidentessa della Corte Julia Przyłębska approva la nomina di tre giudici “duplicati,” introdotti nella Corte dal PiS in sostituzione a tre giudici regolarmente eletti, ma in extremis, al termine della precedente legislatura. Il giorno stesso la Corte procede ad eleggere un nuovo Presidente a partire dal nuovo organico.

E’ palese che non si tratta qui soltanto di violazioni della costituzione, ma anche di una trasgressione delle norme fondamentali di coerenza e intelligibilità dell’agire istituzionale nel suo complesso, per non parlare del mandato rappresentativo di un governo in un sistema repubblicano e democratico.

Non solo il potere prevarica una funzione istituzionale specifica, ma prevarica pure la logica su cui si fonda l’idea stessa di istituzione: in questo modo le cariche istituzionali diventano posizioni esclusivamente formali all’interno di un gioco puramente informale di potere e per questo ancora più arbitrario e spregiudicato.

«La questione è» disse Alice, «se lei può costringere le parole a significare così tante cose diverse».
«La questione è» replicò Humpty Dumpty, «chi è che comanda – ecco tutto».

Attraverso una serie di revisioni alle procedure di elezione della Corte Costituzionale e forzature delle forme della revisione costituzionale al limite dell’assurdo, il PiS ha dunque completato la “cattura” della Corte nei primi mesi della sua legislatura, trasformandola in un’arma nelle sue mani.

In questo momento saldamente sotto controllo del governo, la Corte Costituzionale non solo rinforza il potere dell’esecutivo, venendo meno alle sue funzioni di tutela, ma viene usata anche direttamente per ostacolare i progetti di legge dell’opposizione sottoponendoli a pretestuosi esami di costituzionalità (32). Tutto questo non compromette formalmente la presenza del controllo giudiziario, ma ne svuota l’efficacia e, peggio ancora, ne inverte di fatto la funzione.

Altro esempio di commistione anti-costituzionale di potere giudiziario ed esecutivo, il Ministro della Giustizia è anche Procuratore Generale (cosa che in realtà avveniva anche prima che il PiS prendesse il potere).

Dal 2016 tra le sue prerogative c’è quella di intervenire su singoli casi di giudizio, l’accesso alle informazioni processuali a partire dalla fase istruttoria e la divulgazione di dettagli su processi ancora in corso alla stampa o ad “altre persone” (tra cui, ovviamente, Kaczyński). Questo Ministero / Procura è stato posto dal PiS al vertice di una ristrutturazione strettamente gerarchica delle istituzioni giudiziarie, sul modello Russo, la quale, attraverso un controllo diretto sulla carriera dei giudici, influenza l’assetto e l’esercizio del potere giudiziario nel suo complesso (17).

Sia la strumentalizzazione e la politicizzazione della Corte Costituzionale, sia l’assoggettamento diretto delle istituzioni giudiziarie all’esecutivo sottraggono l’azione di governo all’obbligo di rispondere del suo operato secondo i criteri dello stato di diritto.

Quello polacco è un movimento verso uno stato assoluto che mostra in modo particolarmente violento l’incongruenza fra democrazia come principio di legittimazione del potere e Stato democratico come sistema di governo discusso da Giorgio Agamben, Jacques Rancière, Alain Badiou e altri in Democrazia in quale Stato?

Al pluralismo democratico subentra una tirannia della maggioranza che è ulteriormente rinforzata dalla scomparsa di un vero principio di rappresentazione a beneficio di quello di delega: in questo modo le elezioni scivolano verso il plebiscito e la logica della governance si sposa con quella identitaria cercando nel nazionalismo la giustificazione ideologica al rafforzamento dei poteri arbitrari dello Stato.

Le misure illiberali come l’attacco al diritto di manifestazione (permesso ora solo per una lista controllata di manifestazioni celebrative) (Sadurski 2018, 33), l’intensificazione del controllo poliziesco (52-53), la creazione di una commissione elettorale interamente controllata dal PiS (53-55), fino alla Legge sulla Memoria di gennaio, vanno considerate nel contesto di questa scalata e rafforzamento dello Stato che ha ragioni reazionarie, cioè opposte allo stato di diritto, prima che conservatrici, nel senso di essere a favore dei valori tradizionali.

Giroux, Henry A. “Democracy in Crisis, the Specter of Authoritarianism, and the Future of Higher EducationJournal of Critical Scholarship on Higher Education and Student Affairs 1, no. 2 (2015): 101-113.

Gábor Attila Tóth. “The Authoritarian’s New Clothes: Tendencies Away From Constitutional Democracy.” Oxford: The Foundation for Law, Justice and Society, 2017.

Wojciech Sadurski. “How Democracy Dies (in Poland): A Case Study of Anti-Constitutional Populist Backsliding.” University of Sydney Law School, Legal Studies Research Paper No. 18/01.